ma quando è successo?Stickman ha scritto:Eccomi nel club.
Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Per il mio ego può bastare che SCB mi citi nella sua firma, tutto il resto è noia.
Cicciuzzo 1.6.2016
Mi spiegate come postare le immagini, sono scemo oltre che cornuto
Furore 1.3.2017
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- OSCAR VENEZIA
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Ho dimenticato di dire che io la chiamo " zoccolona" ( solo quando siamo da soli o in presenza di qualche amico fidato)OSCAR VENEZIA ha scritto:Una mia conoscente mi dice sempre " majalino".
Quando ci rincontriamo : " majalino mi hai tradito?"
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
majalino con zoccolona non lo trovo equiparato, io avrei preteso almeno porcelloneOSCAR VENEZIA ha scritto:Ho dimenticato di dire che io la chiamo " zoccolona" ( solo quando siamo da soli o in presenza di qualche amico fidato)OSCAR VENEZIA ha scritto:Una mia conoscente mi dice sempre " majalino".
Quando ci rincontriamo : " majalino mi hai tradito?"
...step into this room and dance for me
Brava persona.
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
alle medie e superiori che ho frequentato c'era una ragazza piuttosto cessa, che nessuno si sarebbe scopato sotto tortura. Lei però era una ninfomane, col chiodo fisso del cazzo in testa (il che purtroppo cozzava con l'aspetto fisico, poverina). Aveva l'abitudine di venirti addosso cercando di far toccare alla tua mano il suo culo, la zona vagina o il seno per poi urlarti "sei un porco!". era una barzelletta vivente.
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
se non me lo dicono mi offendo !


"Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore." Ennio Flaiano
“Cercava la rivoluzione e trovò l'agiatezza.” Leo Longanesi
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
tutti i giorni mi chiamano porco
come lo vuoi chiamare Dio?
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Tu lo sai che sei su SZ vero? [Parakarro]
Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
hey tu porco levale le mani di dosso
sta vita te sfreggia, primo nun se cazzeggia
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Ritorno al futuroXCLARAX ha scritto:hey tu porco levale le mani di dosso
Una volta lo facevano in televisione due volte all'anno...

An idle mind is the devil's playground/Si, ma la NATO?
"Nel lungo periodo saremo tutti morti" John Maynard Keynes
Membro dell'ala intelligente del forum dal 07/02/22
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
porco no, porcello sempre.
una donna non può dire al proprio "sei un porco", può dire "sei un porcello". ma è la stessa cosa, fidatevi
una donna non può dire al proprio "sei un porco", può dire "sei un porcello". ma è la stessa cosa, fidatevi
Il sentimento più sincero rimane sempre l'erezione
Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Anche a me,solo porcello o porcellino, mai porco. A me invece piacerebbe dire a una donna "sei una troia"...mi piacerebbe ma non ci riesco,mi contengo.
"Big trouble in little vachina"
"ANNO STATI I ROMS!!"
#COLPADELSINDICO!!!!1!
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
anche io, ma qualche volta mi scappa. ma in qualche modo è lei che me la mette in bocca (quella parola
)

Il sentimento più sincero rimane sempre l'erezione
Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Ma quanto casso trombate?
Per la miseria
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Cicciuzzo 1.6.2016
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
l'ultima volta è stata venedi sera. intorno alle 23.40
Il sentimento più sincero rimane sempre l'erezione
Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Ogni volta che faccio sesso con mia moglie, anzi e' raro quando non me lo dice..e puntualmente io gli dico sempre che e' una gran troia e via dicendo!!!
Adriana Chechik ti amo Emily ti amissimo Martina un altro livello
LA MIA TOP 3 PORNOSTAR 1. Adriana Chechik 2. Riley Reid 3. Alina Lopez (bionda)
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Re: Quante volte una donna vi ha detto "porco"?
Domenica, ripetutamente. Seguono particolareggiati dettagli
L’Après midi d’un porc
S. è una grandissima “maiala”. Una spudorata, deliziosa, grandissima, maiala. Scrivo tenendo aperta sullo schermo del PC una sua foto che la ritrae seduta a cavalcioni all’incontrario su di una sedia, nuda, se si eccettuano degli assurdi calzari S/M con tacco a spillo da almeno 12 cm e lacci e lacciuoli assortiti, i guanti di pelle nera lunghi sino al gomito e la catenina a giro vita. In aggiunta, ci sono i tatuaggi: due, simmetrici sui fianchi, ed un terzo appena sopra il fondoschiena. Sorta di via di mezzo fra disegni tribali e delicati tralci di fiori in stile liberty. Molto, molto graziosi. I capelli sono corti e neri, pettinati un po’ alla Valentina di Crepax,

le labbra carnose e sensuali, leggermente arcuate verso il basso, stile Jeanne Moreau (quando si tratta di labbra arcuate verso il basso mi viene sempre e solo in mente Jeanne Moreau, sono un po’ limitato. Ovviamente non quella incartapecorita di adesso, ma quella di Jules e Jim).

