e lo potevi dire prima che eri un trans!XCLARAX ha scritto:a parte il fatto che è totalmente OT in questo thread e me ne scuso.....tao ha scritto:clara scusa, in questo momento convivo con un'ombra inquietante, sono percorso dal dubbio circa la tua reale identità ............
ma dietro il tuo nomignolo declinato al femminile e dietro al simbolo rosa che inequivocabilmente rivela una definita identità sessuale si cela invece una natura mascolina come quel bruto insiste nell'insinuare???..........
concedici una professione di sincerità ultima e definitiva........
lo diró ancora una volta poi si pensi pure ció che si vuole
se devo essere considerata maschio solo perchè mi interesso di musica che 'appartiene' prettamente al genere maschile (che poi è una gran cazzata visto che ce ne sono eccome di ragazze che ascoltano doom, hardcore, crust ecc) allora ho un cazzo enorme
[O.T.] Mi consigliate un bel disco?
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Siam del popolo gli arditi contadini ed operai non c'è sbirro non c'è fascio che ci possa piegar mai.
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Justice - Cross (ed banger records)
JUSTICE
â€
(Ed Banger) 2007
dance, french touch
di Matteo Lavagna
Fate silenzio solo per un attimo. Ascoltate. Sì, sono sogghigni metallici e sordi: i Daft Punk che se la ridono e passano un casco dei loro a Giorgio Moroder in segno di rispetto e stima. Perché pure lui, sotto quei baffoni, nasconde allegria.
E ce ne sarebbero di invitati a questa risata collettiva, sì, perché "†" del duo parigino Justice è un distillato di avanguardie del passato, di sogni a occhi aperti. Macinati, volgarizzati, resi fruibili e masticabili da tutti. Umanamente automatizzati e portati all'estremo. Riproposizioni omogeneizzate, un cocktail bello forte, ma pure alla portata di tutti. Per tutti. Per chi sul dancefloor c'è cresciuto e per chi sulla pista ci butterebbe una bomba per ogni mano in aria a tenere il tempo della cassa. Per chi va al Gods of Metal e per chi va ai rave. Per chi i dischi li compra ancora e per la I-pod generation.
Umani prima di tutto, e non potrebbe essere più vero. Allora, questo "†" non sarebbe nemmeno immaginabile senza quel capolavoro incompreso che è e sarà sempre "Human After All" dei Daft Punk, decisamente antitetico a questo disco dei Justice. A livello di produzione, innanzitutto: in "†" c'è un lavoro di cut and paste da veri e propri nerd. Pignoleria al servizio di una cafona esagerazione. In "Human After All", disco registrato in quattro settimane con un arsenale piuttosto povero di attrezzature, si poteva sentire quasi un inno al buona-la-prima. Volutamente nudo e crudo, in quel disco rimbombavano le mancanze. Vuoti simbolici e non. Per guardare in faccia i tempi che correvano. Eh sì, perchè è già tutto cambiato. Ci sono già delle nuove armate pronte ad avanzare in prima linea, e stiamo ovviamente parlando di tutti gli artisti Ed Banger, con i Justice a rappresentare le punte di diamante. Ma c'è un punto di contatto tra i due combo parigini. Entrambi partono da una sorta di retroterra ben definito che partorisce immagini, un mondo, una sorta di controcultura a sé stante, ma pronta a conquistare le masse. I robot senza volto e i party boys con il plettro ben saldo tra le dita e i filtri in fiamme.
L'influenza dei Daft Punk è rintracciabile in ogni solco del lavoro di Gaspard Augé e Xavier de Rosnay, che si chiamano Justice dal 2003, dopo essersi conosciuti a un party della capitale francese e aver intuito di voler andare nella stessa direzione. Il singolo "D.A.N.C.E." è un tributo a "Discovery": pura eurodisco con cantato femminile ammicante, facile facile, francese ed edulcorata. Archi da disco anni 70 spezzettati a piacimento e bassone sincopato, sorretti da rintocchi di piano profondi. E qui i Justice potrebbero pure stare antipatici, perché va bene citare e adulare, ma qui si sfiora il plagio senza riuscire a sfiorare la qualità degli originali. E' tutto troppo carino in "D.A.N.C.E.".
