[O.T.] BLASFEMIA ("sensibili" non entrate)

Scatta il fluido erotico...

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pazza poli
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#46 Messaggio da pazza poli »

hahahaaaaaaa.... le scarpe della strega dell'est...io sono dell'est, ma sono strega???? .... :o naaaaaa, non ho le scarpe rosse...:lol: :lol: :lol:
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Squirto
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#47 Messaggio da Squirto »

no, le streghe non sono fancazziste...
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#48 Messaggio da Squirto »

la bestemmia non è un'attribuzione a dio di attributi suini
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#49 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Squirto ha scritto:il papa aveva le stesse scarpe della strega dell'est del mago di Oz. un caso?
Certo che è un caso. Invece di finire schiacciato dalla casa volante di Squirto ha schiacciato con la sua autorità  tutto il pianeta. 8)
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
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pazza poli
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#50 Messaggio da pazza poli »

[img:fccbce5b14]http://img178.exs.cx/img178/8804/lolita0qz.jpg[/img:fccbce5b14]

Benni & Nabokov - Insieme per Lolita
di Francesco Mà ndica

Due estremi letterari come Benni e Nabokov si toccano fino a collassare uno nell'altro, raccontando, suonando, danzando Lolita. Lo spettacolo, allestito con le coreografie di Giorgio Rossi e le musiche di Paolo Damiani, rilegge, medita e riflette su uno dei totem sensuali del Novecento: quella Lolita archetipo della bellezza pura, eppure corrotta, contrasto fra passione e ragione in un orizzonte che, se per Stefano Benni è tragicomico, per Nabokov è addirittura epico. Ecco forse il segreto di questa lectio magistralis sul peccato, sul dramma piccolo borghese, che Benni fa con voce accorata, interagendo con il testo dello scrittore di San Pietroburgo, con tre registri diversi, tre alterità , come il trisillabo Lo-li-ta che risuona dalle prime pagine del romanzo. La lettura, la danza e le coreografie, la musica circondano la voce di Benni: scenografia scarna, le sedie pieghevoli di un cinema retrò, lo scrittore è seduto alla scrivania, attorno il tungsteno di fioche lampadine e tre ninfe (lo scrittore russo le avrebbe chiamate nymphets, in tono giocoso) che gli danzano attorno: sono l'incarnazione di Lolita, Dolores e Lo, tutti i nomi dell'insana passione di Benni/Nabokov. E del suo alter ego Giorgio Rossi, che in vestaglia, con passi da sanatorio mentale mima il dramma di un uomo, un professore universitario non più giovane che si innamora di una dodicenne e che pur di averla arriva a sposarne la madre morente. Sullo sfondo di questo cinema abbandonato, dove però ancora cigola il proiettore di Kubrick, Paolo Damiani (contrabbasso), Alessandro Gwis (pianoforte) e Achille Succi (sax alto e clarinetto) intonano una malinconica September Song. è centrale nello spettacolo la scelta del repertorio musicale che perverte anch'esso la scena sonorizzando e interagendo con la parola scritta. Da Kurt Weill fino a Diana, il tormentone commerciale degli anni Cinquanta, che viene strapazzato fino a diventare materia per una improvvisazione totale, tracimando in un grande urlo di free jazz, come se quella cornice pop, quella civettuola ridondanza del rock and roll bianco e americano deflagrasse in un movimento sghimbescio, quasi goffo, di disagio creativo. Ma il testo, che diviene testo teatrale solo nel momento in cui è interazione fra i tre elementi, è tutto puntellato di musica acerba, voluttuosa, carnale. Le pause, i "quasi recitativi" sognanti di Benni, stridono con efficacia anche con le tre danzatrici (Aline Nari, Silvia Bugno e Maristella Tanzi) che assediano il palco con quella malizia che ha reso Lolita un fenomeno unico nella letteratura contemporanea, che ha sparigliato le carte come un De Sade, che ha eguagliato il più rovente dei Tropici di Miller. In Danzando Lolita lo spirito nabokoviano è intatto, la sindrome è ancora tenace, lo scandalo ancora puro. Lo scandalo tuttavia romantico degli amori impossibili e illeciti: questo è quello che il narratore Benni riesce a trasmettere, confortato dalla blasfemia dei movimenti scenici e da musiche che dirazzano con facilità . C'è tutta l'inquietudine moderna di un'età dell'oro sulfurea dove il confine fra lecito e illecito si dissolve, dove si può morire come nel mito di Orfeo, romanticamente, voltandosi indietro e finendo sotto una macchina. Ma è soprattutto l'America profonda a essere inquietante, descritta con minuzia in Lolita, come una geografia di motel squallidi, di pensioncine e anfratti, di panini sugosi e caffè nel bicchiere di carta. Prende così senso anche quella quinta teatrale, quel cinema desolato, dove si è consumato il mito americano, dove si consuma il dramma moderno. September Song sembra quietare i fantasmi del palco, Benni scrittore può finalmente sedersi sulla sedia pieghevole, Rossi si mette accanto a lui. La scena si ricompone. Quasi un happy end.
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#51 Messaggio da pazza poli »