I seni sono perfetti, stupendi, il fondoschiena, da Brasiliana doc. Insomma, una gran fica, almeno secondo i miei personalissimi canoni estetici, che notoriamente guardano di buon occhio alla donna un tantino truzza.
S. è una grandissima maiala ed io, come lei mi ha più volte ripetuto, “sono un porco” (cosa di cui vado alquanto orgoglioso). Questo è il resoconto del nostro incontro.
Venerdì pomeriggio scorso. Sono a casa dal lavoro. Sfoglio a ritroso le pagine del mio diario alla ricerca di un tratto di evidenziatore giallo. E’ il segno convenzionale che da qualche tempo appongo per contrassegnare le mie giornate di sesso. L’ultima risale all’inizio di Ottobre; quasi due mesi fa. Un tempo inconcepibile per molti, ma per me tutto sommato una normalità, soprattutto ora che comincio ad entrare in quella fase della vita in cui i morsi implacabili e costanti dell’appetito sessuale pian piano vanno lasciando il posto a sporadici attacchi di fame, tanto intensi quanto di breve durata, intervallati da lunghi periodi di indifferenza al richiamo del sesso.
Comunque, due mesi sono pur sempre due mesi, e sebbene in realtà non sia ancora arrivato nella zona rossa di emergenza, mi dico che tutto sommato un giretto sui siti di annunci me lo posso anche fare, giusto per vedere come butta in questo periodo. Ed è così che mi imbatto in S. Ed è infatuazione sin dal primo momento. Ed è immediato fremito a livello del bassoventre. Ed è scomposta e affannosa ricerca di matita e foglietto di carta dove annotare il nome ed il numero di telefono e di portafogli dove poi imboscarlo.
Dovere e piacere
Venerdì – ore 18 circa – nel buio della mia auto, nel parcheggio del supermercato
Questa sera so di avere degli impegni a cui non posso venire meno. Devo andare alla lezione di ballo. E dopo la lezione DEVO fermarmi a ballare. “Marinare” per andare a casa di S. è un lusso che non mi posso permettere. E se anche decidessi di farlo, soggiacendo alla mia debolezza, dopo me ne pentirei amaramente. Il motivo? E’ semplice, si potrebbe forse riassumere con il vecchio detto “Prima il dovere e poi il piacere”, purché sia chiaro che qui si parla di dovere nei confronti di se stesso (in quanto di imparare a ballare non me l’ha prescritto il medico della mutua). Ma forse si potrebbe andare ancora più vicini al punto della questione citando il principio della “Lectio difficilior” : è dalle cose più difficili che si impara di più. E ballare è certamente molto più difficile che fare sesso. Di contro, fare sesso è, indubbiamente, come minimo altrettanto piacevole che ballare, ma per lo meno arrivati a questo punto della mia vita non mi riserva più molte sorprese. Inoltre, ballare e scopare sono due cose simili ma al tempo stesso antitetiche:
“Il ballo è l’espressione verticale di un desiderio orizzontale” (come dice Jennifer Lopez in Shall We Dance, ma pare che l’aforisma sia di Woody Allen, o di G.B. Shaw o di chissà chi altro) . Ma se il ballo è in qualche modo una sublimazione del sesso, andare direttamente al sesso vanifica completamente lo scopo del ballo.
E quindi andare questa sera da S. vanificherebbe tutto il percorso che ho fatto in questi mesi per ritrovare il gusto del contatto fisico con una donna appena accennato, lieve. Lo dico ancora in modo più diretto: il ballo è (fra le altre cose) un’ottima terapia per curare l’eccessiva dipendenza dal sesso, e di ciò io (il mio spirito) ho un grande bisogno.
Ciò nonostante, nulla mi impedisce di chiamarla, tanto per sentire che voce ha, dove abita e, soprattutto, per quanto tempo si ferma in città.
Prima telefonata
E così la chiamo. Risponde con voce sdolcinata “Ciao ammoreeeee!” seguito da alcune frasi difficilmente comprensibili, qualcosa tipo “Sono la regina del sesso” o qualcosa di simile. Di solito è un approccio che non mi piace. Preferisco toni più sobri ed asciutti. Però la voce è simpatica, ed io sono di buon umore. Mi faccio dare l’indirizzo e mi accommiato promettendole di farmi risentire. Le ho chiesto per quanto si ferma ma non sono sicuro che abbia capito la domanda. Non ha molta importanza, tanto poi si vedrà. Faccio per mettere in moto per tornarmene a casa quando sento il cellulare che ho nella tasca del giubbotto squillare. Prima che faccia in tempo ad estrarlo dalla tasca smette di suonare. Guardo il display e vedo che è lei. Mi chiedo perché diavolo mi abbia richiamato. Forse ha capito la domanda solo adesso e mi vuole rispondere? Forse vuole dirmi che si tratterrà solo per un paio di giorni? Io so che le mie chance maggiori per incontrarla sono fra domenica e lunedì, non prima. La curiosità è grande, ma alla fine decido di non richiamarla. Tanto se sarà destino di vedersi sarà destino.
Intermezzo lungo due giorni - Un piano ben architettato
Venerdì sera e sabato. Due giornate normali, vissute pienamente. Sono andato a ballare. E mi sono anche divertito. Come ci si diverte a ballare, niente di meno niente di più. E so che è stato “giusto” fare così. Ma sotto sotto il tarlo del sesso ricomincia a rodere ed io metto a punto mentalmente gli ultimi dettagli del mio piano, che poi sostanzialmente è basato su di una tattica assai semplice: conviene sempre tenersi un pomeriggio libero. Per questo ringrazio la mia lungimiranza nell’aver cortesemente declinato ogni possibile impegno per la giornata di domenica.