Va meglio quando i bassi grassi e distorti prendono possesso di ogni angolo a disposizione, incastrandosi nelle interruzioni da edit selvaggio sulle batterie, veri e propri stop and go al fulmicotone non corali, impazziti e incontrollabili.
"Genesis" e "Let There Be Light" aprono il disco come meglio non si potrebbe: la prima parte con un sample di musica classica imperioso e marziale sino a quando il beat entra, seguito a ruota da una selvaggia coltre di synth filtrati, di bassi che manco quel tamarro di Flea dei Red Hot Chili Peppers e di handclap, per poi sfumare nella seconda. Cassa e charleston tipicamente rock e l'oscurità dei bassifondi parigini tutto intorno. Non la stessa Parigi buia di Motorbass, per dire. Qui c'è del marcio, c'è un fascino luciferino che poi sparisce all'improvviso per far posto a tastierine e arpeggiatori che fanno molto "Neverending Story OST" (sempre Moroder, guarda un po'!).
"Phantom" e "Phantom II", nucleo centrale del disco, ribadiscono il concetto, giocando sempre su un cut and paste da mal di testa e labirintite. "The Stress" campiona addirittura Mussorgskij ("Una notte sul Monte Calvo"), calando la maschera in maniera definitiva: i Justice sono tamarri di primissima categoria, due che non vedono l'ora di gridare "Rock and Roll" e fare il gesto delle corna. Elicotteri e sirene, suoni grossi così, digressioni melodiche alla Bach nemmeno troppo nascoste. Come se i Lightning Bolt facessero una cover dei Kiss (travestiti, ovviamente), dotati solo di synth, campionatori ed effetti.
Non si fa in tempo a riprendersi che "Waters Of Nazareth" arriva e spazza via tutto: tanti saluti al french touch e alla melodia, qui si vuole fare - non a caso - headbanging e basta. Perché arriva un momento in cui un party deve tirare fuori la parte più animalesca dei partecipanti e non c'è nulla da fare, per diventare belve ci vuole il rock, che da decenni oramai prova a fare l'amore con la musica da ballo. Questo disco è un simbolo di coito interrotto più volte e mai portato a termine. Una balbuziente testimonianza di come si balla e come si fa una festa oggi, nel bene e nel male. Tra moda, entertainment e in fondo, sincera passione.
(01/06/2007)
da www.ondarock.it
JUSTICE
â€
(Ed Banger) 2007
dance, french touch
di Matteo Lavagna
Fate silenzio solo per un attimo. Ascoltate. Sì, sono sogghigni metallici e sordi: i Daft Punk che se la ridono e passano un casco dei loro a Giorgio Moroder in segno di rispetto e stima. Perché pure lui, sotto quei baffoni, nasconde allegria.
E ce ne sarebbero di invitati a questa risata collettiva, sì, perché "†" del duo parigino Justice è un distillato di avanguardie del passato, di sogni a occhi aperti. Macinati, volgarizzati, resi fruibili e masticabili da tutti. Umanamente automatizzati e portati all'estremo. Riproposizioni omogeneizzate, un cocktail bello forte, ma pure alla portata di tutti. Per tutti. Per chi sul dancefloor c'è cresciuto e per chi sulla pista ci butterebbe una bomba per ogni mano in aria a tenere il tempo della cassa. Per chi va al Gods of Metal e per chi va ai rave. Per chi i dischi li compra ancora e per la I-pod generation.
