[quote:eae747c7fa="Satana in autobus"][quote:eae747c7fa="danny"][quote:eae747c7fa="gregor samsa"]
[b:eae747c7fa]se stesso[/b:eae747c7fa], parlare di se --> [b:eae747c7fa]sé stesso[/b:eae747c7fa], parlare di sé
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mi risulta siano corrette entrambe le versioni: se stesso - sé stesso...
mentre il sé da solo è sempre accentato.[/quote:eae747c7fa]
Si, confermo.
l'uso accentato di sé stesso non è obbligatorio ma è consigliato da alcuni grammatici.[/quote:eae747c7fa]
Secondo i dizionari
Il vocabolario De Mauro, edito da Paravia, registra (senza commenti) l'uso senza accento: « sé, pron.pers. di terza pers.m. e f.sing. e pl., s.m.inv.
I pron.pers. di terza pers.m. e f.sing. e pl.
FO forma tonica del pronome personale di terza persona singolare e plurale usata nei complementi retti da preposizione, solo in riferimento al soggetto (altrimenti sostituita da lui, lei, loro; al pl. è sempre sostituita da loro quando vi sia reciprocità di azione): avere sempre con sé i documenti, prendere su di sé una responsabilità , ha allontanato da sé ogni sospetto, hanno portato con sé i figli | spesso è rafforzato da stesso o medesimo: adesso è inutile prendersela con se stessi, non gli manca la fiducia in se stesso | si usa, spec. nelle contrapposizioni, al posto della forma atona si per dare risalto al complemento oggetto: l'alternativa di favorire sé o gli altri, ha rovesciato il bicchiere bagnando sé e gli altri, tradire se stessi »
Il vocabolario Zingarelli edito da Zanichelli, invece, fa notare il possibile equivoco (dalla scheda sull'accento): « sé (pron.): fa tutto da sé; da sé stesso (in questo secondo caso, quando sé è seguito da stesso, si può anche scrivere senza accento; è tuttavia consueta anche la forma accentata, per evitare equivoci che, nel caso di se stessi o se stesse, potrebbero verificarsi. »
Il vocabolario Treccani di Aldo Duro: « [...] assai spesso, come compl. oggetto ma anche con i complementi già veduti, è rafforzato da stesso o medesimo [...] in questi casi il pron. è scritto spesso, ma senza valide ragioni che lo giustifichino, senza accento: se stesso, se medesimo (in ogni altro caso la grafia senz'accento è antiquata). »
Laconico ma preciso, il Dizionario della Lingua italiana di Francesco Sabatini e Vittorio Coletti edito da Rizzoli-Larousse (2004): « sé [/'se/] pron., s. (si può non accentare prima di stesso, medesimo). »
Secondo le grammatiche (ed altro)
La Grammatica Italiana di Luca Serianni, UTET, 1989 propende per l'accentazione pur constatando che nell'uso comune non si applica: « Senza reale utilità la regola di non accentare sé quando sia seguito da stesso o medesimo, giacché in questo caso non potrebbe confondersi con la congiunzione: è preferibile non introdurre inutili eccezioni e scrivere sé stesso, sé medesimo. Va osservato, tuttavia, che la grafia se stesso è attualmente preponderante: su 27 esempi tratti da romanzi e giornali contemporanei BRUNET 1985:209 ha rilevato ben 26 forme senza accento. »
Aldo Gabrielli, Si dice o non si dice, Mondadori, 1990, punta a una regola semplice e con poche varianti: « Una delle regolette fasulle piຠdure a morire, e che le grammatiche continuano monotonamente a tramandarsi l'un l'altra, e molti scrittori, anche grandi scrittori, continuano scrupolosamente ad applicare, è questa che dice: il pronome sé si accenta sempre quando è isolato: "se lo porta con sé", per distinguerlo dal primo se che è congiunzione; invece non si accenta davanti a stesso e stessa, medesimo e medesima perché questa distinzione non è piຠnecessaria; però un momento: bisogna ugualmente accentarlo al plurale, e scrivere sé stessi e sé stesse per non scambiarli con le forme verbali di stare; invece se medesimi e se medesime vanno sempre senza accento perché la confusione, di nuovo, non è possibile... Se la nostra grammatica non fosse infarcita di queste sottigliezze confusionarie, non sarebbe forse quella reietta che è. Vorrei ripetere a tutti quelli che mi leggono, e in particolare ai numerosi insegnanti ancora impastoiati in queste cianciafruscole, che una volta stabilito che il sé pronome si deve scrivere accentato per distinguerlo, come è giusto, dal se congiunzione (e l'esempio sopra citato ne dimostra la necessità ), non si capisce poi perché uno stesso e un medesimo che seguono debbano modificare questa regola. Si fanno forse eccezioni tra il sà affermazione e avverbio e il si particella pronominale? Sempre accentato il primo, mai accentato il secondo. Seguiamo dunque una norma comune, e la regoletta fasulla andrà finalmente a farsi benedire. »
