[O.T.] 10 Febbraio Giornata del Ricordo

Scatta il fluido erotico...

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balkan wolf
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#31 Messaggio da balkan wolf »

si peccato che comunista sia un termine reale ( e in uso tuttora in un paio di partiti )... nazifascista un termine creato ad arte privo di riferimenti reali...

ci fu un alleanza militare tra l'italia fascista e la germania nazista...

il nazifascismo non esiste i comunismi ( ovv. diversi tra loro si )
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BanitoXXX
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#32 Messaggio da BanitoXXX »

Drogato_ di_porno ha scritto:
Non si puó parlare di foibe o lager senza tirare in ballo Fassino o Tremaglia.
Ah e chi sarebebro costoro ? 2 specialisti-storici-testimoni che possono pontificare su lager , sterminio , genocidi e foibe o 2 politici ?
Chi gli da la delega ? gli ebrei e gli istriani ?.......non credo proprio caro Drugo , non credo proprio....
Tremaglia poi sta facendo una figura di m. con l'organizzazione del Giorno di Tremaglia a TS , praticamente è un'apologia di Tremaglia.... Tremaglia inaugura qui , Tremaglia interviene li , Tremaglia visita li , Tremaglia rilscia un intervista la....ma quanti cazzo sono , ti verrebbe da chiedere , se non sapessi che è uno solo ?! Parrebbe una famiglia di Tremaglia , invece è uno solo , multiplo di se stesso , e meno male che TS è piccola altrimenti gli toccava anche invitare anche Gasparri Menia e Fini...... :lol: .......che dici? li ha invitati ?.....che fantasia eh ??
A chi gli affari con la HR ? A NOI o a ...loro ?
Vedremo la posizione di AN nei riguardi dell'inadempiente HR (inadempiente al trattato di pace per ció che concerne i diritti della proprietà  privata x esempio) e poi faremo i conti .

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Drogato_ di_porno
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#33 Messaggio da Drogato_ di_porno »

BanitoXXX ha scritto:Non si puó parlare di foibe o lager senza tirare in ballo Fassino o Tremaglia.
Mi sono espresso male! Intendevo dire "non si riesce a parlare di...senza tirare in ballo Fassino o Tremaglia", sempre in riferimento alle polemiche strumentali. He, ho capito bene che i nostri politici agiscono o hanno agito a nome degli esuli senza una reale conoscenza dei fatti o uno straccio di delega.

à‰ un fronte della seconda guerra mondiale che conosco poco, riassumendo, da quanto hai scritto, al confine orientale si sarebbero intrecciate due tipi di guerre: una politica-ideologica (fascisti contro comunisti, o addirittura intestina agli stessi comunisti) e una etnica (slavi contro italiani). Queste due guerre "combinandosi" hanno fatto sì che vi andassero di mezzo innocenti come gli autoctoni istriani che pure non perseguitarono mai gli slavi. Invece, solitamente, le due guerre vengono fatte coincidere: italiani tutti fascisti, slavi tutti comunisti. Da qualche parte poi, avevi anche scritto che Tito occupó Istria e Dalmazia per calcolo economico.
Non puoi fare il nome di qualche storico che vi soddisfi dal vostro punto di vista di esuli?
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
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alby
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#34 Messaggio da alby »

Signori, basta con questa guerra civile mentale. Andatevi a leggere i libri di storia che anche in questi giorni dovrebbero essere in libreria (in particolare, dovrebbe esserci un nuovo saggio di Raul Pupo) e poi esercitate l'arte della memoria, visto che a questa è dedicata la giornata del 10 febbraio.

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wolf.55
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#35 Messaggio da wolf.55 »

Drogato, non riscriviamo la storia pure qui! Guarda più sopra, ho inserito un paio di link di orientamento politico diverso: leggi almeno sommariamente quello che scrivono!

La Jugoslavia nasce con la spartizione del regno Austro-Ungarico dopo la prima guerra mondiale. In un momento immediatamente successivo Gabriele d'Annunzio alla testa di un gruppo di reduci di varie tendenze politiche (tra loro anche il futuro avvocato Renato Cigarini, che succesivamente sarà  l'amministratore del PCI) occuperà  alcune parti della Croazia.

All'inizio degli anni quaranta, il Regno d'Italia (e non il PNF) dichiara guerra alla Jugoslavia e le truppe italiane occupano la Croazia e Lubiana e parti minori della Slovenia.
L'occupazione non è senza problemi, da un lato gruppi nazionalisti croati (gli Ustascia di Ante Pavelic) compiono nefandezze di ogni tipo contro gli appartenenti ad altri gruppi etnici, dall'altra si sviluppa una guerriglia crudele contro gli occupanti italiani che costringe ad emanare misure drastiche.
In pratica non si trattava di rappresaglie, ma dell'ordine di fucilare sul posto chiunque portasse armi o esplosivi o li usasse contro truppe italiane e di distruggere le abitazioni dove venivano ritrovate armi o esplosivi. Solo apparentemente sono misure estreme: i titini oltre a combattere senza divisa per meglio mimetizzarsi (=franchi tiratori), commettevano spesso atrocità  verso i prigionieri, si trattava, quindi, di quanto previsto dalle convenzioni internazionali vigenti.

Arriva il 25 luglio e dal Regio Esercito scompaiono i reparti legati al PNF ed inizia la smobilitazione in Jugoslavia, per esempio le divisioni "Granatieri di Sardegna" e "Sassari" vengono spostate da Slovenia e Croazia a Roma (dove l'otto settembre faranno "neri" i paracadutisti tedeschi). Con l'armistizio inizia il fuggi fuggi, i titini fanno rientrare in Italia i militari italiani purchè lascino loro armi e attrezzature: chi non lo fà  viene catturato ed infoibato. I tedeschi occupano le terre lasciate dagli italiani, i titini li combattono anche con l'aiuto dei militari italiani che non erano riusciti a tornare in Italia (inquadrati ancora nel Regio Esercito) e con reparti della Regia Aeronautica rimasti al sud (4°/5°/51° stormo caccia, stormi da bombardamento "Baltimore" e "Notturno"). Non è stato un aiuto da poco, gli aerei inquadrati nella "Balkan air Force" effettueranno 5000 missioni, perderanno 150 aerei e distruggeranno oltre 2000 carri armati, 300 imbarcazioni e una quarantina di aerei.

Finisce la guerra, i titini cercano di conquistare il più possibile e di cacciare via gli italiani per appropriarsi delle loro terre, case e oggetti di ogni tipo. Chiunque tenti di ostacolarli (soldati neozelandesi e partigiani comunisti compresi) finirà  nelle foibe. L'esercito inglese li ferma e li ricaccia nelle loro terre, la zona di Trieste viene presidiata dagli inglesi che ci resteranno fino al 1954, questa zona sarà  poi divisa tra Italia (zona "A") e Jugoslavia (zona "B"). L'accordo non era stato facile, infatti mentre l'Italia nella NATO era stata totalmente riarmata, Tito, mollato dall'URSS, aveva ancora un esercito di guerriglieri, ora poco armati. Il governo italiano dell'epoca, sulla spinta di manifestazioni di piazza, aveva mandato a dire a Tito che in mancanza di un accordo, avrebbe ripreso di forza Trieste e avrebbe occupato fino a Lubiana (per una settimana al confine Jugoslavo venne mantenuta una divisione corazzata con i motori dei carri accesi e a Treviso erano pronti un ottantina di caccia bombardieri di costruzione americana armati e con i piloti a bordo.

Sembra tutto calmarsi, e tale resta fino agli anni novanta quando un avvocato ex magistrato, inizia a fare denunce contro dei signori croati indicandoli come responsabili delle foibe. In qualche caso vivevano con la pensione pagata loro dall' INPS! Il resto è attualità .

Per cortesia: ho indicato dei link ai quali aggiungo
http://www.criminidiguerra.it/
che raccoglie i dati del fondo Gasparotto di Sesto San Giovanni, se qualcuno dispone di dati discordanti e pensa di contestare i miei e pregato di indicare la fonte, altrimenti debbo pensare che se li sia inventati.

