Il direttore del "Foglio" recensisce il film di Moretti per conto di Repubblica
Il premier è un prim'attore senza rivali, non un Caimano ma un Cavaliere
Io, uno dei berluscones
vi spiego perchè mi è piaciuto
di GIULIANO FERRARA
CARO direttore, chiedi a me, uno dei berluscones, l'expertise o perizia di parte sul film di Moretti. Eccoti servito. Moretti è un vero talento e una persona perbene. Il Caimano lo dimostra. Avrebbe potuto solleticare il pubblico "de sinistra" alla vigilia della Liberazione, lasciargli in bocca il gusto di un'imminente vittoria. Invece nella bottiglia ha infilato un messaggio malinconico, che per noi foglianti è da tempo un'allegra constatazione: vinca o perda le elezioni, Berlusconi ha cambiato l'Italia, è il re della nostra epoca e in trent'anni ci ha fatto sognare o vedere i sorci verdi, a seconda di come la vogliamo prendere.
Come la prende Moretti, si sa. E' come il suo eroe Silvio Orlando (bravissimo) un vero conservatore, anche un po' bigotto, un familista teneramente orripilato dal turismo procreativo e dalle coppie gay, è un ritrattista di buoni sentimenti, bambini spaesati per la separazione dei genitori, adulti-bambini che sanno combinare soltanto cosine sfigate come il film "Cataratte", che vorrebbero vivere per sempre in un paese fermo ai miti della propria infanzia, in città dove gli indirizzi e le abitudini non cambiano mai, dove il denaro si nasconde nella clamorosa bellezza lirica della povertà , del continuo e frustrato tentativo di sfangarla.
Nella sua poetica del borghesuccio di Monteverde, dell'artista d'essai che non realizza il risultato per non essere volgare, Moretti inserisce stavolta qualcosa dell'autoironia cervantina di Pedro Almodà³var, e vistosamente si colorisce, si migliora, smette di prendersi troppo sul serio. Sul suo piccolo mondo antico si stagliano ben tre Berlusconi, successive incarnazioni del Caimano, del predatore sociale e politico moderno, un mostro di populismo autoritario e manipolatore.
Il primo Berlusconi del film è Cochi & Renato, con i soldi della mafia che cadono dal cielo in borsone enormi e gli fioccano intorno come coriandoli, in un tripudio di business televisivo, rincoglionimento del popolo, rivendita catodica di culetti danzanti.
Il secondo (Michele Placido) è un'altra figurina appena appesantita di un fumetto del potere, che crolla su se stessa quando l'attore, che non vuole grane, rinuncia al contratto e fa fallire il film affondando la missione impegnata. E fin qui la morale è che "è sempre il momento di fare la commedia", e il berlusconismo è sospeso tra le gag e le gaffe.
Infine entra in scena Moretti in persona, versione Orson Welles e Citizen Kane, tutto diventa triste, forte, terminale e solenne: Berlusconi-Moretti-Kane è condannato in tribunale, esce dichiarando che è finita la democrazia, sale in una grande auto nera e se ne va mentre alle sue spalle i fuochi dell'insurrezione berlusconiana travolgono i suoi giudici presi a pesci in faccia e aggrediti a colpi di molotov sulla scalinata della Corte di giustizia.
Un gran finale pedagogico in cui Moretti non dissimula, come sempre, il suo grandioso narcisismo, la sua identificazione piena con il vilain, con l'eroe negativo che letteralmente lo ha soggiogato, gli ha comprato e rivenduto l'anima occupando per intero la sua fantasia, la sua nevrosi d'artista, la sua ossessione. Ma il tutto in cartoon, con un tratto leggero e cinefilo, tra una citazione e l'altra, senza cupo moralismo.
Un contributo robusto alla riuscita del film lo dà Berlusconi in persona, nei materiali di repertorio visti in tv dai piccoli italiani che lo subiscono quando parla al Parlamento europeo e quando racconta in tribunale spillette e girocollo in diamanti che regala ai suoi amici per Natale. Lì si vedono due cose: che Berlusconi è il prim'attore senza rivali, e che non è un Caimano, è un Cavaliere.
(24 marzo 2006)

alla faccia dei malpensanti di destra e dei benpensanti di sinistra.....
da
http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni ... rrara.html