Luciano Satta, Scrivendo e parlando, Sansoni, 1988, rimane sulla linea di Gabrielli: « Si volle, e si vuole ancora, questa diabolica distinzione: il sé pronome si accenta per distinguerlo da se congiunzione, ma non si accenta quando è seguito da stesso perché in questo caso la confusione è impossibile. Qualcuno ha osservato: un momento, con stesso e con stessa va bene, non c'è confusione; con i plurali stessi e stesse però si equivoca, perché ci sono stessi e stesse forme di stare (congiuntivo imperfetto). Geniale rimedio: accentare sé stessi e sé stesse, non accentare se stesso e se stessa. Qualcun altro allora con santa pazienza ha fatto osservare che non era molto intelligente accentare una parola per distinguerla da un'altra e poi sottilizzare caso per caso e vedere se si poteva fare a meno dell'accento; sennò, per esempio, non c'è bisogno d'accentare il pronome sé in posizione finale ("Farà da sé") perché inconfondibile. E invero, se si continua di questo passo, nemmeno l'avverbio là è sempre da accentare, perché non sempre è confondibile con l'articolo femminile la. In conclusione, e ci sembra cosa sensata: accenteremo sempre il sé pronome, anche davanti a stesso e a stessa. Come altre cento volte, siamo smentiti dagli scrittori; meno male, sennò ci sentiremmo a disagio, tanta è ormai l'assuefazione. »
Camilli & Fiorelli, Pronuncia e grafia dell'italiano, «Sansoni», Firenze 1965: « Le grammatiche insegnano che il sé pronome perde l'accento nelle combinazioni sé stesso, sé medesimo, il che serve soltanto ad aumentare inutilmente le difficoltà ortografiche. Stabilito infatti che il se pronome si distingue dal se congiunzione per mezzo dell'accento, è assurdo andar poi a ricercare quando sia più o quando meno riconoscibile per dare la stura alle sottoregole e alle sottoeccezioni. E l'avere stranamente scelto proprio quelle due combinazioni (ma come distingueremo se stessi qui, se stesse a me, imperfetti di stare, da sé stessi, sé stesse?) e aver lasciato con l'accento, per esempio, il sé finale di frase, assolutamente inconfondibile con la congiunzione, o locuzioni come per sé stante, di sé solo, a sé pure, che si trovano nelle identiche condizioni di sé stesso e sé medesimo, testimonia solo la mania delle distinzioni e suddivisioni a vanvera di cui qualche volta soffrono i grammatici. »
Anche l'autorevole Dizionario d'ortografia e di pronunzia (Migliorini, Tagliavini, Fiorelli, Bà³rri; nuova edizione multimediale del 2007) raccomanda (alla voce sé, pronome) l'uso dell'accento: « [...] frequenti ma non giustificate le varianti grafiche se stesso, se medesimo, invece di sé stesso, sé medesimo: eccezione che si vorrebbe motivata con l'impossibilità di confusione tra se cong. e sé pron. quando questo sia seguìto da stesso, -sa, -si, -se, ecc. - a favore della gf. [grafia] sempre accentata l'opportunità di seguire una stessa regola per tutte le occorrenze del pron. sé; non essendo, oltre tutto, da escludere qualche possibile confusione di sé stessi, sé stesse con se stessi, se stesse imperf. cong. di stare (es.: conoscere se stessi bene, «...se io, o tu, stessi...»; conoscere sé stessi bene, «...sé medesimi...») [...] »
Un altro sostenitore del mantenimento del segno d'accento anche in sé stesso e sé medesimo è il fonetista Luciano Canepà ri: « Denunciamo, ancora una volta, pure la riprovazione dell'assurda "regola" (tipicamente burocratica, giacché aspira unicamente a complicare ciò che è, per sua natura, semplice), che vorrebbe deprivare sé stesso e sé medesimo del legittimissimo accento grafico, accampando cervellotiche motivazioni da perdigiorno e azzeccagarbugli, che trascinano pure l'incauto e pecorile schiavo a scrivere anche *a se stante (invece di a sé stante). »
(Luciano Canepari, Manuale di pronuncia italiana, Zingarelli 2005.)
La conclusione autorevole è quella dell'Accademia della Crusca: « Alcuni, quando il pronome sé è seguito da stesso e medesimo, tralasciano di indicare l'accento, perché in questo caso il se pronome non può confondersi con se congiunzione: se stesso, se medesimo. Noi, però, consigliamo di indicare l'accento anche in questo caso, e quindi di scrivere sé stesso, sé medesimo. »
Diablos ha scritto:Camilli & Fiorelli, Pronuncia e grafia dell'italiano, «Sansoni», Firenze 1965: « Le grammatiche insegnano che il sè pronome perde l'accento nelle combinazioni sè stesso, sè medesimo, il che serve soltanto ad aumentare inutilmente le difficoltà ortografiche. Stabilito infatti che il se pronome si distingue dal se congiunzione per mezzo dell'accento, è assurdo andar poi a ricercare quando sia più o quando meno riconoscibile per dare la stura alle sottoregole e alle sottoeccezioni. E l'avere stranamente scelto proprio quelle due combinazioni (ma come distingueremo se stessi qui, se stesse a me, imperfetti di stare, da sè stessi, sè stesse?) e aver lasciato con l'accento, per esempio, il sè finale di frase, assolutamente inconfondibile con la congiunzione, o locuzioni come per sè stante, di sè solo, a sè pure, che si trovano nelle identiche condizioni di sè stesso e sè medesimo, testimonia solo la mania delle distinzioni e suddivisioni a vanvera di cui qualche volta soffrono i grammatici. »