Baalkaan ndó sei stato tutto stó tempo? Ci hai fatto preoccupare!
Non è un segreto, ma nemmeno, finora, una faccenda di cui si parlasse volentieri. C'è voluta l'opera meticolosa dello studioso tedesco Robert Sommer, 460 pagine frutto di quattro anni di lavoro, per raccontare in dettaglio la storia dei bordelli nei dieci lager in cui furono aperti dai nazisti: chi li frequentava (erano aperti solo ai detenuti non ebrei); come funzionavano, da dove venivano le disgraziate donne in offerta, detenute a loro volta.
«Das KZ Bordell» («Il bordello del campo di concentramento«) è stato presentato oggi al Parlamento locale del Land di Berlino. L'argomento è inoltre oggetto di una mostra itinerante che sta attraversando la Germania.
Il libro è basato su numerose interviste con un piccolo gruppo di superstiti, spiega il sito delle tv tedesca Deutsche Welle. Secondo Sommer, l'idea era venuta agli Schutzstaffel di Hilter, le guardie del corpo delle SS. «Le donne reclutate - spiega l'autore - per lo più venivano dai lager di Ravensbrueck e Auschwitz». Per il 70% erano tedesche, le altre di nazionalità ucraina, polacca o bielorussa.
Il primo bordello fu aperto nel campo di Mauthausen in Austria nel 1942; il più grande fu quello di Auschwitz, in Polonia, dove lavorarono fino a 21 donne contemporamente. Sommer stima che in tutto furono circa 200 le donne costrette ad offrirsi ai detenuti, inizialmente con la promessa - mai mantenuta - di sfuggire alla brutalità del lavoro forzato e di essere poi liberate.
«La grande maggioranza delle donne forzate a prostituirsi nei campi di concentramento» dice lo studioso di scienze sociali «era etichettata come socialmente indesiderabile dai nazisti. Fra di loro non c'erano donne ebree, e i detenuti maschi ebrei non erano ammessi nei bordelli».
Divieto d'accesso anche per i prigionieri di guerra sovietici. A frequentare i bordelli quindi erano le decine di migliaia di altri soldati catturati, di prigionieri politici, o altre persone detenute perchè 'socialmente indesiderabili» dai nazisti (una categoria che includeva Rom e omosessuali), che popolarono i lager a fianco dei milioni di ebrei sterminati nell'Olocausto.
Sommer aggiunge che nessuna delle donne coinvolte ha mai ricevuto alcun tipo di compensazione; sottolinea anche che in effetti ben pochi dei detenuti dei lager erano in condizioni fisiche tali da poter avere rapporti sessuali.
Insa Eschebach, direttrice del museo di Ravensbrueck in Brandeburgo, spiega che l'argomento è sempre stato tabù. «Naturalmente c'è un'immagine positiva dei detenuti dei campi di concentramento, e parlare di prostituzione forzata significa distruggere questa immagine. I detenuti erano vittime, ma in questo contesto, potevano diventare carnefici».