Grazie!

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Helmut
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#36 Messaggio da Helmut »

Drogato_ di_porno ha scritto:E bravo Helmut! Hai scoperto l' acqua calda! Negli ultimi 50 anni c' è stata un' egemonia culturale della sinistra, nel ventennio una fascista. L' unica differenza è che mentre la prima fu realizzata sui libri...

Il tuo post è l' esempio lampante del perchè in Italia, almeno per ora, non vi puó essere un esame storico sereno dei fatti. La STORIA è una CLAVA propagandistica da brandire sugli avversari politici di entrambi gli schieramenti. Lo sa bene il TUO AMICO Taradash, ex- radicale, che in campagna elettorale per le europee ha mandato in onda un bel servizio su Stalin seguito a ruota dal fondamentalista cattolico Socci. COME MAI SOLO IN CAMPAGNA ELETTORALE?
Tranquillo, ANCHE RAI3 manda in onda decine di servizi l' anno su Hitler e mai uno straccio di puntata che approfondisca la storia del comunismo.

Non si puó parlare di foibe o lager senza tirare in ballo Fassino o Tremaglia
Caro Drogato,
magari l'egemonia culturale fosse stata esercitata solo sui libri!!! Vorrebbe significare che almeno qualcuno leggeva!!!
Docenti universitari, professorucoli di licei e istituti tecnici, giornali e giornalini, cinema, sindacati, dal 1976 in poi Rai3, case editrici, salotti buoni, ciarpame ideologico vario...

Mi spieghi come mai storici della portata (non scrivo calibro perchè non trattasi di pistola) di Petacco, Montanelli, Romano, Gervaso che non possono certo essere accusati di simpatie fascistoidi, sono sempre stati sbertucciati dal "culturame" dominante?

Per la precisione:
-non ho frequentazioni con Taradash, quindi non puó essere definito mio amico;
-e chi ha mai tirato in ballo Fassino sulle foibe? Forse non era neppure nato!!!
-i DS li prendo per il culo non per i trascorsi stalinisti, è acqua passata, ma perchè, ancora adesso a 16 anni dal Muro, non sanno chi sono!!! Abbiano il coraggio di buttare a mare tutto, facciano come in Germania: una bella Bad Godesberg italiana!!!
E magari in futuro li potró anche votare, perchè no? In fondo io non sono ideologico, come credi tu!!!
"Innalzare templi alla virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio."

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Despe1
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#37 Messaggio da Despe1 »

La verità , diceva Gramsci, è sempre rivoluzionaria; tenerla nascosta non è solo un inganno e una truffa, ma un inquinamento che avvelena e tarpa la vita di tutti, anche di chi la reprime e prima o dopo ne paga il fio. La verità  puó essere soffocata in tanti modi: tacendola, alterandola, isolandola dalla vita e dalla storia in cui s'inserisce; la verità  sul nazismo, ad esempio, comprende anzitutto le sue atrocità , che niente puó sminuire, ma anche ció che ha aiutato il nazismo a prosperare, come l'iniqua umiliazione imposta alla Germania dalla pace di Versailles. Un altro modo di stravolgere la verità , di profanarla, è strumentalizzarla, usarla per fini che non hanno niente a che vedere con essa. àˆ dunque quanto meno curioso che un ministro della Repubblica - cui Enzo Biagi tempo fa consigliava sul Corriere di far ginnastica, in omaggio al detto mens sana in corpore sano - dia dell'infoibatore, come riferisce Il Piccolo del 30 gennaio, a chi critica la strumentalizzazione politica dei crimini compiuti più di mezzo secolo fa dai partigiani titoisti assassinando (gettandoli nelle foibe del Carso) tanti avversari politici o presunti tali, non solo italiani ma soprattutto italiani, in nome dell'odio ideologico e soprattutto nazionalista.
Ho scritto più volte dei crimini delle foibe (e dell'esodo istriano, fiumano e dalmata, che ha coinvolto pure persone della mia famiglia); ne ho scritto già  in anni lontani, quando tanti che ora se ne sciacquano la bocca se ne infischiavano altamente. Ne ho scritto sul Corriere della Sera , giornale di una certa diffusione, e ne hanno scritto, con ben maggiore autorità , storici e studiosi, le cui opere rigorose e precise erano e sono accessibili a chiunque desideri conoscere questa verità .
In quegli articoli denunciavo, come altri ben più autorevoli di me, l'oblio di quella tragedia e di quei crimini, l'indifferenza, il cinismo e l'ignoranza nei loro confronti.
Sottolineavo la viltà  e il calcolo opportunista di tanta sinistra italiana, che in nome di un machiavellismo da quattro soldi, destinato a ritorcersi contro se stesso, cercava di ignorare, dimenticare e far dimenticare il dramma dell'esodo istriano, fiumano e dalmata e gli eccidi delle foibe, affinchè non si parlasse di crimini commessi dal comunismo o in nome del comunismo (in quel caso, di un nazionalcomunismo).
Sottolineavo altresì la pavida pigrizia diffusa a questo proposito nella classe intellettuale, ignara di quei capitoli di storia e soddisfatta della propria ignoranza. Mettevo in evidenza - come hanno fatto molti altri molto meglio di me e altrettanto ignorati - la cecità  e il regressivo abuso dell'estrema destra, che coltivava il ricordo di quelle tragedie e di quei crimini non tanto per ricordare le vittime e condannare i precisi colpevoli e complici, bensì per rinfocolare inumani e generici rancori razzisti antislavi, quegli ottusi odi antislavi che sono stati in parte all'origine di quella tragedia patita dall'Italia ai suoi confini orientali, che sono in parte responsabili della perdita di quelle nostre terre, che non avremmo mai perduto se il fascismo non avesse fatto la sua guerra.
Il bestiale odio anti-italiano che si è espresso nelle foibe non è certo giustificato dal bestiale odio antislavo che si era scatenato a lungo su persone colpevoli solo di essere slave, così come la stragrande maggioranza delle vittime delle foibe era solo colpevole di essere italiana.
Perchè, sino a pochi anni fa, il dibattito politico e il battage mediatico ignoravano il dramma dei nostri confini orientali, perchè, tranne che in pochi ambienti circoscritti, non si parlava delle foibe? Se i comunisti non ne parlavano per le ragioni che si è detto e se i fascisti ne parlavano solo nel loro ghetto, perchè la stragrande maggioranza moderata, che oggi se ne riempie la bocca, taceva? I grandi giornali di informazione non erano alle dipendenze di Mosca, il potere economico e politico non era nelle mani di Tito o di Stalin; non tutti gli attuali esponenti di centrodestra sono ex estremisti di sinistra convertiti o rinnegati, ma la maggior parte di loro militava già  allora in formazioni politiche moderate; erano già  in età  più che scolare, sapevano leggere e scrivere e avrebbero potuto, dovuto, conoscere quella pagina atroce e parlarne. Anche di Goli Otok, dei gulag titoisti, ho scritto sul Corriere ormai molto tempo fa, ma nè allora nè quando uscì il ben altrimenti importante e fondamentale libro di Giacomo Scotti, ció divenne di interesse nazionale.
I grandi italiani, quelli democratici, campioni di libertà  e di resistenza, ne hanno sempre parlato, come ad esempio Leo Valiani, che, condannato dal tribunale speciale fascista anche per aver dichiarato di voler continuare a battersi per i conculcati diritti degli slavi, aveva votato più tardi contro il Trattato di pace, per protesta contro l'ingiustizia subita dall'Italia ai confini orientali, ingiustizia che il trattato sanciva. Ma nessuno li ascoltava, perchè quell'Italia libera e civile, patriottica ossia non nazionalista, non interessava a nessuno, era solo una nostra esigenza, diceva Biagio Marin.
Fino a pochi anni fa parlare delle foibe non «serviva» alla lotta politica e dunque non se ne parlava. Oggi quei morti servono e dunque se ne parla, ma per usarli quali strumenti di una lotta politica che non ha nulla a che vedere con la storia di quelle tragedie, di quei crimini, di quegli anni. Comunque sia, ben venga ogni occasione di ricordare le vittime; è bene che si parli di quella pagina terribile, che si conosca e si sappia la storia delle foibe. Ma che oggi la destra al potere - erede di quella colpevole della nostra catastrofe nella Seconda guerra mondiale e della mutilazione dell'Istria - usi le foibe per difendere il proprio potere è una bestemmia.
Usare oggi le foibe contro la sinistra italiana di oggi è indegno, come sarebbe indegno usare le leggi razziali fasciste contro Berlusconi o contro Fini, che avranno molte colpe ma non certo quelle delle leggi antisemite del '38. Usare i morti come un manganello è sacrilego e blasfemo nei loro confronti; i morti vanno tenuti sempre presenti nel nostro ricordo, accanto a noi, non dissepolti per manipolarli.
Chi ha da sempre succhiato col latte la verità  di quella storia e ha sofferto di vederla ignorata, rimossa o coltivata faziosamente e dunque falsificata, non puó non provare un invincibile moto peristaltico dinanzi a questa becera empietà .
àˆ forte la pericolosa tentazione di pensare non tanto secondo categorie politiche, quanto secondo più profonde e immodificabili categorie umane; di pensare che, prima di dividersi in sinistra e in destra, l'umanità  si divide, come scriveva Sciascia, in uomini e in quaquaraquà , e in varie sottocategorie intermedie tra queste. Quaquaraquà , come è noto, è un modo di essere, ma fa pensare pure a uno starnazzare come quello che sentiamo ogni giorno sempre di più.

