[OT] Trump o Clinton

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donald o hillary

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Drogato_ di_porno
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Re: [OT] Trump o Clinton

#496 Messaggio da Drogato_ di_porno »

amaryllide ha scritto:Trump l'hanno votato vecchi (e infatti è anche fra l'altro il presidente eletto più vecchio della storia USA), bigotti, provinciali, meno istruiti. E ovviamente i bianchi. Tutte categorie che col tempo sono destinate a calare, per fortuna.
è noto come i giovani brillino per intelligenza
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”

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Drogato_ di_porno
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Re: [OT] Trump o Clinton

#497 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Leprottobisestile ha scritto:mi dispiace per dagospia, ma si tratta di un'altra cazzata.
ma tutti questi professori, hanno mai studiato la costituzione e la dichiarazione di indipendenza?
LOLOLOL
cosa c'entra dagospia? l'articolo è di Siegmund Ginzberg per Repubblica, dagospia si limita a raccoglierli

tu critichi la stampa senza nemmeno sapere chi scrive cosa, sei peggio dei media e sondaggisti americani

ma d'altronde sei texano :) (la battuta è doppia, in quel senso lì ma anche nell'altro)
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bellavista
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Re: [OT] Trump o Clinton

#498 Messaggio da bellavista »

una nota di colore, sto guardando il sondaggio a inizio di questo topic, e dopo la vittoria di trump, continuo a vedere che aumentano i voti di trump vincente :lol:
Qui habet, dabitur ei. E comunque: Stikazzi

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Desmond
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Re: [OT] Trump o Clinton

#499 Messaggio da Desmond »

Ha ragione chi ha detto che l'elezione di Trump è la vendetta dell'uomo bianco adulto contro quella che Clint Eastwood aveva definito "pussy generation", la generazione delle fighette. Una generazione che ha trasformato il pensiero "radical chic" in un dogma inattaccabile, in una nuova religione occidentale politicamente corretta che da anni detta l'agenda politica, monopolizza il discorso pubblico cosiddetto democratico e il 99% dei mass media.

marcellogus
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Re: [OT] Trump o Clinton

#500 Messaggio da marcellogus »

Drogato_ di_porno ha scritto:queste le ultime 2 elezioni

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Notare come la situazione della meta occidentale dal Minnesota in alto in poi sia assolutamente identica tra le due.
La Florida è l'unico stato del Deep South contendibile (e conta tantissimo essendo il terzo stato + popoloso) ma dove Trump ha sfondato è stato nelle regioni deindustrializzate dei grandi laghi.
E ricordo che questa è TUTT'ALTRO che una zona conservatrice nè tanto meno una zona bianca, mai sentito parlare di Motown?
Obama è riuscito a tenerla nel 2012, perchè è uno di quelle parti, Killary che pure ci è nata, è andata a fare la senatrice a New York.

marcellogus
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Re: [OT] Trump o Clinton

#501 Messaggio da marcellogus »

Ed ecco "Il contratto con l'America", fa molto Berlusconi :roll: .

https://assets.donaldjtrump.com/CONTRAC ... _VOTER.pdf.

C'è molto altro di "italiano" dentro: limite di mandato ai congressisti (5 stelle), blocco del turn-over(governi tecnici), tagliola delle leggi(Lega), taglio delle tasse (Berlusconi),grande programma di lavori pubblici....
Poi ovviamente anche cose dello stesso tenore ma in salsa americana (vedi lobbisti).
Quindi se critichiamo (anche giustamente) 'sta roba, cosa dovremmo dire di noi?

In quanto alle "sparate" da campagna elettorale nel programma sono già rese in forma più realistica.
Non è la stessa cosa dire, per esempio, rimpatrierò tutti i migranti clandestini (15 milioni+ famiglie) e rimpatrierò o metterò in galera i due milioni di pregiudicati, per gli altri si vedrà DOPO che avremo finito con questo e con il muro ( che è già diventato una palizzata con filo spinato :wink: ).
Insomma classica furberia di sparare alto mischiando cose perfettamante possibili ad altre un po'più dure ad altre invece totalmente irrealistiche.
Ti votano, tu ci provi, anche perchè in America il presidente ha poteri reali, mica come da noi.
Se riesci nelle prime due, potrai dire che con la terza ci hai provato ma 4 anni non sono stati abbastanza: quindi rivotatemi.

