Silente ha scritto:Ne ho prese, di porcherie farmaceutiche...
Ad esempio il Maveral, che mi faceva venire delle "crisi di rabbia" assurde.
Mi spaventa l'effetto che possono avere sui processi del pensiero, ma non ho alternative. O così o muoio.
Manca un elemento fondamentale: qual è stato il motivo principale della depressione?
Questa sindrome, andrebbe destrutturata facendoti aiutare da un analista competente, in grado, in un primissimo momento, di isolare ció che tendenzialmente ti faccia stare bene, da ció che invece determini il contrario. E lavorare sul primo gruppo di elementi. Dopodichè, iniziare un percorso di risalita verso le cause scatenanti, quelle reali, arrivando man mano all'origine del disagio. Cause che non sempre si conoscono o si individuano con facilità . Mesi, anni, servono tanto tempo e altrettanta volontà . Compiuto il percorso, sei già ad un ottimo punto. Se si esclude il rischio ricaduta.
Io soffrivo (e continuo a soffrire) di sociofobia, sindrome strettamente legata a quella depressiva. Piuttosto che affrontare il problema, preferivo credermi un disadattato, in ogni contesto, tirando avanti giusto per. Stavo male fuori casa, tra estranei; stavo male in casa, tra i miei familiari. A livelli preoccupanti, sia per me, sia per quanti mi stessero intorno.
Lasciai più volte gli studi addossando la colpa di questa scelta agli altri e mai al mio disagio, mi isolai dai rapporti in famiglia. Dormivo fino alle sei del pomeriggio, mangiavo (quando mangiavo) da solo, per buoni due anni non misi piede fuori casa. Facevo e mi facevo letteralmente schifo. Psicologi e psichiatri quanti ne vuoi, i farmaci erano materia di famiglia, mi imbottii di "schifezze" in così rapida progressione, da non averne mai abbastanza. Tra le tante, arrivando ad avere le allucinazioni: non tolleravo rumori inesistenti, sentivo oggetti cadere e rompersi, se rimanevo da solo in casa, non riuscivo ad uscire da una stanza per entrare in un'altra, avevo le paure più assurde, spesso mi autopunivo. Da malesseri inventati per non uscire di casa a degenerazioni da manicomio. Arrivai a rompermi un ginocchio e a "massacrarmi" la faccia (tra chirurgo maxillo-facciale e rimozione di cicatrici che irragionevolmente mi procuravo, i miei si ritrovarono a dover investire un capitale per far fronte alla mia follia). Il disagio peggioró all'inverosimile. Distrussi mezza casa e, ai limiti della sopportazione, arrivo il tentativo di suicidio.
Squallidissimo: vuoi ammazzarti, ci sei quasi riuscito ma inizi ad invocare aiuto. Quando tutto è passato, provi una vergogna indescrivibile [...]
Ne seguì un perscorso lunghissimo di analisi e cicli di terapia farmacologica che, limitatamente all'ultima, continua tuttora.
Individuai la causa del mio malessere e di colpo sparì il disagio provato fino ad allora. Per la cronaca, ero e sono gay. Temevo la reazione dei miei genitori che, invece, già lo sapevano. Leggi: mi complicai l'esistenza inutilmente. Sarebbe bastato affrontare il discorso, parlarglierne, per evitarmi un brutto passaggio della mia esistenza. In un momento delicato della vita che è l'adolescenza.
Fatto il coming-out, finalmente vidi il mondo sotto un'altra ottica. E fu a quel punto, nel mio caso, che potè subentrare la buona dose di MENEFOTTO suggerita da Elam.
Mi accetto, mi accettano i miei familiari, degli altri MENEFOTTO.
Banale dirlo, ma efficace: iniziai a vivere. Bene e pure meglio.
La sociofobia persiste ancora, è dura a vincersi, ma dipende soltanto da me, nel senso che finalmente risco a gestirla.
Dai tranquillanti sono passato alle benzodiazepine. Non riesco a farne a meno, mi aiutano a dormire e ad affrontare rilassato (eufemismo) la giornata. A settembre (forse entreró in un programma di disintossicazione.
Esperienza personale, i farmaci mi hanno aiutato. Alcuni facevano ingrassare, altri dimagrire, uno mi ha quasi distrutto la tiroide... peró aiutano. A patto che si segua anche un programma di supporto psichiatrico/psicologico e motivazionale.
Auguri Sil!