Claudio Magris

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#38 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Helmut ha scritto:E magari in futuro li potró anche votare, perchè no? In fondo io non sono ideologico, come credi tu!!!
COMPAGNO HELMUT, se alle regionali va in porto l' alleanza Radicali-Gad saremo alleati, stalinisti e liberali. Ieri sera ho visto quel demente di Capezzone: "Noi vogliamo portare avanti la nostra battaglia sulla fecondazione assistita. Se la Gad metterà  da parte le sue paure e avrà  il coraggio di combatterla insieme a noi..."

Non vedo come possa farlo a destra con democristiani di ferro del calibro di Buttiglione, Giovanardi, Follini, non propriamente dei campioni di laicità  e liberalità .

COMPAGNO HELMUT!
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#39 Messaggio da balkan wolf »

drugat va che l'altra metà  della DC sta da "voi" :-)

cmq. è da sempre che i radicali si chiamano compagni tra di loro...

che ti ha fatto capezzone ( e bravino dai ) per curiosità ?
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BanitoXXX
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#40 Messaggio da BanitoXXX »

Il Piccolo Martedì 8 Febbraio

GIORNO DEL RICORDO
Nella conferenza stampa di presentazione delle celebrazioni il deputato di An rivendica a Trieste il ruolo di capitale dell'esodo

Menia: «Torino scelta da Fassino e Violante»

Anche Storace sarà  giovedì a Trieste.
Manifestazione di protesta slovena sotto la sede Rai per il film di Negrin


Con lo scopo di accreditare Trieste come vera capitale del Giorno del ricordo, in un dualismo ormai pesantemente politico con Torino, Roberto Menia utilizza il «palcoscenico» del salotto azzurro del municipio dove ieri mattina era in realtà  prevista la conferenza stampa congiunta di Comune e Provincia, «enti organizzatori». Tutti gli appuntamenti che si svolgeranno in città  erano già  stati dettagliatamente anticipati venerdì scorso dalle associazioni degli esuli, per cui del programma non parla nessuno. Menia prende presto il centro della scena con il discorso più lungo, facendo piazza pulita della parola pacificazione pronunciata sia dal sindaco Dipiazza che dal presidente della Provincia Scoccimarro che dal senatore forzista Giulio Camber, anche quest'ultimo oratore anomalo nella sede municipale, dove ha parlato anche l'assessore Sluga, e parte lancia in resta contro le associazioni degli esuli, sancendo una rottura con esse del suo partito che si sta facendo esplicita e profonda.
«Le celebrazioni si svolgono per volontà  di tutta la comunità  - dice Menia - e Trieste ne sarà  la capitale nazionale perchè qui arriveranno quaranta gonfaloni da tutta Italia e delegazioni fin dal Sudafrica e dall'Argentina». Reclama poi una specie di jus omnis noctis per tutto ció che concerne esodo e foibe. «Sono stato io il primo e unico firmatario della proposta di legge. Violante ne ha presentato un'altra che voleva peró ricordare solo l'esodo e nella data del 21 marzo. Nessuno puó fare la lezione a chi ha commemorato da sempre e anche da solo. Per fortuna un ministro, che guardacaso è di An (Tremaglia che ha proposto a Trieste l'incontro mondiale degli esuli, ndr), ha avuto la sensibilità  che altri non hanno avuto per andare invece a cercare la prima capitale d'Italia.»
E qui arriva l'affondo più pesante contro la scelta delle associazioni di porre Torino a capitale delle celebrazioni: «La scelta di Torino non è stata casuale - dice Menia - è opera degli Oliva, dei Fassino, dei Violante. E' arrivata dopo che Veltroni è giunto a spiegarci che era l'Italia che fucilava gli slavi. Grazie a Dio le associazioni degli esuli non sono andate a rendere omaggio a quei quattro terroristi sloveni che prenderebbero l'ergastolo per banda armata, associazione sovversiva e omicidio plurimo da qualsiasi Corte d'assise. Nonostante ció che vorrebbero altri - ha concluso il deputato di An - Trieste avrà  la più importante manifestazione d'Italia grazie a un vecchio ministro che dimostra di essere più giovane e moderno di altri.»
«Seguiamo una linea assolutamente bipartisan il nostro non è il dramma di una regione, ma dell'intero popolo italiano: per questo abbiamo scelto Torino, prima capitale d'Italia», aveva detto Lucio Toth presidente dell'Associazione nazionale Venezia Giulia. Guido Brazzoduro presidente della Federazione che riunisce tutte le associazioni era stato più esplicito: «A Trieste c'è un problema di caratterizzazione politica della città  che non fa bene alle celebrazioni che devono avere una valenza al di sopra delle parti». Entrambi prenderanno la parola giovedì a Torino dove si riproporrà  il confronto tra Gianfranco Fini (che lascerà  Trieste già  in mattinata) e Luciano Violante, ci saranno scrittori del calibro di Predrag Matvejevic e storici anche triestini come Raoul Pupo, Teodoro Sala e Anna Maria Vinci, oltre a Gianni Oliva. Ma nel capoluogo piemontese vi saranno anche il diessino di Trieste Stelio Spadaro e il presidente dell'Associazione delle comunità  istriane Lorenzo Rovis. Il «fuggi fuggi» da Trieste sarà  completato dal fatto che Renzo Codarin che è vicepresidente nazionale dell'Anvgd andrà  alla cerimonia di Firenze.
In compenso a Trieste a completare la già  folta pattuglia di An arriverà  giovedì anche Francesco Storace presidente della regione Lazio che porterà  alla Foiba di Basovizza cinque scolaresche della capitale. E ieri il sindaco Dipiazza ha ribadito che partiranno presto i lavori di riqualificazione della Foiba dove verrà  ospitato anche un centro di documentazione e dove spera di ospitare il 10 febbraio 2006 una commemorazione con rappresentanti dei governi sloveno e croato.
Ieri sera, infine, una cinquantina di aderenti all'associazione «Promemoria per la difesa dei valori dell'antifascismo e dell'antinazismo» hanno protestato per un'ora davanti alla sede della Rai in via Fabio Severo per la messa in onda della fiction sulle foibe. Sulla facciata esterna del palazzo sono state proiettate le immagini di un documentario della Bbc sui crimini di guerra italiani prima e durante la Seconda Guerra Mondiale, documentario mai mandato in onda dalla Rai che ne ha comprato i diritti.