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Leicster
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Re: [OT] Trump o Clinton

#502 Messaggio da Leicster »

Drogato_ di_porno ha scritto:Quest'altro sito indica 1 mld e 300 mln per Hillary e 800 per Donald: http://www.nextquotidiano.it/quanto-spe ... -elezioni/

la fonte indicata è il centre for responsive politic: http://www.opensecrets.org/

https://en.wikipedia.org/wiki/Center_fo ... e_Politics

sembra che Trump non abbia indicato tutte le cifre

la differenza è che la maggior parte dei soldini il trump li ha cacciati dal suo portafoglio e si è autofinanziato mentre la viscida vipera bisbetica di hilary li ha presi da fonti misteriose e ben lontano dalla chiarezza democratica

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dostum
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Re: [OT] Trump o Clinton

#503 Messaggio da dostum »

Ecco un analisi dettagliata
di Francesco Maringiò, Direzione Nazionale PCI, Dipartimento Esteri

Dopo una notte di testa a testa ed una campagna elettorale tra le più squalificanti della recente storia statunitense, Donald Trump è stato eletto 45esimo Presidente degli Usa, con una netta maggioranza di grandi elettori, che lo hanno scelto. Nei prossimi giorni sarà certo più facile analizzare i flussi elettorali per capire cosa si è mosso nelle viscere profonde della società statunitense al punto da eleggere un “outsider” ed un “impresentabile” come Presidente della nazione più potente del pianeta. Sin da ora, però, è utile fissare alcuni punti fermi.
1.Donald Trump non è un “outsider”, ma al pari di Hillary Clinton è l’espressione del sistema americano. Il suo essere “impresentabile” è solo il frutto del fatto che l’approfondimento della crisi strutturale del capitalismo ha tra le sue conseguenze anche l’intensificazione del carattere reazionario dei sistemi politici e di rappresentanza liberali, che oggi vivono una crisi peculiare nel rapporto con i cittadini, dopo anni di istituzionalizzazione del “pensiero unico” e di promozione del mito della “globalizzazione”. Per cui bisogna saper cogliere la contraddittorietà della fase: il voto dei cittadini segnala una rottura con il sistema consolidato nei decenni precedenti in tutto il mondo occidentale, ma la scelta fatta è (paradosso apparente) il trionfo della democrazia occidentale, capace di rinnovare se stessa oltre ogni immaginazione. Una lezione che le forze alternative dell’Europa dovrebbero assimilare per bene, se non vogliono lasciare che, come negli Usa, la protesta anti-establishment confluisca su un candidato dell’establishment.
2.Stando ai punti del programma elettorale, è sul piano interno che il tratto “impresentabile” di Trump sarà più marcato: costruzione del muro di separazione con il Messico, retorica anti-islam e machismo nel discorso pubblico, sono solo alcuni dei punti più controversi che hanno caratterizzato la sua campagna elettorale. Oggi si tratta di capire se, come è prevedibile, continuerà su questa strada ed anche cosa accadrà alle conquiste ed ai diritti civili e sociali della società statunitense. Tutto ciò premesso, bisogna però stigmatizzare quei settori della sinistra europea che, in nome della difesa dei diritti civili e contro le esternazioni razziste e sessiste del candidato Trump, hanno fatto l’endorsment per Hillary Clinton, magari giustificandosi dietro alla retorica del “meno peggio”. Non hanno capito che la posta in gioco non era la scelta tra una male assoluto repubblicano ed un “meno peggio” democratico, ma che in queste elezioni si sono confrontate due risposte diverse alla crisi dell’egemonia americana e del sistema capitalistico mondiale.