Umani prima di tutto, e non potrebbe essere più vero. Allora, questo "†" non sarebbe nemmeno immaginabile senza quel capolavoro incompreso che è e sarà sempre "Human After All" dei Daft Punk, decisamente antitetico a questo disco dei Justice. A livello di produzione, innanzitutto: in "†" c'è un lavoro di cut and paste da veri e propri nerd. Pignoleria al servizio di una cafona esagerazione. In "Human After All", disco registrato in quattro settimane con un arsenale piuttosto povero di attrezzature, si poteva sentire quasi un inno al buona-la-prima. Volutamente nudo e crudo, in quel disco rimbombavano le mancanze. Vuoti simbolici e non. Per guardare in faccia i tempi che correvano. Eh sì, perchè è già tutto cambiato. Ci sono già delle nuove armate pronte ad avanzare in prima linea, e stiamo ovviamente parlando di tutti gli artisti Ed Banger, con i Justice a rappresentare le punte di diamante. Ma c'è un punto di contatto tra i due combo parigini. Entrambi partono da una sorta di retroterra ben definito che partorisce immagini, un mondo, una sorta di controcultura a sé stante, ma pronta a conquistare le masse. I robot senza volto e i party boys con il plettro ben saldo tra le dita e i filtri in fiamme.
L'influenza dei Daft Punk è rintracciabile in ogni solco del lavoro di Gaspard Augé e Xavier de Rosnay, che si chiamano Justice dal 2003, dopo essersi conosciuti a un party della capitale francese e aver intuito di voler andare nella stessa direzione. Il singolo "D.A.N.C.E." è un tributo a "Discovery": pura eurodisco con cantato femminile ammicante, facile facile, francese ed edulcorata. Archi da disco anni 70 spezzettati a piacimento e bassone sincopato, sorretti da rintocchi di piano profondi. E qui i Justice potrebbero pure stare antipatici, perché va bene citare e adulare, ma qui si sfiora il plagio senza riuscire a sfiorare la qualità degli originali. E' tutto troppo carino in "D.A.N.C.E.".
Va meglio quando i bassi grassi e distorti prendono possesso di ogni angolo a disposizione, incastrandosi nelle interruzioni da edit selvaggio sulle batterie, veri e propri stop and go al fulmicotone non corali, impazziti e incontrollabili.
"Genesis" e "Let There Be Light" aprono il disco come meglio non si potrebbe: la prima parte con un sample di musica classica imperioso e marziale sino a quando il beat entra, seguito a ruota da una selvaggia coltre di synth filtrati, di bassi che manco quel tamarro di Flea dei Red Hot Chili Peppers e di handclap, per poi sfumare nella seconda. Cassa e charleston tipicamente rock e l'oscurità dei bassifondi parigini tutto intorno. Non la stessa Parigi buia di Motorbass, per dire. Qui c'è del marcio, c'è un fascino luciferino che poi sparisce all'improvviso per far posto a tastierine e arpeggiatori che fanno molto "Neverending Story OST" (sempre Moroder, guarda un po'!).
"Phantom" e "Phantom II", nucleo centrale del disco, ribadiscono il concetto, giocando sempre su un cut and paste da mal di testa e labirintite. "The Stress" campiona addirittura Mussorgskij ("Una notte sul Monte Calvo"), calando la maschera in maniera definitiva: i Justice sono tamarri di primissima categoria, due che non vedono l'ora di gridare "Rock and Roll" e fare il gesto delle corna. Elicotteri e sirene, suoni grossi così, digressioni melodiche alla Bach nemmeno troppo nascoste. Come se i Lightning Bolt facessero una cover dei Kiss (travestiti, ovviamente), dotati solo di synth, campionatori ed effetti.
Non si fa in tempo a riprendersi che "Waters Of Nazareth" arriva e spazza via tutto: tanti saluti al french touch e alla melodia, qui si vuole fare - non a caso - headbanging e basta. Perché arriva un momento in cui un party deve tirare fuori la parte più animalesca dei partecipanti e non c'è nulla da fare, per diventare belve ci vuole il rock, che da decenni oramai prova a fare l'amore con la musica da ballo. Questo disco è un simbolo di coito interrotto più volte e mai portato a termine. Una balbuziente testimonianza di come si balla e come si fa una festa oggi, nel bene e nel male. Tra moda, entertainment e in fondo, sincera passione.