E così, un minuto dopo che la porta di casa si è chiusa ed il parentado è uscito di scena, entro subito in azione. So di non avere molto tempo, due ore appena. Sempre nell’ipotesi che S. sia ancora in zona, naturalmente, la qual cosa è ancora tutta da verificare. E’ una giornata fredda e ventosa, ed io ho bisogno, nel caso, di muovermi celermente e senza dare troppo nell’occhio. Ergo, niente automobile, meglio lo scooter, anche se quest’estate ho tolto il parabrezza e non l’ho più rimontato. Dato che la vestizione per proteggersi dal grecale pungente non sarà brevissima decido, ottimisticamente, di approntare tutto il necessario prima di telefonare ad S. che poi, se per caso la trovo, già lo so che per fare in fretta rischio di dimenticare qualcosa. Così dispongo ordinatamente sul letto i pantaloni di fustagno, la felpa a collo alto di cotone pesante, il bomber con il colletto di pelliccia, le calze di lana, i guanti invernali ed il buff. Sono quasi pronto per un Elefantentreffen, mi manca solo una moto degna di questo nome, ma arrivare poco oltre la Lanterna non dovrebbe essere un problema.
Ed ora, il momento topico: compongo il numero sul cellulare, premo il tasto di chiamata ed aspetto. Momenti di silenzio che sembrano anni, e la quasi certezza che una voce femminile fra poco dirà “Siamo spiacenti, il numero selezionato non è attivo”. Poi sento il beep beep della chiamata. E’ già un successo ma non è ancora detto; quando lei risponde la prima domanda che le faccio ovviamente è: “Ciao, sei ancora a Genova?”. Un momento di suspence e lei con la sua voce allegra risponde: “Sì”.
Sturm und drang - Un piano ben eseguito
Corro per le strade poco affollate di un gelido e grigio pomeriggio domenicale. Fa freddo, mi sono dovuto fermare ad un distributore per infilare i guanti pesanti ed il buff, ma non provo alcun disagio, tuttaltro. La corsa in moto mi corrobora, ed il pensiero di S. mi fa ignorare il freddo ed al contempo mi infonde una piacevole sensazione di calore in mezzo alle gambe.
Giunto sul posto tutto si svolge secondo consueti cliché: un primo giretto di ricognizione per localizzare il portone, una prima telefonata per annunciarsi, dieci minuti passati a gironzolare in attesa che trascorra il tempo concordato perché lei si prepari. Sono sempre i dieci minuti peggiori, quelli nei quali il fattore imponderabile sempre in agguato può sorprenderti: A) il conoscente o l’amico che si trova casualmente a passare di lì e che con aria curiosa e insinuante ti chiede “Oh ciao, ma tu che ci fai da queste parti?” B) il tipo strano con un telefonino in mano fermo dall’altra parte della strada e che continua a fissarti. Chi sarà mai? B1 )Un altro possibile cliente? B2) Il protettore? B3) forse uno sfaccendato qualunque?
In passato mi sono già capitate sia A) che B) , declinato in tutti i suoi sottocasi B1-B2-B3 ma questa volta nessuna avversa circostanza si manifesta, la strada è miracolosamente sgombra di gente, ed alle 15.00 parte la terza telefonata, proprio davanti al suo portone.
Ultimo piano numero 29 dice S. al citofono. Ed il portone che come al solito alla prima non si apre mai;ma è soltanto un attimo, e la paura passa.
Un bellissimo androne, un palazzo d’epoca molto elegante. Salgo le scale a piedi , velocemente, tanto che quando mi trovo di fronte ad una porta aperta rimango incerto per un momento, non pensavo di aver già salito tutti quei piani. Entro cautamente, con il timore di stare per infilarmi nell’appartamento sbagliato (questa ancora mi manca, ma c’è sempre una prima volta). Lei appare da dietro la porta, as usual.
Froggy - Alla bersagliera
Per una frazione di secondo rimango interdetto, me la immaginavo più alta ed il viso mi sembra diverso – detto francamente un po’ più bruttino, con fattezze tipicamente sudamericane, un pochettino schiacciato, da ranocchietta. Ma – lo dice anche il Papero - in foto sono sempre diverse. La guardo più attentamente, lo sguardo dal viso si sposta sul decolleté e sui fianchi. Vedo i tatuaggi, ora la riconosco per certo, è proprio lei. Lei mi guarda attentamente, mentre sg-ranocchia un biscotto e mi fa cenno di accomodarmi. E’affabile e simpatica, ed io allungo subito le mani.
Le palpo il sedere, le succhio i capezzoli. Lei mi lascia fare, divertita ed esordisce con il primo: “Sei un porco”. Per essere all’altezza dell’epiteto la sollevo da terra e la tengo così, con lei che mi cinge i fianchi con le gambe. Non è molto pesante e non faccio alcuna fatica. Avrei potuto sbottonarmi i pantaloni e penetrarla così, alla bersagliera, ma in quel momento quello che mi viene in mente è, molto più banalmente, posarla a terra ed incominciare a spogliarmi, il più rapidamente possibile, per non perdere neanche un istante di tempo.
Shame e dintorni
Due mesi di astinenza si fanno sentire indubbiamente, ma anche lei non si risparmia affatto. Il suo corpo ed il suo viso mi fanno impazzire. Noto che ha indosso quei suoi assurdi calzari S/M, quelli delle foto, con le cinghie di cuoio e le fibbie. Mi viene in mente ora – mentre scrivo - la Rosario Dawson di Sin City.