"BESTEMMIA MAO" , LA CINA CENSURA IL ROMANZO GAY
Sesso, blasfemia e disprezzo dell'esercito nel libro che ha indignato Pechino
Francesco Sisci
giovedì 24 marzo 2005 , di La redazione


PECHINO Dunque, la storia parla di due omosessuali che hanno una relazione segreta di nascosto dalle loro mogli, le quali non sospettano della loro doppia vita. I due poi, al colmo dell'orgasmo, raddoppiano il piacere distruggendo l'immagine di Cristo e la Madonna. Questa almeno sarebbe la trama se un traduttore volesse trasferire in Italia il senso di scandalo, di blasfemia, di insulto al comune sentire che il romanzo "Servire il popolo" ha portato in questi mesi in Cina. Da qualche settimana il libro è stato censurato ufficialmente, con un documento scritto delle massime autorità  dello stato, un'azione che non veniva presa da dieci anni, e all'autore è stato proibito di incontrare giornalisti. Ma il contenuto è talmente culturalmente osceno che non è strano che sia stato censurato, ma che sia mai stato fatto uscire. La storia si colloca durante la rivoluzione culturale e racconta di un soldato appena reclutato dalla campagna che offre i suoi servizi sessuali alla giovane moglie del suo comandante. I due poi, durante l'amplesso, distruggono immagini di Mao Zedong. Durante il periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976) rompere un busto di Mao, sporcarne l'immagine era un reato da pena capitale, si finiva davanti al plotone d'esecuzione. Avere relazioni sessuali fuori dal vincolo del matrimonio era poi comunque un'infrazione che condannava ad anni di lavori forzati. La cosa era talmente grave che una relazione sessuale fra un soldato e la moglie di un superiore era impensabile, e la distruzione di immagini di Mao in quei tempi era inimmaginabile. Ancora oggi chi comprasse un busto di Mao a un mercatino e lo portasse in giro a testa in giù attirerebbe le ire di molti passanti che a 30 anni dalla sua morte ancora lo considerano un dio. Yan Lianke, l'autore dello scandalo, racconta oggi questi episodi proprio per demistificare la figura di Mao. Ma se un gruppo crescente di intellettuali ha riserve crescenti per il Grande timoniere c'è ancora un miliardo di persone che lo adora, e i "vecchi compagni", i veterani degli anni gloriosi del comunismo, quelli che sono cresciuti al suo servizio non sopportano che Mao venga insultato. Per di più Yan ha infranto una legge specifica che proibisce l'uso della frase "servire il popolo" per scopi non sanzionati dal governo. Questa peró è stata chiaramente la scusa ufficiale. Il motivo profondo è il contenuto sacrilego. Yan infatti distrugge con una risata quello che comunque, nel bene o nel male, è ancora molto più che un'icona per la Cina, è la quint'essenza