Silvio Maranzana

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wolf.55
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#41 Messaggio da wolf.55 »

BanitoXXX ha scritto: ...Grazie a Dio le associazioni degli esuli non sono andate a rendere omaggio a quei quattro terroristi...

Silvio Maranzana
Se si tratta di Vicic & Co, erano cinque ed erano Croati, sono stati fucilati dopo regolare processo a Forte Bravetta, hanno avuto cristiana sepoltura, in forma anonima, nel riquadro 142 del cimitero del Verano a Roma. Se ci riferiamo ai fratelli Zaccaria, di Fiume la situazione non cambia.
Si tratta, comunque, di spie e non di terroristi.

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BanitoXXX
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#42 Messaggio da BanitoXXX »

09 febbraio 2005
Le dichiarazioni in occasione della Giornata Nazionale del Ricordo
Ciampi sulle foibe: ricordi al posto dei rancori
«Ricordi ragionati al posto di rancori esasperati. I giovani devono sapere»
ROMA - Commemorare con continuità le foibe, una grande tragedia dell'ultima guerra mondiale; ora è possibile che ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati, perchè è giusto che anche i più giovani conoscano quelle efferatezze che furono conseguenza delle ideologie nazionaliste e razziste dei regimi dittatoriali che si resero responsabili del conflitto. Lo afferma in una dichiarazione il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della Giornata Nazionale del Ricordo.

http://www.edit.hr/lavoce/050209/politica.htm

La verità nel pozzo


La miniserie "Il cuore nel pozzo" prodotta per la RAI da Angelo Rizzoli con la regia di Alberto Negrin, non è volta, come si sostiene, al "recupero della memoria storica". Lo sceneggiato, andato in onda domenica e lunedì scorsi su Raiuno e presentato il giovedì precedente in Sala Tripcovich a Trieste, non recupera niente, insegna poco e ricorda male. Ciò che racconta è un doloroso dramma familiare, uno dei tanti consumatisi il secolo scorso su queste terre contese e maledette: ma davanti allo strazio e alle lacerazioni, alla disperazione e ai lutti, anche trattandosi di fiction, tutti abbiamo il dovere di tacere e portare rispetto. Solo un'immemore e incivile platea può applaudire la morte.
Dietro al buonismo di facciata, però, lo sceneggiato esalta anche irritanti banalità e rancidi messaggi antislavi: pare di assistere, in certi frangenti, ad uno di quei tanti filmini partigiani e antitaliani girati a suo tempo dalla cinematografia ex jugoslava. Allo slavo coraggioso e sguaiato si contrapponeva l'italiano vigliacchetto e canterino: Negrin fa lo stesso ma ribalta i ruoli: da una parte l'italiano dottore, prete, avvocato, intellettuale e colto, dall'altra lo slavo stupratore, massacratore, infoibatore e ignorante. Uno schema primitivo e sciovinista in entrambi i casi.
Viene a crearsi così una mistificazione politica della storia e alla fine del film ciò che rimane impresso nella mente sono i due estremi: il buono e il cattivo. Troppo facile e troppo comodo, quanto basta comunque per rinfocolare odi etnici e vecchie tensioni. Succede quando si fanno volutamente le cose a metà ad uso e consumo di squallidi committenti che in situazioni di convivenza, di dialogo storico costruttivo e di civile cooperazione perderebbero l'essenza stessa, la ragion d'essere delle loro organizzazioni e dovrebbero chiudere. è odioso e irriverente verso le vittime di quelle tragedie lasciarsi coinvolgere adesso in un discorso perverso di reciproche accuse e di rialzo del numero dei morti e delle vessazioni subite: una violenza non può trovare giustificazione in un sopruso precedente ma, per capirne le origini scatenanti, come nel caso delle foibe , non si può prescindere da quella che fu una comprensibile reazione alla sciagurata politica fascista che ha coperto d'infamia l'Italia e gli italiani: le snazionalizzazioni e le persecuzioni perpetrate a danno degli Slavi in Istria e a Fiume, i morti, i villaggi rasi al solo, le sentenze del tribunale speciale, i campi di concentramento. Così come in un contesto più ampio non si possono ignorare gli orrori commessi dal fascismo italiano in altre terre vicine e lontane e nelle quali la presenza italiana era attribuibile unicamente a ingiustificabili pretese annessionistiche (Slovenia, Albania, Grecia, Etiopia). Per non dire delle leggi razziali... Questa parte di verità mancante aiuterebbe i più giovani a capire alcune pagine difficili di storia italiana e contribuirebbe in maniera più completa, al "recupero della memoria storica". Il perbenismo artefatto delle fiction televisive non serve a nulla; dispensa mezze verità che proprio perchè tali diventano inaccettabili falsità .
C'è da sperare che i tentativi compiuti in questi anni per superare le contrapposizioni e per costruire "una memoria condivisa" non siano affondati del tutto.


Errol Superina

Il deputato della dieta Damir Kajin sulla fiction «Il cuore nel pozzo»
Foibe, «reazione ai crimini nazifascisti»
L'esodo è stato l'ultimo atto della politica imperiale italiana in queste terre


FIUME - Il movimento partigiano, differentemente da quanto suggerito dalla fiction "Il cuore nel pozzo", non era votato al genocidio. Lo ha dichiarato ieri a Fiume Damir Kajin. Il deputato dell'IDS/DDI ha aggiunto che sul territorio nel quale si combatté per la libertà e per l'integrazione nazionale (Croazia e Slovenia) la guerra fu assai atroce. Ammette che non ci sono dubbi sul fatto che si siano verificata pure gli episodi legati alle foibe o che in esse abbiano perso la vita anche persone innocenti, ma sostiene che le vittime erano costituite prevalentemente dalle camicie nere, dai membri della guardia di finanza... dai soldati tedeschi. Il vicepresidente della Dieta ha ricordato che l'Unione dei combattenti antifascisti dell'Istria (SAB ŽI) ha già espresso le proprie scuse per la sorte delle vittime innocenti. Ha confermato anche l'esistenza dell'esodo postbellico, ma ha rilevato che la cifra di 350mila esuli (ai quali lo sceneggiato è stato dedicato) è inverosimile. Ritiene che il numero esatto di persone che hanno abbandonato l'ex Jugoslavia sia comunque enorme e che ammonti a 220-230 mila persone.
Kajin ha sottolineato che la terza falsificazione (la più pericolosa) che avrebbe operato la fiction diretta da Alberto Negrin, si celi nella tesi che questi territori siano passati all'ex Jugoslavia grazie alla pulizia etnica e alla rappresaglia politica. "Ciò non combacia con la realtà . L'esodo è iniziato dopo il Trattato di pace di Parigi (1947), ovvero dopo il Memorandum di Londra (1954). Al tempo della guerra era assai difficile evitare che si verificassero i casi legati alle foibe, che però dopo la fine del conflitto non si sarebbero dovuti ripetere", ha spiegato Kajin. Il deputato ha espresso il parere che due delle cause che hanno fatto perdere all'Italia la sovranità su queste terre sono le clausole segrete del Trattato di Londra del 1916 e la riluttanza di Roma a ricorrere al referendum (sembrerebbe che la leadership italiana fosse incerta sull'esito del medesimo in questa area, ma sicura di perdere il Trentino Alto Adige). Kajin considera che le foibe fossero la reazione ai crimini compiuti dalle truppe nazi-fasciste al tempo della II Guerra mondiale e che l'esodio sia stato l'ultimo atto della politica imperiale italiana in queste terre. Se trascuriamo la natura delle autorità italiane dal '18 al '43, se ignoriamo le vittime della II Guerra mondiale, della Risiera di San Saba, dei campi di prigionia di Gonars, Arbe, Meleda (Molat), l'offensiva di Rommel, la deportazione degli istriani nei campi di concentramento tedeschi..., Lipa, Brgudac, Å aini, e parliamo solo del tragico episodio delle foibe, noi falsifichiamo la storia - ha notato Kajin - aggiungendo che le vittime maggiori furono le persone, indifferentemente dalla loro nazionalità , ma anche i territori che furono coinvolti dalle guerre e dai totalitarismi. Il vicepresidente della Dieta è dell'opinione che per tale motivo l'Istria e la Regione Litoraneo-montana debbano essere artefici di una politica che favorisca la tolleranza nazionale, ed eccellere in tale senso non solo in Croazia (travolta dal 1991 al 1995 da un'altra guerra), bensì in Europa.
Damir Kajin invita l'Italia a farsi promotrice della causa croata in ambito europeo e Zagabria a risolvere con Roma le ultime questioni patrimoniali ancora aperte. Riferendosi ai beni abbandonati Kajin ritiene che non si debba riprendere a trattare sulle questioni che l'ex Jugoslavia e la Repubblica italiana sono riuscite a risolvere fino al 1983. Il deputato ha spiegato che in tale senso la Croazia non ha nulla da obbiettare sull'esborso di 35 milioni di dollari (Trattato di Roma del 1983), e che deve impegnarsi a risolvere le 5.236 pratiche (in realtà 500 - 800) in attesa di risposta.
Nel corso dell'incontro con i giornalisti il vicepresidente dell'IDS/DDI ha affrontato anche altri argomenti. Ha detto di condividere il parere espresso nei giorni scorsi dal presidente Stjepan Mesić sull'improbabilità che si possa giungere a elezioni anticipate qualora dovesse slittare l'inizio delle trattative per l'ingresso della Croazia nell'Unione europea. Spiega di ritenere più probabile che la crisi di governo possa insorgere a causa di problemi di carattere economico, giacché il debito pubblico ha raggiunto quota 28,5 miliardi di dollari (5 miliardi in più rispetto al 31 gennaio 2003). Kajin ha parlato anche dello scandalo che ha travolto il controspionaggio croato (POA), affermando di ritenere improbabile che il generale Gotovina possa fare affidamento sui servizi di sicurezza croati, poiché rischierebbe di finire arrestato. Dal canto suo Dorotea PeÅ¡ić-Bukovac ha annunciato l'appoggio della Dieta all'iniziativa promossa dalla Regione Litoraneo-montana allo scopo di ottenere una deroga alla legge sulle località montane.