I giochi preliminari si fanno via via più pesanti. Glielo struscio sulle reni, glielo schiaffo in mezzo alle tette. Stiamo mimando un amplesso da tergo quando si sente una chiave girare nella serratura della porta. Lei non è allarmata, di conseguenza non lo sono neanche io. Presumo si tratti di un’amica con la quale divide l’appartamento e difatti di lì a breve una ragazza si affaccia alla porta della camera e ci saluta. Senza alcun imbarazzo la saluto anch’io. (Sono o non sono un porco?) S. mi chiede se ho voglia di fare qualcosa a tre. Le rispondo che mi piacerebbe ma che per ragioni di soldi preferisco rinunciare, e che comunque lei è già molto più che abbastanza. E’ tutto vero, ma per di più a una rapida occhiata la nuova venuta non mi è parsa essere chissà che. Incominciano i giochini orali. Il mio primo istinto sarebbe quello di contraccambiare, ed avvicino il volto ai genitali della ragazza. Ho già avuto modo di notare prima, e la cosa mi ha alquanto stupito, che la depilazione di S. non è totale. Non me ne faccio un grosso problema, ma certamente questo non è un bell’incentivo a praticare il sesso orale. Ma l’eccitazione ha il sopravvento; sono così infoiato che non desidero fare altro che leccarla. Avvicino la bocca alle sue parti intime, ma residui di odori corporei, un po’ troppo evidenti, risvegliano in me un barlume di prudenza. Decido sia meglio desistere. Peccato, ci sarebbe tutto un mondo da esplorare lì sotto.
Mi limito a leccarle la schiena, le cosce, i glutei, il collo, i seni ed i fianchi. Lecco i suoi meravigliosi tatuaggi.
Che la ragazza succhi molto bene l’ho ormai appurato, ma adesso sono curioso di vedere come cavalca. E così me la faccio venire sopra e mi faccio scopare per un bel po’. E’ lei a fare la prossima mossa: quando è stanca si sfila e si mette di nuovo a quattro zampe sul letto. I suoi orifizi sono in bella mostra, volendo potrei incularla facilmente, ma stranamente la cosa non mi stuzzica più di tanto (inoltre temo un supplemento rispetto al corrispettivo pattuito in apertura delle danze).
Decisamente avrei più voglia di leccarle la fica, cosa però che preferisco evitare. In sostanza, mi accontento di scoparla da dietro, in modo tradizionale. Ci diamo dentro per un bel po’, lei ancora mi stupisce chiedendomi di morsicarla sul collo. Eseguo con piacere, sento sotto i miei denti la sua carne tenera.
Dato che l’orgasmo stenta ad arrivare, mi sfilo da lei e dal condom e glielo rimetto in bocca. Per dare più forza alla cosa le chiedo anche di tenermi le palle ben strette con la mano. Nel frattempo le infilo medio e anulare in vagina e l’indice nell’ano. S. è allagata di piacere, non credo mi sia mai capitato prima con una professionista, non a questi livelli. Con la mano destra le accarezzo il collo e la nuca. E’ una pompinara piuttosto brava ma le manca quel quid. Ed io ora voglio soltanto godere. Mentre lei continua a stringermi le palle ed io a masturbarla, inizio a menarmelo in maniera vigorosa (E’ così che mi piace, sono un porco). Ancora meglio sarebbe se fosse lei a masturbarmi stando seduta col culo sulla mia faccia, ma non me la sento di spingermi sino a tanto. Quando finalmente sto per sborrare glielo rificco in bocca. Poi finalmente vengo, guardandomi nello specchio dell’armadio, con espressioni che mi ricordano un po’ quelle di Fassbender in Shame, durante la scena del Threesome. Ecco, adesso è tutto finito o quasi. Lei sputa il mio seme in un fazzoletto, poi estrae dall’armadio un collutorio e se ne ficca uno schizzo in bocca. Dopodiché si gira lentamente verso di me e suggella ancora una volta la conclusione dei nostri amplessi con un bel “Sei un porco”. Mi avvio in direzione della stanza da bagno.
Epilogo - delfini e suonatori
Siiamo quasi al commiato finale. Io le allungo il centone, lei mi contraccambia con un paio di bigliettini da visita. “Per i tuoi amici” mi dice. Ma io non ho amici. Intendo, non ho amici a cui darei uno di questi bigliettini. Finiranno direttamente nella scatola dei cimeli, mi dico, troppo compromettente tenerli nel portafoglio. Scambiamo alcuni convenevoli, ma ormai l’atmosfera si è stemperata; ci diamo un ultimo bacio e sono fuori. E’ stata una delle miglior scopate della mia vita. Adesso però ho voglia di fare una passeggiata.
Cammino lungo il molo dell’Acquario. Il vento è potente ma non mi dà alcun fastidio, al contrario.