dell'identità  della Cina attuale, quello che profondamente, nel sangue separa i cinesi della repubblica popolare, da quelli di Hong Kong o del sud est asiatico. Poi Yan la contamina, l'iconoclastia. con qualcosa che anche nel clima più liberale attuale ferisce come un ferro rovente nell'occhio: il tradimento triplo, perchè c'è il soldato che va contro la disciplina dell'esercito, prima ancora di tradire il suo comandante e prima ancora che la moglie tradisca il marito. L'esercito, l'istituzione che tiene insieme la Cina, la maglia di ferro che consolida il partito, ne esce a pezzi. Tanto più perchè è un alto ufficiale che ne scrive. Lui, dopo 26 anni, ha lasciato da tre mesi l'esercito con il grado di Colonnello superiore, un grado equivalente al nostro generale di brigata. Piccolo, senza alcun atteggiamento marziale, ha passato gli ultimi anni al dipartimento missilistico dell'esercito cinese. Di problemi ne aveva avuti già  dieci anni fa per un altro romanzo "Ottenere il risultato", una storia complicata di contadini che vivevano isolati ma bene, e che poi l'impeto rivoluzionario aveva portato a vivere come gli altri distruggendone la vita e l'equilibrio. Per recuperare la loro fortuna, alcuni di loro ordiscono una trama per recuperare i resti di Lenin, che nessuno vuole nella Russia dopo la fine dell'Urss. Allora a essere sotto accusa era il trattamento di questo villaggio isolato che viveva bene senza rivoluzione, e che invece l'impeto comunista aveva devastato. Allora la questione era: si poteva dire che la rivoluzione comunista aveva sconvolto la vita di un villaggio di contadini? La risposta fu: in certe circostanze era vero, quindi si poteva scrivere. Così il libro fu alla fine promosso. Oggi i problemi sono ben più gravi. Anche chi in passato ha scritto di sesso durante la rivoluzione culturale, come Mo Yan o Mang Ke, non ha mai osato sfiorare la sacralità  di Mao, nè mettere in questione i principi di lealtà  dell'esercito Invece Yan dissacra tutto, con un linguaggio che pesca pesantemente nel dialetto della sua provincia natale lo Henan, con situazioni che ripescano dai suoi ricordi di quando viveva in campagna ed era contadino. Yan usa situazioni terragne, concrete per sporcare quello che l'iconografia ufficiale voleva splendente e immacolato. Ma alla fine è proprio questa concretezza che commuove, che entra sotto la pelle. Così l'immagine di Mao, come nel libro, diventa un pezzo della nostra percezione collettiva, dei nostri valori profondi, "come la bottiglia di aceto, quella dell'olio piccante, e quella dell'olio di sesamo. (l'immagine di Mao) era diventato un grande splendido membro della tavola di famiglia". Non si puó mangiare senza, come sul tavolo del comandante.