Krsto Babić


http://www.edit.hr/lavoce/050209/speciale.htm

PER LA PRIMA VOLTA DOPO SESSANT'ANNI L'ITALIA RICORDA LE FOIBE E L'ESODO DEGLI ISTRIANI, FIUMANI E DALMATI
Contro l'oblio, le amnesie, le strumentalizzazioni politiche


Per quasi sessant'anni su foibe ed esodo è gravato un pesante silenzio. Le istituzioni statali italiane - e con esse gran parte dell'opinione pubblica - hanno volutamente ignorato o rimosso dalle coscienze una delle pagine più dolorose e a lungo rimosse del Novecento italiano, di cui la storiografia si è occupata finora raramente e in modo lacunoso. E per dimostrare che la storia è parte integrante e uno dei valori su cui poggia la nostra civiltà , la ricorrenza dovrebbe essere anche l'occasione per una riflessione approfondita sui fatti, senza amnesie, né colpevoli dimenticanze, né strumentalizzazioni politiche.
Nel corso della settimana, l'esodo e le foibe sono stati e saranno rivissuti con una serie di trasmissioni televisive, articoli sui giornali, le parole (e le immagini) dei testimoni, dei diretti protagonisti di quei drammi. Sottraendo all'oblio la tragedia e le sofferenze delle centinaia di migliaia di persone costrette ad abbandonare la propria terra nel periodo immediatamente successivo alla fine del secondo conflitto mondiale; dando dignità alla memoria delle vittime, ai drammi vissuti in queste terre. Ne uscirà un quadro doloroso e commovente - indubbiamente fedele alle esperienze - e che rischia(va) di dissolversi con la scomparsa di chi lo ha vissuto in prima persona.
Domani 10 febbraio, la Repubblica Italiana celebrerà ufficialmente, per la prima volta, il Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale. Quali significati attribuire alla ricorrenza; quali i contenuti e i valori che s'intendono trasmettere? Ci sono dei messaggi da indirizzare ai governi italiano, croato e sloveno, nonché alla comunità italiana dei rimasti?
Parlano sulle nostre pagine quanti, negli ultimi sessant'anni, non hanno certo dimenticato. Ma hanno operato per la conservazione della memoria - come Guido Brazzoduro, presidente della Federazione degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, e Amleto Ballarini, presidente della Società di Studi Fiumani con sede a Roma - anche allargando la prospettiva storica, anche andando a ricucire la lacerazione provocata dagli eventi postbellici nel corpo italiano di queste terre. Insieme con la comunità nazionale italiana di Croazia e Slovenia, il cui presidente Maurizio Tremul ha accettato di contribuire con un suo intervento alle rilfessioni sul Giorno del ricordo.