3.Le diverse risposte a questa crisi emergono dall’analisi della politica estera dei due candidati alla presidenza, espressione delle due principali frazioni del partito della borghesia statunitense. Trump e Clinton sono stati i frontman elettorali di due fazioni dell’élite americana che aveva due visioni opposte di fuoriuscita dalla crisi: il primo incarna una linea “isolazionista” e di “perdita egemonica controllata” da parte degli Usa, la seconda il tentativo di riaffermazione sul piano politico-militare del dominio Usa sul mondo, con un profilo più apertamente imperialista e guerrafondaio. Per queste ragioni, se sul piano interno la vittoria di Trump rappresenta un arretramento delle speranze di emancipazione di alcuni settori e minoranze della società statunitense, è sul piano internazionale che si capisce come una vittoria della Clinton avrebbe comportato un pericolo serio ed imminente agli equilibri internazionali ed alla prospettive della pace nel mondo.
4.Hillary Clinton, che è stata Segretaria di Stato (Ministro degli Esteri) durante il primo mandato presidenziale di Obama, incarna una linea non molto diversa da quella dei neocon che hanno governato gli Usa nell’era di Bush jr, ossia l’uscita dalla crisi attraverso l’allargamento della sfera d’influenza degli Usa nel mondo, anche con l’utilizzo di armi, attacchi speculativi e rivoluzioni colorate. È consona a questa strategia la logica del mantenere un perenne stato di caos in alcune aree del mondo, per spingere la fuga di capitali ed investimenti da attrarre nei mercati americani. In sintesi, la linea della Clinton è la versione hard della politica di Obama: trattati transoceanici di libero commercio per isolare la Cina ed imbrigliare l’Ue in una “Nato economica”; sviluppo del confronto militare con il blocco antagonista ed in particolare rinfocolare l’escalation nei confronti della Federazione Russa (esacerbando l’allargamento ad Est della Nato, la guerra in Ucraina e la guerra in Siria); sviluppo di un soft power aggressivo, alimentando una “nuova guerra fredda” contro la Cina (verso cui si è agito con la politica del Pivot to Asia, con i dazi commerciali, la rivoluzione colorata di Hong Kong ed una guerra culturale, emblematicamente rappresentata dalla chiusura di alcuni Istituti Confucio nei campus universitari americani) e contro la Russia, il cui Presidente viene sistematicamente demonizzato sui network del sistema mediatico statunitense, fonte di ispirazione per quello italiano.
5.La visione di Trump (che però deve fare i conti con un Congresso a trazione repubblicana dove vivono spinte diverse dal suo “isolazionismo”) si impernia sullo sviluppo degli asset reali dell’economia (piuttosto che sulla finanza) e sullo sviluppo infrastrutturale a cui si accompagna una politica di rottura dei trattati internazionali, tanto del Ttip e Tpp, quanto un disimpegno anche dal Nafta. Rispetto agli equilibri internazionali, Trump sembra raccogliere il testimone del pensiero di Luttwak (ma anche dell’ex direttore della Cia Woolsey e, seppure non si sia esposto pubblicamente sulla contesa elettorale, dello stesso Kissinger) di una linea di “trattativa”, a partire con la Russia. La tesi di fondo, espressa da Luttwak in diversi suoi libri è nota: l’intera sovrastruttura delle istituzioni occidentali e mondiali che gli Stati Uniti hanno progettato a propria immagine e somiglianza e per questo finanziato nel corso di tutti questi anni, è sempre meno utile agli scopi americani. Se dopo il crollo dell’Urss si è registrato in punto di massima influenza degli Usa sulla scena mondiale, oggi è fisiologica una riduzione dell’influenza, che gli Usa devono accettare, trattando una condizione di egemonia ed uno status di potenza con gli altri soggetti in campo. Non è l’accettazione del declino, ma la riscrittura di nuovi accordi imposti dalla fine dell’equilibrio tra potenze (Usa-Urss) che neanche le guerre di Bush ed Obama hanno preservato. E questo, sempre secondo il politologo rumeno-statunitense, serve per impedire la nascita di una coalizione globale anti Usa imperniata attorno a Russia e Cina, che accelererebbe il declino americano. Trump incarna questa visione del mondo. Infatti nel suo discorso della vittoria ha dichiarato: ”lavoreremo per gli interessi degli americani, ma andremo d’accordo con tutti senza ostilità”. Per cui questa vittoria non è il trionfo della linea pacifista, ma almeno una sconfitta per le componenti più aggressive e guerrafondaie che avevano nella candidata democratica la propria paladina.