(Stampa, La del 24/03/2005)
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#52 Messaggio da Squirto »

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#53 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Squirto ha scritto:Immagine
Anche un Papa puó essere colto da dubbi :)
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
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#54 Messaggio da Squirto »

la fucilazione del papa ne "La via lattea" di Buà±uel

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#55 Messaggio da dada »

Squirto ha scritto:Immagine
Grande Squirto!

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#56 Messaggio da Lord Zork »

Questa ce l'ho in originale nella mia collezione de "il Male"...

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#57 Messaggio da Squirto »

[b:637a25389b]Eccezione d'incostituzionalità dei reati di vilipendio delle religioni[/b:637a25389b]

di Luigi Tosti ( Giudice del Tribunale di Camerino )

I reati di «vilipendio alla religione di Stato e ai culti ammessi» sono compatibili con la Costituzione Italiana?

Un'interessante eccezione di incostituzionalità è stata recentemente sollevata dinanzi ai Tribunali di Roma e dell'Aquila in alcuni processi contro Adel Smith per il delitto di "vilipendio" della religione cattolica. Con questa eccezione si è chiesto che la Corte Costituzionale annulli la norma che punisce le offese alla religione di Stato (così, anacronisticamente, viene ancora appellata dal codice Rocco la religione cattolica) e ai "culti ammessi": e questo perché quella stessa norma non punisce, invece, le offese indirizzate contro l'ateismo, l'agnosticismo o contro i "culti non ammessi" o ritenuti oramai "desueti". Questa disparità di trattamento è, a mio avviso, assai evidente e priva di giustificazione, in quanto la Carta Costituzionale italiana sancisce l'eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione (art. 3) e l'eguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge (art. 8). Non a caso, traendo lo spunto da queste norme, la Corte Costituzionale e la Cassazione hanno sempre affermato la pari dignità di qualsiasi ideologia religiosa, sia essa positiva o negativa. Anche l'ateismo e l'agnosticismo, dunque, meritano la stessa tutela costituzionale che viene accordata alle ideologie religiose "positive".

Se questo è - come innegabilmente è - il quadro normativo, appare ben chiaro che esiste, attualmente, una sperequazione palese: solo l'onore della "religione di Stato" e dei "culti ammessi" viene infatti tutelato attraverso i reati di vilipendio, previsti dagli artt. 402-406 del codice penale, mentre le "ideologie agnostiche e atee" e i culti non ammessi non ricevono alcuna tutela e, quindi, possono essere fatti oggetto, impunemente, di offese. I "credenti" possono, ad esempio, "vilipendere" e dileggiare l'ateismo e l'agnosticismo con l'espressione "porco ateismo" o "porco ateo", senza incorrere in alcuna sanzione penale: viceversa, chi bestemmia contro Dio o contro Allah incappa in un reato.

I cattolici possono impunemente offendere gli atei e gli scienziati che propugnano la teoria di Darwin, bollando le loro opinioni con epiteti ingiuriosi, mentre chi è dell'opinione opposta non può, se non vuole incappare nelle ire della singolare legge penale italiana, ripagare con le stesse espressioni le «credenze dei cattolici, quali l'idea di Dio, i dogmi della Chiesa, la creazione dell'universo da parte di Dio, i suoi sacramenti, i suoi riti e via dicendo». Alla Chiesa è consentito "vilipendere" tutto ciò che va contro le "sue" credenze dogmatiche (che si sono magari rivelate come delle grandiose "bufale"!) mentre agli scienziati, agli atei e agli antropologi, che ritengono che tutte le religioni sono il frutto dell'ignoranza (incapacità di rispondere a determinate domande) e della paura (di non sopravvivere alla morte), è vietato "vilipendere" le "credenze delle religioni" con la stessa virulenza critica. Questo dubbio di incostituzionalità appare a mio avviso fondato anche con riferimento alla sperequazione che esiste nei confronti dei "culti non ammessi" e dei culti delle "Divinità " che - secondo le presuntuosissime opinioni della Chiesa cattolica - sarebbero da ritenere «false e bugiarde».

C'è da chiedersi, infatti, per quale astruso motivo l'offesa arrecata alla religione cattolica o ad altra religione debba essere punita come reato, mentre l'offesa arrecata a un "culto non ammesso" o a un culto che non sia più "particolarmente di moda" non debba incappare nella stessa sanzione penale. C'è da chiedersi, per esempio, perché l'invettiva "porco Dio" debba subire le ire del giudice penale, mentre i cattolici possano impunemente e tranquillamente proferire le bestemmie "porco Zeus", "porco Bacco", "porca Giunone", "porco Odino", "porco Iside", "porco Osiride", "porco Quetzalcòatl", "porco Mictlantecuhtli" (che perlopiù suonano come gratuite offese all'onore dei suini) e possano anche offendere questi "dèi" antagonisti, bollandoli tranquillamente e pubblicamente come «dèi pagani, falsi e bugiardi», senza che nessun Pubblico Ministero della Repubblica si prenda la briga di perseguire in sede penale simili comportamenti oltraggiosi: a chi scrive non consta, invero, che gli "Dèi" egizi, greci e romani siano stati assoggettati, come i cibi e le bevande, a "scadenze di validità ".