La storia d'ognuno per l'Europa di tutti


Amleto Ballarini, presidente della Società di Studi Fiumani a Roma, rievoca con precisione e il rigore scientifico che lo contraddistingue i fatti di quel periodo. "L'esodo giuliano-dalmata dai territori che l'Italia, in base al trattato di pace del 10 febbraio 1947, dovette cedere alla nascente Repubblica Federativa Jugoslava retta dal regime comunista del maresciallo Tito, ebbe inizio sin dal 1944, quando la seconda guerra mondiale doveva ancora concludersi. Zara, quasi distrutta dai micidiali bombardamenti alleati e con l'armata partigiana alle porte vide andar via quasi il 50 per cento dei suoi ventimila abitanti superstiti. Tremila rimasero sotto le macerie. Per molti fu facile comprendere sin dall'8 settembre 1943 che la guerra dell'Asse era ormai irrimediabilmente perduta e che, salvo un improbabile sbarco angloamericano sulle coste istriane, in quei territori, tra Zara e Trieste, con una popolazione a larga maggioranza italiana, sarebbe arrivata per prima l'Armata Popolare di Liberazione. Fu così che si verificò un primo calo significativo della popolazione, dovuto a quanti ebbero la consapevolezza di poter scegliere in tempo utile tra la certezza di un regime comunista gradito all'Unione Sovietica e la ragionevole speranza di un regime democratico promesso dagli angloamericani.
I più rimasero e il biglietto da visita listato a lutto che Tito presentò all'arrivo fu quello dell'OZNA (la polizia politica istruita con i collaudati schemi della NKVD di Stalin). A pagare con la vita, nei primi giorni di quella "liberazione", non fu soltanto l'ormai esigua minoranza dei fascisti superstiti, ma tutti coloro che potevano essere d'intralcio alla rivoluzione proletaria promessa nel mito dottrinario di Marx e di Lenin; i cosiddetti "nemici del popolo" individuati tra i borghesi capitalisti, i clerici, i reazionari, i conservatori e quanti, a farla breve, si presumeva non fossero affatto intenzionati a passare docilmente da un sistema totalitario a un altro.
La triste pratica dell'infoibamento era stata già posta in atto nel breve periodo intercorso tra l'8 settembre del 1943 e la costituzione del Litorale adriatico soggetto alle autorità germaniche. I vigili del fuoco di Fiume, di Pola e di Trieste scoprirono l'orrore di quei crimini prima che la guerra finisse. Altri infoibamenti, ancor più numerosi ebbero luogo tra maggio e giugno del 1945. Migliaia di civili e militari vennero internati in decine di campi di raccolta allestiti in tutta la Jugoslavia. Non lo documentano solo i rapporti delle autorità militari inglesi e americane ma anche le relazioni stilate dai comunisti italiani che facevano parte della Sezione prigionieri italiani operante a Belgrado e soggetta alle disposizioni delle autorità militari jugoslave o da quelli che dall'Istria e da Trieste relazionavano al PCI di Togliatti e le cui missive risultano oggi consultabili presso l'Istituto Gramsci di Roma.
C'è mai da stupirsi se tra il maggio del 1945 e il febbraio del 1947 molti abbiano accettato d'andarsene lasciando tutto alle proprie spalle: casa, soldi e morti? E questo quando davano il permesso spogliandovi di tutto. Quando non lo davano si provava l'espatrio clandestino rischiando la morte o anni di galera. Con la firma del Trattato di Pace la scelta dell'esodo dilagò anche se c'era la consapevolezza di lasciare, senza alcuna promessa di lavoro, la propria casa per una baracca o un'aula scolastica divisa da coperte. Non fu solo un esodo italiano. Se ne andarono via anche molti sloveni e croati contrari al comunismo. Nella città di Fiume, al 31 maggio 1945, erano rimasti 44.544 abitanti dei 59.332 registrati nel 1940. Tra il 1947 e il 1950 altri 25.000 se ne andarono. Non abbiamo dati certi su quanti se ne andarono negli anni successivi ma si stima che alla fin fine la città abbia perso almeno l'83 % degli abitanti che aveva nel 1940.
Quanti gli assassinati e quanti gli esuli dalle terre adriatiche cedute? Da 10.000 a 20.000 gli uni, da 250.000 a 350.000 gli altri. Meglio sottrarsi alla speculazione delle cifre fin che sloveni, croati e italiani non troveranno la forza di lavorare insieme accettando la realtà dei documenti d'archivio più che le suggestioni della politica. I fiumani sono gli unici, fino ad oggi ad aver avuto il privilegio di lavorare a tal fine con l'Istituto croato per la storia offrendo una pietra maestra su cui operare per dare risposte a una storia taciuta. Non per nulla gli orfani di Tito sono insorti gridando al sacrilegio. Essi ignorano la storia condivisa perché vivono ancora nelle favole divulgate dal regime.
Noi siamo liberi di sbagliare e loro no. è con questo spirito che le maggiori istituzioni culturali dell'esodo. Società di Studi Fiumani di Roma e IRCI di Trieste, riconosciute per legge, e non dimenticando, oltre confine, il Centro Ricerche Storico di Rovigno, hanno conservato pazientemente la "memoria storica" giuliano dalmata negli anni del silenzio gravante sui libri di testo delle scuole e nella volontà dei governanti. Oltre mezzo secolo di paziente attesa e di incrollabile fede. Ora i giovani apprendono che viviamo ancora e vogliono sapere ciò che i docenti hanno il dovere d'insegnare.
Ora che la 'legge del ricordo' ci sdogana dall'oblio cerchiamo che la minoranza italiana superstite, la cultura ufficiale slovena e quella croata lavorino con gli esuli e con gli esuli si confrontino nell'unità della vecchia Europa pacificata.

Riaffermare la verità storica
per costruire un domani migliore


Sulla ricorrenza di domani il presidente della Federazione degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati Guido Brazzoduro precisa: "ricordare quello che avvenne, la nostra storia. Non tanto per noi, quanto per chi è vicino a noi, affinché l'Italia abbia conoscenza di quello che la storia è stata. è il primo anno che celebriamo il Giorno del ricordo, isitituito da una legge votata nel marzo del 2004. Per noi esuli istriani, fiumani e dalmati sarà la seconda volta, visto lo scorso anno l'abbiamo celebrata per conto nostro. Manifestazioni per il Giorno del ricordo si terranno in tutta Italia, in trenta o quaranta della città maggiori. Trieste è importante, ma lo è anche Torino, città che assume un significato particolare, unificante, in quanto prima capitale d'Italia. E poi l'adesione e la mobilitazione di tutte le istituzioni, regionali e governative rafforza i valori della celebrazione, riafferma l'unità storica.
Siamo lieti che la legge sia stata varata con un consenso trasversale, voluta e condivisa dal parlamento. E dobbiamo darle dei contenuti affinché le celebrazioni abbiano una valenza al di sopra delle parti, un valore aggiunto, di tutti. L'Italia deve conoscere la verità storica sull'esodo e sulle esperienze vissute dopo la guerra. Non una storia di parte, revisionista, ma una corretta ed equilibrata informazione sui fatti storici. Perché, a partire dai libri di scuola e dalle attività culturali, ci si rende conto che il Paese non conosce questi fatti o non ha la versione giusta dei fatti reali, testimoniati e certificati. Allora la storia documentata dei fatti darà base sicura di conoscenza vera e piena di significato. Un invito dunque affinché si cerchi di capire.
E c'è poi la volontà volontà di non dimenticare, di valorizzare le esperienze vissute dalla realtà italiana del dopoguerra in quelle terre, per farne tesoro e costruire su quei valori lo spirito europeo, che non deve ridursi a soli parametri economici, ma deve essere un reale condiviso modo di conoscere e giudicare la nostra storia. Riaffermare valori di verità , di democrazia e di giustizia e non di parte, perché possano diventare patrimonio comune delle genti di tutte le parti dei confini, perché solo il credere in questi valori può vincere sui rancori di quanti hanno vissuto i tristi fatti del passato, che ricordiamo.
è con questa convinzione che mi sento di dover affermare che questi valori, oggi e per il futuro, devono venire prima di interressi economici, per convinzione e non per il prevalere di ideologie. Su questi valori e su queste certezze potremmo costruire il domani della minoranza italiana di Croazia e Slovenia, sicuri che sapranno essere validi testimoni verso le rispettive maggiornaze; sulla base di questi principi e conoscenze sarà più facile cooperare e lavorare uniti per un futuro migliore, di democrazia, di pace e di convivenza per l'Europa e il mondo."