Se Trump e Clinton rappresentano il meglio che la politica e l’establishment americano sono in grado di offrirci, dovremmo riflettere a lungo sulla cultura dominante in questo paese. E spetta all’emergere ed al rafforzamento della lotta di classe negli Usa e nei paesi a capitalismo sviluppato, così come alla nascita di una convergenza tra paesi che si emancipano dall’imperialismo, popoli che lottano per affermare i propri diritti e lo sviluppo del movimento contro la guerra, di isolare il principale pericolo per la pace mondiale e sconfiggere le sue politiche imperialiste.
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Re: [OT] Trump o Clinton

#504 Messaggio da Edonis »

"L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, ma incoscienza".
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Re: [OT] Trump o Clinton

#505 Messaggio da Nip »

Desmond ha scritto:Ha ragione chi ha detto che l'elezione di Trump è la vendetta dell'uomo bianco adulto contro quella che Clint Eastwood aveva definito "pussy generation", la generazione delle fighette. Una generazione che ha trasformato il pensiero "radical chic" in un dogma inattaccabile, in una nuova religione occidentale politicamente corretta che da anni detta l'agenda politica, monopolizza il discorso pubblico cosiddetto democratico e il 99% dei mass media.
Tutto verissimo. Ormai l'uomo moderno per sentirsi intelligente deve pensarla così, senza rendersi conto che è solo lobotomizzato dal lavaggio di cervello che fanno oggi i media.

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roger
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Re: [OT] Trump o Clinton

#506 Messaggio da roger »

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Re: [OT] Trump o Clinton

#507 Messaggio da dostum »

Hillaria è viva e lotta insieme a loro



Perché Lady Gaga spera ancora nell’elezione di Hillary Clinton

Con lei ci sono più di quattro milioni di americani: vogliono convincere i grandi elettori a cambiare idea


LEGGI ANCHE // Chi sono i “grandi elettori” americani?



Trump sarà ufficialmente il vincitore il 12 dicembre

L’elezione “definitiva” del presidente degli Stati Uniti sarà il prossimo 12 dicembre, quando i grandi elettori si riuniranno nella capitale del loro stato per il voto, e lo spoglio avverrà quindici giorni dopo in senato a Washington. Il candidato a quel punto verrà dichiarato ufficialmente vincitore. Per esempio il Partito repubblicano in Missouri tra i suoi grandi elettori ha nominato Tim Dreste, un militante antiabortista già condannato per istigazione alla violenza negli anni Novanta. Ci sono poi dei personaggi celebri, come Donald Trump Jr per lo stato di New York e Wilbur Christie, il padre del governatore del New Jersey Chris Christie. L’investitura del nuovo presidente avverrà il 20 gennaio 2017.



I grandi elettori possono cambiare idea?

In linea teorica, sì. Se al momento del voto i grandi elettori scelti dal partito Repubblicano decideranno di cambiare idea, allora potrebbe essere eletta Hillary Clinton. Solo ventiquattro stati hanno una legge che obbliga i i grandi elettori a seguire il voto popolare e a votare per il candidato per cui sono stati scelti. I casi di tradimento sono molto rari: in occasione delle elezioni del 2000, per protestare contro la debole rappresentanza del District of Columbia nel collegio elettorale, Barbara Lett-Simmons scelse di non votare piuttosto che votare per Al Gore. Il suo rifiuto non ha modificato il risultato elettorale, poiché George W. Bush è stato eletto con 271 voti. Nel 2004, un grande elettore del Minnesota che avrebbe dovuto votare per John Kerry votò per errore per John Edwards, il candidato alla vicepresidenza scelto da… John Kerry.