(01/06/2007)
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consiglio il ciddi dei Mouse On Mars con Mark Smith dei Fall uno spasso !!
il gruppo si chiama Von Sudenfed
http://www.myspace.com/vonsudenfed
mitico lo spot di Elio e le storie tese della Cynar
http://it.youtube.com/watch?v=oxJ_fcNqnKI
GENIALI

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"Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore." Ennio Flaiano
“Cercava la rivoluzione e trovò l'agiatezza.” Leo Longanesi
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Ho ascoltato l'ultimo degli Interpolmattia82 ha scritto:STRAQUOTOmonstershow ha scritto:L'ultimo degli Interpol
La delusione è stata notevole. Dopo un bellissimo primo album seguito da un più maturo e sempre fresco "Antics",mi chiedo come è possibile non restare delusi difronte a questo ultimo disco. Sono veramente rammaricato. Pensavo di andare a Milano a novembre a godermeli dal vivo. Ci andró comunque ,ma l'ultimo album è veramnete spiazzante e deludente visti i primi due fantastici lavori
this is my dream...
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OT?
a me questa qui,non só perchè mi fà ingrifare da matti.
Sarà per quella sfrontatezza , sarà che non son per nulla malaccio musicalmente.
Bó.
Lei è Beth Ditto, ormai icona Planetaria dello star System.
Che ne pensate?
Se li avete ascoltati meglio,altrimenti,bó..v'ingrifa?

CHI di musica se ne intende, sostiene che il segreto del successo di Beth Ditto, vocalist della band Gossip, è nella voce. Monumentale, piena, possente quanto la sua stazza. Ma la realtà è che non sono solo le indubbie qualità canore, ad aver trasformato questa ventiseienne dell'Arkansas in un'icona planetaria. Perchè se lei è uscita di prepotenza dal ghetto dell'indie-rock, diventando una star a 360 gradi, è per il suo aspetto decisamente insolito, all'interno dello showbiz: 95 chili di peso, corpo pesante su un faccione che resta impresso. E senza nessuna timidezza estetica, visto che nei concerti, così come nelle foto per le riviste, appare spesso strizzata in abiti aderentissimi, o in lingerie.
Insomma, una rappresentazione trionfante di quel "grasso è bello" che sembra essere il naturale - e ugualmente estremo - antidoto all'anoressia imperante a Hollywood. Una tendenza, quella al sovrappeso, che ha tra le altre campionesse la Jennifer Hudson premio Oscar per Dreamgirls, e la giovane Nikki Blonski protagonista del film Hairspray (in cui fa innamorare il belloccio divo delle ragazzine Zac Efron, divo di High School Musical).
Ma nessuna di loro ha in sè la strasbordante energia vitale, e la carica politicamente scorretta, della nostra Beth. Che oltre a essere grassa è anche lesbica dichiarata, è stata legata a un transgender nato femmina ma che si considera maschio, e soprattutto è sempre pronta a lanciare crociate contro le follie di una società ossessionata dalla "taglia zero". Un tema da lei affrontato, col consueto stile diretto e senza eufemismi, anche nella sua ultima, trionfale trasferta a Londra. Metropoli in cui, con gli altri due membri della sua band, ha tenuto concerti recensiti con entusiasmo dai critici musicali; e in cui ha rilasciato numerose interviste.