Va segnalato che queste assurde sperequazioni tra le ideologie di chi crede e quelle di chi non crede sono un anacronistico retaggio dei tempi in cui non esisteva alcuna libertà di pensiero e di ideologia religiosa, bensì una "sola" religione - per l'appunto quella Cattolica - che veniva imposta ai cittadini, come Unica Vera Fonte di Verità , con la forza, col terrore e con la minaccia di sanzioni pesantissime: chi osava pensarla in modo diverso - cioè gli atei, gli agnostici, gli eretici e gli apostati - subiva pene allucinanti, sino ad ardere, invero "poco cristianamente", sui roghi.

Il diritto romano della Repubblica, al contrario, non conosceva delitti di religione veri e propri e le ingiurie contro la divinità erano lasciate, semmai, alla "diretta" vendetta della divinità offesa. Peraltro, nell'epoca più gloriosa di Roma non vi era una sola religione, ma tante quante le nazionalità riunite sotto l'aquila latina. Fu questa larga tolleranza in materia religiosa che assicurò all'Impero romano una lunga egemonia. Soltanto quando il cristianesimo divenne religione di Stato (anno 379) sorse, purtroppo, il crimen lesae majestatis divinae, nel quale era compresa la bestemmia, considerata come il primo e il più grave dei delitti. Il cristianesimo venne allora protetto direttamente e severe sanzioni furono sancite per l'eresia e l'apostasia e, successivamente, anche per la professione del paganesimo. Queste barbare incriminazioni ebbero largo incremento nel Medioevo: gli eretici erano generalmente destinati al rogo, e alla pena di morte si aggiungeva la confisca dei beni. Gravissime pene erano sancite contro il "sortilegio" e la "magia nera" e frequentemente si puniva anche la violazione del digiuno quaresimale, l'inosservanza alla scomunica, il turbamento e l'irriverenza durante le funzioni religiose. La bestemmia era addirittura colpita con la galera, la fustigazione, il taglio o la perforazione della lingua e talvolta persino con la morte.

Non resta oggi che auspicarsi che un qualche giudice di questa Repubblica, sensibile ai rilievi di incostituzionalità che sono stati prospettati, investa la Consulta perché finalmente si pronunci sulla compatibilità degli anacronistici reati di "vilipendio delle religioni" del codice fascista Rocco con i principà® di eguaglianza e pari dignità di qualsiasi ideologia religiosa, positiva o negativa che sia.
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#58 Messaggio da pazza poli »

Storia molto interessante.....

[b:1ece237d23]La Papessa Giovanna[/b:1ece237d23]

Si narra di un monaco greco missionario in Irlanda e discepolo di Scoto Eriugena che prese in moglie una fanciulla di nome Jutha, allevatrice di oche. Il monaco fu poi ingaggiato per una massiccia azione di evangelizzazione in Germania, dopo la vittoria di Carlo Magno.

Sbarcato a Nimega con la moglie, quest'ultima viene violentata da sgherri del Conte di Erfurt e dà alla luce una bambina cui viene dato il nome di Giovanna. Viene educata alla teologia e ai dibattiti, discipline in cui dimostra una notevole predisposizione. Verso i dieci anni Giovanna rimane orfana e decide di entrare nel convento di Mosbach diretto dalla Badessa Wiltrude e viene adibita a copiare i testi nello Scriptorium.

Un giorno le viene presentato un giovane mandato al Convento da S. Rabano Mauro di Fulda con l'incarico di trascrivere delle Epistole di Paolo. Il suo nome è Frumenzio e tra i due giovani scoppia una passione che li porterà a fuggire e, dopo aver attraversato la Germania, ad entrare nel Convento di Fulda come monaci (ambedue di sesso maschile). Scoperti da un monaco invidioso quali essi sono, fuggono di nuovo e, dopo varie peripezie, giungono a Roma, dove però l'amore di Giovanna per Frumenzio si spegne e i due giovani prendono strade diverse.

Data la bravura del monaco Giovanna nel predicare, ospite del Convento di S. Martino, accorrono in molti ad ascoltare, diffondendone la fama. Essa giunge anche alle orecchie del Papa Leone che invita il monaco a entrare al suo servizio come consigliere. Leone muore dopo poco.