Un ricordo per il futuro. Un futuro quale miglior vita


"Ricordare senza odio. Niente rancore. Nessuna umiliazione. No vendetta" - afferma Maurizio Tremul, presidente dell'Assemblea dell'Unione Italiana. "Quanti errori della storia. Quanti orrori nella storia. Quante vittime innocenti del fascismo. Della violenza nazista. Della rivoluzione permanente. Della barbarie interetnica. Del fanatismo religioso integralista. Quante vittime incolpevoli per liberare il mondo dall'oppressione del nazi-fascismo, del bolscevismo, dei totalitarismi, delle ideologie totalizzanti ed escludenti, dei nazionalismi drogati ed esaltati, delle falsificazioni e della propaganda. Quanti corpi macchiati di sangue rappreso per un sogno di libertà , di uguaglianza, di fraternità e sorellanza. Ma quale libertà : quella dal peccato, dal lavoro, dalla dittatura, dalla schiavitù...? In una follia manichea che distingue i patrioti-eroi dai terroristi-banditi in base agli interessi geo-strategici delle moderne divinità , riducendo ad uno ciò che per definizione è plurale: la vita in tutte le sue forme.
Ma una vita umana, quanto vale? Ogni crimine merita un giusto processo e un'equa condanna. Mai la pena di morte. Non tutti i condannati e giustiziati sono colpevoli. Nella perversione del potere, gli innocenti sacrificati sull'altare di superiori interessi nazionali sono semplicemente effetti collaterali!? Ogni corpo umano ha diritto ad una degna sepoltura. Non quella delle foibe. Nemmeno dei forni crematori. La morte merita rispetto. Non è stato sempre così. Non lo è tuttora. Ma non tutti i morti lo sono per una giusta causa: quella che porta all'avanzamento dell'Umanità , per un mondo migliore. Di pace e solidarietà . Di convivenza e rispetto. Di dignità e composta fierezza. Di mutuo arricchimento e sana contaminazione. Di amore. Quanti errori per amore. Perdono. Chiederlo, concederlo: si può ancora, nella società dell'effimero, dell'immagine, dove tutto è spettacolo piegato al desiderio sfrenato del successo, dell'apparire, dell'avere? Dove la notorietà dura il tempo di un cerino che subito brucia le dita. E l'essere?
Ricordare. Per non dimenticare. Strappare il velo d'oblio gettato dagli uomini sulle storie di altri uomini. Quelli che la Storia definisce i perdenti. Farlo con dignità e rispetto, senza menzogne e autoinganni. Discernendo il grano dalla pula. Con cristiana pietà . Con pietas. Ricordare gli irredentismi, i Risorgimenti dei popoli e delle Nazioni, lunghi un Secolo e mezzo e ancora drammaticamente presenti.
Ricordare tragiche pagine di storia: di violenze e oppressioni. Perché in queste terre, splendide e martoriate, fascismo e collaborazionismo non fecero rima solo con italiano, ma si coniugarono bene anche con serbo, croato, sloveno.
Ricordare le eroiche gesta della resistenza, della lotta partigiana: quella comunista e quella del CLN. Parlavano serbo, croato, sloveno. Parlava italiano. E le pagine oscure delle delazioni. Di decisioni unilaterali compiute in nome di un popolo tradito. Di un plebiscito rubato.
Ricordare l'espulsione forzata di una popolazione, quella italiana, su cui si sono scaricate indicibili pulsioni, ancora inconfessabili, per un esodo quasi completo, anche a distanza di ben dieci anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale. A cui fu presentato il conto per una guerra sbagliata e inutile, come tutte le guerre. Perché umiliarli chiamandoli optanti? Ammassati, dalla propria Nazione Madre, nei centri di prima accoglienza assolutamente inospitali dei campi profughi, in attesa ancora di un risarcimento o dei beni defraudati (ma potrà mai esserci risarcimento che ripaghi delle sofferenze patite?). Rinnegati dalla tracotanza del nuovo potere nazional-comunista jugoslavo riuscito nell'impresa che mai prima nessuno aveva centrato: mutare fino alla radice la composizione multietnica dell'Istria e di Fiume, sconvolgendole drasticamente.
Ricordare i drammi di coloro che rimasero aggrappati con disperazione e fierezza sulle proprie terre a coltivare tenacemente la propria lingua, cultura, identità , in condizioni avverse, spesso impossibili. Infidi traditori. Eppure ancora qui, per una presenza dinamica, viva e radicata che contribuisce a mantenere plurinazionale, multilinguistica e multiculturale l'Istria e il Quarnero. Svegliatevi: è primavera!
Perché il giorno del ricordo sia di tutta la Nazione e non di una sua parte. Ricordare. Per capire. Perché quel male non abbia a ripetersi. E dalle ferite nasca un fiore. Per i nostri figli: loro sì, liberi. Il giorno del ricordo che dimentichi gli Italiani dell'Istria, del Quarnero e della Dalmazia sarebbe il giorno della smemoratezza. è anche quello il giorno che vorremmo non ritornasse più."