Del resto, il suo rapporto coi sudditi di Sua Maestà è sempre stato particolarmente intenso. Visto che proprio la Gran Bretagna l'ha consacrata definitivamente una star. E' stata la rivista inglese New Musical Express, ad esempio, ad averla eletta, nel Novembre 2006, il personaggio più cool del rock; ad averla fatta apparire nuda in una celebre copertina (senza veli è apparsa anche su un'altra copertina, quella della rivista erotica lesbo On Our backs); e ad averla fatta arrivare in finale dei suoi premi annuali, nella categoria "donna più sexy del 2007". Anche se in questo caso, e con una buona dose di ironia, a strapparle la vittoria è stata Kate Moss, ovvero l'icona delle "belle & magrissime". E poi c'è stata la rubrica tenuta da lei settimanalmente su uno dei quotidiani più prestigiosi del Regno Unito, il Guardian.
Un fenomeno esplosivo, dunque. E infatti, per affrontare il caso Ditto, si sono scomodate anche penne illustri, come quelle della femminista Germaine Greer. E intanto lei, Beth, tira dritto per la sua strada. Continuando a esprimere con molta chiarezza le sue opinioni: basta pensare che il suo album, Standing in the way of control, le è stato ispirato dalla decisione dell'amministrazione americana di non appoggiare i matrimoni gay.
Ma forse, più ancora che l'omofobia, negli ultimi tempi il vero bersaglio polemico della cantante è l'ossessione mediatica per le taglie zero. Al centro anche dell'intervista appena rilasciata alla Bbc. In cui lei - dopo aver confessato che il suo modello di femminilità è Miss Piggy, la maialina del Muppet Show - attacca frontalmente la questione: "E' incredibile avere come obiettivo massimo il diventare uno zero - attacca - invece di voler dimostrare di essere intelligente, o creativa, diventando ad esempio una grande infermiera, o un medico, o un avvocato. La cosa più importante al mondo è invece il diventare un nulla".
Un altro capitolo della sfida lanciata a quello che lei chiama "il fascismo del corpo". E che ha avuto una grossa eco, anche perchè arrivata nel corso della Settimana della Moda londinese (in cui la taglia zero, almeno sulla carta, è stata bandita). "Alcune persone sono abbondanti, altre basse, altre alte, altre ancora hanno gli occhi blu - conclude Ditto - alcune, infine, sono cieche: il mondo reale è questo". Insomma, è vario. E come darle torto?
a me questa qui,non só perchè mi fà ingrifare da matti.
Sarà per quella sfrontatezza , sarà che non son per nulla malaccio musicalmente.
Bó.
Lei è Beth Ditto, ormai icona Planetaria dello star System.
Che ne pensate?
Se li avete ascoltati meglio,altrimenti,bó..v'ingrifa?

CHI di musica se ne intende, sostiene che il segreto del successo di Beth Ditto, vocalist della band Gossip, è nella voce. Monumentale, piena, possente quanto la sua stazza. Ma la realtà è che non sono solo le indubbie qualità canore, ad aver trasformato questa ventiseienne dell'Arkansas in un'icona planetaria. Perchè se lei è uscita di prepotenza dal ghetto dell'indie-rock, diventando una star a 360 gradi, è per il suo aspetto decisamente insolito, all'interno dello showbiz: 95 chili di peso, corpo pesante su un faccione che resta impresso. E senza nessuna timidezza estetica, visto che nei concerti, così come nelle foto per le riviste, appare spesso strizzata in abiti aderentissimi, o in lingerie.
Insomma, una rappresentazione trionfante di quel "grasso è bello" che sembra essere il naturale - e ugualmente estremo - antidoto all'anoressia imperante a Hollywood. Una tendenza, quella al sovrappeso, che ha tra le altre campionesse la Jennifer Hudson premio Oscar per Dreamgirls, e la giovane Nikki Blonski protagonista del film Hairspray (in cui fa innamorare il belloccio divo delle ragazzine Zac Efron, divo di High School Musical).