Viene indetta l'elezione per il nuovo Papa, che si effettua "coram populo" cioè in pubblico. Il monaco Giovanna viene eletta grazie alla sua popolarità e prende il nome di Giovanni VIII. Si nota qualche difficoltà nel calzare i sandali papali, a causa della dimensione del piedino.

Trascorrono i mesi e, ad un certo punto, la intellettuale Giovanna scopre che all'età di 35 anni rischia di invecchiare senza amore. Comincia a frequentare un giovane valletto (cameriere segreto) e la passione la spinge lentamente ad allontanarsi dagli impegni di governo. Il popolo comincia a manifestare il suo scontento, anche perché scarseggiano le benedizioni e le distribuzioni gratuite di cibo.

Purtroppo, in quello stesso periodo si verificarono calamità quali lo straripamento del Tevere e una invasione di cavallette. Una delegazione si reca dal Papa e chiede che venga fatta una Processione che spinga lontano le cause di queste calamità : si tratta di scomunicarle e quindi allontanarle dalla comunità . Giovanna soffriva da tempo di malesseri che le impedivano una vita normale ma non poteva rifiutarsi: si mise a capo di una Processione di ventimila romani partita dal Vaticano e diretta al Laterano.

Furono esposti i vessilli con le immagini dei protettori della Città e le Icone della Madonna e del Salvatore: partecipavano monaci, suore, soldati e popolo, seguiti da una folla di venditori di cibo e bevande. Su Piazza S. Giovanni fu eretto un palco utilizzato da Giovanna per scagliare l'anatema: alzò le braccia al cielo innalzando la Croce ma lo sforzo le fu fatale: cadde a terra in preda ai dolori, perdendo i sensi.

Grande scompiglio tra gli astanti che si avvicinarono per prestare delle cure ma grande fu la meraviglia quando si udì all'improvviso un vagito: un bambino era nato dal Papa. La notizia corse di bocca in bocca, generando orrore e scandalo tra il popolino che cominciò a rumoreggiare.

La violenza del popolo come sempre non ebbe rispetto né del passato né del presente: il duplice omicidio fu compiuto con responsabilità di tutti e di nessuno. Ai corpi fu data una sepoltura nel luogo stesso o nei pressi e si procedette alla nomina del nuovo Papa, dopo aver effettuato i controlli di cui sopra abbiamo detto.



Il Sacello

Il Sacello (foto 3) fu forse edificato nel luogo in cui le povere spoglie dei protagonisti furono sepolte, a cura della pietà popolare che chiamò a testimone la Vergine che sola poteva perdonare i peccati compiuti a causa dello scontro tra Ragione e Passione.

Non sappiamo certo quale sia la verità : i tempi e la "damnatio memoriae" ci insegnano come facilmente scompaiano i ricordi delle vite di coloro che gli storici non ritengono importanti ai loro fini. Comunque, paragonando il fatto alle abitudini dei Papi rinascimentali, avidi di potere, notiamo come in questo caso la fantasia fa appello al sentimento dell'Amore terreno che sopravvive anche nell'animo di colui che si dedica solo all'Amore di Dio.

Però, la storia ci incuriosisce: la netta resistenza della Chiesa cattolica dei nostri tempi al sacerdozio femminile e alla nomina di donne ecclesiastiche a cariche che potrebbero anche farle pervenire al Cardinalato e poi chissà ..., non sarà forse un ricordo della storia della Papessa Giovanna e dall'atto della nascita di un bimbo che, figlio di Papa, avrebbe potuto innescare un processo di ereditarietà nella carica, inaccettabile nella struttura ecclesiastica basata sulla elezione. Forse anche per evitare uno degli aspetti che distinguono la Chiesa dall'Impero romano: la successione imperiale.



Conclusioni

Intorno al nostro angolo, un po' negletto, si accumulano trattorie, bar, automobili e motorini, certi del presente ed ignari del passato rappresentato da un sorriso di Madonna che non si legge più nell'affresco dell'edicola, che a tutto ciò sopravviverà .

http://www.giardinodivenere.it/rubriche ... pessa.html

sto leggendo il libro... :wink:
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#59 Messaggio da Squirto »

per bacco:

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