La petizione su Change.org

Nonostante si tratti di un’ipotesi assolutamente remota e che non ha alcun precedente nella storia americana, più di quattro milioni di americani hanno firmato una petizione sulla piattaforma Change.org. L’idea è stata di Elijah Berg, ed è stata sostenuta anche da star come Lady Gaga e Pink: nella petizione si chiede ai grandi elettori di ignorare l’impegno preso con il partito repubblicano e votare per Hillary Clinton. Tra le motivazioni, oltre all’inadeguatezza di Trump, c’è il fatto che Clinton ha vinto il voto popolare con quasi 631mila voti in più rispetto a Trump. Nella storia è capitato solo altre tre volte: nel 2000 tra George W. Bush e Al Gore, nell 1876 divenne presidente il repubblicano Rutherford Hayes, ma Samuel Tilden prese più voti come nel 1888, nella sfida tra Benjamin Harrison e Grover Cleveland.

Non è la prima volta

Nel 1960 molti elettori democratici del Sud erano alla ricerca di un’alternativa a John F. Kennedy, e non potevano sopportare Richard Nixon. Così misero in piedi un piano per non garantire la maggioranza a nessuno dei due, sperando di dirottare le elezioni sul senatore Harry Byrd. Nel 1976 Jimmy Carter vinse di poco su Gerald Ford: 5mila voti in Ohio e 3mila nelle Hawaii avrebbero dato la vittoria a Ford. Così il candidato sconfitto alla vice presidenza Bob Dole cercò di influenzare gli elettori democratici: anche in questo caso, non cambiò nulla.
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Re: [OT] Trump o Clinton

#508 Messaggio da bellavista »

una curiosità che non mi é chiara. e me la potrebbero chiarire i nostri due forumisti americani.

ma i grandi elettori che votano il presidente, terminano il loro ruolo dopo questa votazione, o rimangono eletti a qualche carica (ad esempio nel concresso). questa cosa non mi é mai stata chiara

infatti mi pare che durante la votazioni per la presidenza venga rinnovato anche il concresso (motivo per cui il presidente in carica per i primi 2 anni ha anche la maggioranza al concresso), dopo i primi due anni ci sono le elezioni di medio termine quindi il presidente puó perdere o mantenere la maggioranza.

ma non mi é chiaro per l'appunto se i grandi elettori sono gli eletti al congresso, o sono persone che vengono elette solo per votare il presidente e poi cessano ogni funzione.

grazie del chiarimento :)
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Re: [OT] Trump o Clinton

#509 Messaggio da dostum »

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Re: [OT] Trump o Clinton

#510 Messaggio da harlock »

E' interessante notare anche con l'ausilio delle cartine di Drogato come il sud fosse zona tradizionalmente democratica mentre i repubblicani erano forti a nord. In effetti il partito democratico fu storicamente il partito identitario dei bianchi di "Dixie" (gli stati che avevano promosso la secessione) mentre il nord industrializzato si riconosceva nel Great Old Party repubblicano.

Le cose iniziano a cambiare col new deal di Roosvelt e dal 1932 i democratici iniziano anche a raccogliere voti al nord e nelle coste. Dagli anni 60 inizia la southern strategy, ovvero il tentativo dei repubblicani di sfondare negli stati tradizionalmente democratici del sud, utilizzando gli stessi temi identitari che erano stati dei democratici, insieme a tematiche conservatrici. La strategia ha però reale successo solo nell'era Reagan dal 1980 in poi, da questo momento il Gop stabilizza il suo dominio nella vecchia Dixie. E' solo dagli anni '90 invece che la California insieme al resto della west coast diventa quasi stabilmente democratica.

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