Una storia solo approssimativa


Con la mini serie "Il cuore nel pozzo", la televisione di stato italiana affronta per la prima volta una pagina di storia nazionale, volutamente rimossa per oltre mezzo secolo. La siffatta fiction parla delle foibe e dell'atmosfera che si respirava in Istria negli ultimi giorni dell'aprile 1945. Solo con la dissoluzione della Jugoslavia gli storici hanno iniziato a parlare liberamente delle foibe e dell'esodo, senza condizionamenti e scientificamente, tenendo conto anche che per la prima volta gli studiosi avevano a disposizione una certa documentazione. Dagli anni '90 in poi, comunque, siamo testimoni pure di un filone di studi pseudo scientifici che trattano il problema delle foibe, dell'esodo e di quanto avvenne lungo le sponde dell'Adriatico orientale. In tali lavori, privi di rigore scientifico, si parla di decine di migliaia di italiani giustiziati nelle foibe, con la sola "colpa di essere italiani", si parla della "pulizia etnica" perpetrata da Tito nei confronti degli italiani, paragonando i fatti dell'autunno del 1943, del 1945 e degli anni successivi, alla mattanza balcanica che è seguita alla disoluzione della Jugoslavia. Gli autori di questi studi, poi, dimenticano il contesto in cui si svolsero gli accadimenti succitati. Il problema, invece, è piuttosto complesso e non è possibile esporlo in chiave così semplicistica, faziosa, ecc. Bisogna cogliere i problemi sorti in queste terre nel corso del XIX secolo con le lotte politiche, il risveglio di una coscienza nazionale presso gli sloveni ed i croati, la prima guerra mondiale, lo squadrismo prima e l'avvento del fascismo poi che ha soffocato l'espressione politico-culturale-economica della componente slava, con l'opera di snazionalizzazione e di smantellamento delle istituzioni presenti sul territorio, la bonifica etnica che avrebbe dovuto portare all'assimilazione, l'italianizzazione forzata e l'odio del regime fascista nei confronti degli slavi, considerati "etnicamente inferiori" di fronte alla civiltà italiana. Tutto ciò sarebbe stato, anche, la causa di quanto avvenne succesivamente. L'italiano venne visto semplicemente come l'oppressore, colui che ha occupato i territori degli slavi (invadendo assieme al Reich la Jugoslavia) e che ora finalmente sarebbe stato espulso dall'Istria e avrebbe pagato per tutte le sue colpe. Queste regioni però non erano terre "compattamente slave occupate degli italiani", erano terre plurali, eterogenee, abitate da italiani, da sloveni e da croati. E proprio queste popolazioni pagarono il prezzo più alto - tra gli anni '20 e gli anni '50 del secolo scorso - poiché entrambi i regimi che vi misero piede vollero dimostrare rispettivamente la sola ed unica italianità nonché il solo ed unico carattere slavo della penisola. Di conseguenza sulle sopraffazioni si aggiunsero altri soprusi.
La lotta partigiana, alla quale si unirono tanti giovani di ogni nazionalità , aveva l'obiettivo di liberare la propria terra dall'occupatore nazifascista, con l'auspicio di costruire una società libera. Gli ideali di quegli uomini e donne, però, si differenziavano nettamente dai piani del maresciallo Tito e del suo entourage, che a partire dal novembre 1943 aveva esplicitamente dichiarato l'annessione di quei territori orientali che l'Italia aveva ottenuto al termine della Grande Guerra. I comunisti, va sottolineato, non solo lottavano contro le forze naziste e quelle collaborazioniste (cetnici, ustascia, domobrani), al contempo stavano portando avanti la rivoluzione che avrebbe trasformato la Jugoslavia nonché miravano alla conquista di quei territori che consideravano suoi, in quanto abitati anche da popolazioni slave, vale a dire la Venezia Giulia e la Carinzia. Nell'aprile del 1945 l'esercito jugoslavo concentrò le sue forze verso occidente, iniziava così la "corsa verso Trieste", lasciandosi alle spalle le divisioni della wermacht e due importanti città come Zagabria e Lubiana ancora in mano tedesca. Al termine delle ostilità le terre della Venezia Giulia sarebbero state assegnate o alla Jugoslavia o sarebbero rimaste all'Italia, ma solo a seguito di un trattato di pace. Era necessario pertanto eliminare tutti i potenziali oppositori all'annessione jugoslava. L'Ozna, la famigerata polizia segreta, iniziò a dare la caccia a tutti i "sospetti", non occorreva essere stati accesi fascisti, spesso bastavano i sentimenti italiani per sparire per sempre. Nella città liburnica, per fare un esempio, furono tolti di mezzo gli autonomisti, che miravano alla costituzione dello stato indipendente di Fiume, i dannunziani, i volontari della guerra del '15-'18, cioè coloro che non volevano la Jugoslavia o che avevano espresso i loro sentimenti italiani.
Fu pulizia etnica? Non credo si possa parlare proprio in questi termini, perché al contempo anche nel resto della Jugoslavia si verificarono eliminazioni di massa di sloveni, croati e serbi che avevano collaborato con l'occupatore, spesso in funzione anticomunista, ma anche di coloro che non accettavano il nuovo ordine sociale.
Se ritorniamo al discorso delle foibe istriane, sulle stesse sono stati costruiti dei miti che attecchiscono e che non hanno alcun riscontro storico. Dopo l'8 settembre divennero il simbolo della "giustizia" partigiana nei confronti di quanti che si erano macchiati sotto il regime fascista, spesso però finirono anche coloro che non avevano alcuna colpa, eccetto quella di avere la tessera del partito, requisito indispensabile per chi era un pubblico impiegato. Le foibe del '43 furono anche la valvola di sfogo degli slavi dopo due decenni di angherie, di vessazioni e di umiliazioni. Poi ci furono le eliminazioni del 1945, più mirate, condotte con precisione e interessarono i funzionari, le forze dell'ordine, gli intellettuali, i liberi professionisti. Tutti erano potenziali vittime, rappresentavano il precedente stato delle cose, la classe borghese. è doveroso precisare poi che a partire dal 1944 si iniziarono a pubblicare articoli, opuscoli, libri, ecc., che dovevano dimostrare quanto questa terra fosse slava, e italianizzata nel corso del ventennio. Una storia costruita a tavolino doveva sottolineare come l'Italia non avesse alcun diritto storico, etnico, culturale, ecc., su queste regioni. I partigiani che giunsero in queste terre nella primavera del 1945, erano perciò convinti di essere arrivati in terre compattamente slave, ove solo chi "comandava" era italiano, giunto colà del regno. Effettivamente i rappresentanti dello stato erano originari dello stivale, però ciò non toglie che in Istria non vi fossero italiani autoctoni. C'erano eccome, e rappresentavano quasi la metà della popolazione (se prendiamo in considerazione tutta la regione) e costituivano la stragrande, o assoluta, maggioranza nell'Istria occidentale e meridionale, mentre le campagne erano abitate da popolazioni miste, che per secoli avevano convissuto in armonia, e con l'interno compattamente slavo ma anche con isole italiane, rappresentate dai borghi sulle colline, circondate dal contado croato. Quindi una terra composita, distrutta per sempre dalla violenza dei nazionalismi.
Di fronte alla complessità di una terra di frontiera, le semplicificazioni storiche possono fuorviare i meno informati sulle questioni del confine orientale d'Italia. Dopo mezzo secolo di silenzi da parte dell'Italia ufficiale, che ha completamente rimosso la storia dell'Adriatico orientale, oggi con il centro-destra al potere i temi delle foibe e dell'esodo sono diventati argomenti di interesse nazionale. Peccato solo che siffatti problemi non siano oggetto di una seria ed approfondita analisi storica. Servono solo come strumento politico volto a dimostrare come i precedenti governi (di sinistra) non hanno voluto trattare tale pagina di storia italiana, mentre oggi, finalmente, proprio questa forza politica si impegna a ricordare e a scrivere quel capitolo mancante nonché a colmare le lacune dei manuali scolastici. Gli italiani, però, non devono conoscere solo le tragedie avvenute sulla sponda opposta dell'Adriatico a partire dal 1943, devono rendersi conto della specificità di quest'area, del suo passato e della sua cultura. Devono apprendere chi era Francesco Patrizi, Gian Rinaldo Carli, Niccolò Tommaseo, solo per citarne alcuni, perché solo in questo modo coglieranno le caratteristiche di quelli che sono stati anche i lembi della patria italiana, nonostante si tratti di una terra eterogenea in cui lingue, culture e popoli si intersecano. Altrimenti è tutto inutile, approssimativo, direi quasi banale, e si rischia di dipingere l'esodo della componente italiana niente meno come l'espulsione di italiani (senza specificare chi fossero) da un territorio, alla pari di quanto avvenuto in Libia, cioè un'ex colonia. I nostri territori, invece, non erano nulla di tale. E poi abbiamo a che fare con tanta confusione. Molti sono i luoghi comuni, che probabilmente aumenteranno esponenzialmente, suffragati dalla scarsa conoscenza dei fatti. Perciò è molto facile individuare il bene e il male, i trionfatori e gli sconfitti. Una cosa del genere l'abbiamo potuta constatare nella fiction "Il cuore nel pozzo" che vorrebbe sottolineare il dramma degli italiani al termine delle ostilità nella primavera del 1945, ma lo fa con ambiguità . Manca lo spazio geografico (indefinito, eccetto l'indicazione di Istria in apertura), manca, se vogliamo, anche il contesto storico. Gli italiani coinvolti sembrano allora, veramente, niente altro che cittadini del regno trasferitisi nelle nuove province, avvalorando in tal modo la tesi che "tutto ciò che era artificiale e portato qui con la forza, si estingue, e ritorna nella sua patria", proprio come l'intellighenzia del regime comunista si spiegava lo svuotamente delle contrade istriane. Nel film anche l'esodo viene presentato in termini molto riduttivi: una lunga colonna di persone, con gli animali e con le loro povere cose in fuga verso la libertà , in direzione del mare dove c'è un piroscafo che attende, e la voce del bambino racconta che molti se ne andarono, forse 300.000. Quest'ultima parte è certamente vera, falsa invece la dinamica dei fatti. Quanto abbiamo potuto vedere è molto simile ai fatti accaduti in Kosovo, evidentemente si vuole equiparare i due fenomeni. Dagli sfollati di Zara che dovettero abbandonare la loro città in seguito ai bombardamenti anglo-americani del 1944 sino all'ultima ondata di profughi del 1954-1956 dalla Zona B passò oltre un decennio. Complessivamente coinvolse oltre un quarto di milione di persone.
Il film può andare bene per un pubblico italiano completamente a digiuno delle questioni della Venezia Giulia nel XX secolo, che prende tutto per oro colato. La banalità delle cose rappresentate è quasi un insulto, con troppi falsi storici, come la deportazione degli abitanti di interi villaggi, poi massacrati. Con ciò non voglio dire che l'argomento non dev'essere affrontato, anzi, comunque mi aspettavo una maggiore obiettività . Credo che tale sceneggiato avrà offeso anche buona parte degli esuli, perché dallo stesso sembra che coloro che dovettero andarsene non fossero altro che italiani della penisola venuti in una terra non loro. Niente di più falso!

Kristjan Knez

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#43 Messaggio da soccorsorosso »

ho riletto con calma tutti i post
non mi sembra di essere caduto in un delirio
ho espresso soltanto la mia opinione e sono stato considerato un estremista
non sono in cattiva compagnia,per fortuna
Helmut, Banito,vivo a trecento metri da una foiba, conosco tante storie,
il mio paese ha avuto vittime da entrambi le parti,
accetto malvolentieri lezioni da parte Vostra circa il tema del forum, la mia esperienza è diretta e senza censure
lascio a Voi la scelta tra 40 giorni con Tito e 22 anni con il fascismo....
venite a trovarmi, Vi ospito io, e Vi porto a vedere i paesi incendiati nel 1944, sono ancora lì, mai ricostruiti,lo sapevate?
per Balkan, è vero scrivo poco ma seguo molto, e tra tutti i forumisti l'unico che mi rattrista sei tu, fortuna che l'allegria degli altri compensa la tua pochezza

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#44 Messaggio da wolf.55 »

Soccorsorosso, apprezzo l'ultimo post.

Ma:
- alla Jugoslavia la guerra l'ha dichiarata il Regno d'Italia e non il Partito Nazionale Fascista;
- dopo l'8 settembre 1943 nelle zona che indichi non c'erano truppe italiane.

Permettimi una piccola provocazione, come mai il soldato italiano, nella seconda guerra mondiale, in Africa, Balcani, Russia, Francia e cieli dell'Inghilterra, ha operato in un modo e solo in Croazia e Slovenia in un altro?

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Helmut
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#45 Messaggio da Helmut »

soccorsorosso ha scritto:Helmut, Banito,vivo a trecento metri da una foiba, conosco tante storie
Anch'io.
"Innalzare templi alla virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio."

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