Ma nessuna di loro ha in sè la strasbordante energia vitale, e la carica politicamente scorretta, della nostra Beth. Che oltre a essere grassa è anche lesbica dichiarata, è stata legata a un transgender nato femmina ma che si considera maschio, e soprattutto è sempre pronta a lanciare crociate contro le follie di una società ossessionata dalla "taglia zero". Un tema da lei affrontato, col consueto stile diretto e senza eufemismi, anche nella sua ultima, trionfale trasferta a Londra. Metropoli in cui, con gli altri due membri della sua band, ha tenuto concerti recensiti con entusiasmo dai critici musicali; e in cui ha rilasciato numerose interviste.
Del resto, il suo rapporto coi sudditi di Sua Maestà è sempre stato particolarmente intenso. Visto che proprio la Gran Bretagna l'ha consacrata definitivamente una star. E' stata la rivista inglese New Musical Express, ad esempio, ad averla eletta, nel Novembre 2006, il personaggio più cool del rock; ad averla fatta apparire nuda in una celebre copertina (senza veli è apparsa anche su un'altra copertina, quella della rivista erotica lesbo On Our backs); e ad averla fatta arrivare in finale dei suoi premi annuali, nella categoria "donna più sexy del 2007". Anche se in questo caso, e con una buona dose di ironia, a strapparle la vittoria è stata Kate Moss, ovvero l'icona delle "belle & magrissime". E poi c'è stata la rubrica tenuta da lei settimanalmente su uno dei quotidiani più prestigiosi del Regno Unito, il Guardian.
Un fenomeno esplosivo, dunque. E infatti, per affrontare il caso Ditto, si sono scomodate anche penne illustri, come quelle della femminista Germaine Greer. E intanto lei, Beth, tira dritto per la sua strada. Continuando a esprimere con molta chiarezza le sue opinioni: basta pensare che il suo album, Standing in the way of control, le è stato ispirato dalla decisione dell'amministrazione americana di non appoggiare i matrimoni gay.
Ma forse, più ancora che l'omofobia, negli ultimi tempi il vero bersaglio polemico della cantante è l'ossessione mediatica per le taglie zero. Al centro anche dell'intervista appena rilasciata alla Bbc. In cui lei - dopo aver confessato che il suo modello di femminilità è Miss Piggy, la maialina del Muppet Show - attacca frontalmente la questione: "E' incredibile avere come obiettivo massimo il diventare uno zero - attacca - invece di voler dimostrare di essere intelligente, o creativa, diventando ad esempio una grande infermiera, o un medico, o un avvocato. La cosa più importante al mondo è invece il diventare un nulla".
Un altro capitolo della sfida lanciata a quello che lei chiama "il fascismo del corpo". E che ha avuto una grossa eco, anche perchè arrivata nel corso della Settimana della Moda londinese (in cui la taglia zero, almeno sulla carta, è stata bandita). "Alcune persone sono abbondanti, altre basse, altre alte, altre ancora hanno gli occhi blu - conclude Ditto - alcune, infine, sono cieche: il mondo reale è questo". Insomma, è vario. E come darle torto?
Siam del popolo gli arditi contadini ed operai non c'è sbirro non c'è fascio che ci possa piegar mai.
Non sono d'accordo...il primo lo trovo anch'io molto buono come disco (da 8 per intenderci) il secondo un pó più deludente (6 --- Buone 3/4 traccie) mentre con l'ultimo penso si rilancino un pó (un 7 pieno a mio avviso)...li trovo sempre più un mix tra joy division e gli smithgnostico ha scritto:Ho ascoltato l'ultimo degli Interpolmattia82 ha scritto:STRAQUOTOmonstershow ha scritto:L'ultimo degli Interpol
La delusione è stata notevole. Dopo un bellissimo primo album seguito da un più maturo e sempre fresco "Antics",mi chiedo come è possibile non restare delusi difronte a questo ultimo disco. Sono veramente rammaricato. Pensavo di andare a Milano a novembre a godermeli dal vivo. Ci andró comunque ,ma l'ultimo album è veramnete spiazzante e deludente visti i primi due fantastici lavori