Respiro a pieni polmoni, guardo i delfini, ascolto uno strano terzetto suonare la fisarmonica e cantare vecchie canzoni.
Scatto fotografie, ritorno a casa.
L’Après midi d’un porc
S. è una grandissima “maiala”. Una spudorata, deliziosa, grandissima, maiala. Scrivo tenendo aperta sullo schermo del PC una sua foto che la ritrae seduta a cavalcioni all’incontrario su di una sedia, nuda, se si eccettuano degli assurdi calzari S/M con tacco a spillo da almeno 12 cm e lacci e lacciuoli assortiti, i guanti di pelle nera lunghi sino al gomito e la catenina a giro vita. In aggiunta, ci sono i tatuaggi: due, simmetrici sui fianchi, ed un terzo appena sopra il fondoschiena. Sorta di via di mezzo fra disegni tribali e delicati tralci di fiori in stile liberty. Molto, molto graziosi. I capelli sono corti e neri, pettinati un po’ alla Valentina di Crepax,

le labbra carnose e sensuali, leggermente arcuate verso il basso, stile Jeanne Moreau (quando si tratta di labbra arcuate verso il basso mi viene sempre e solo in mente Jeanne Moreau, sono un po’ limitato. Ovviamente non quella incartapecorita di adesso, ma quella di Jules e Jim).

I seni sono perfetti, stupendi, il fondoschiena, da Brasiliana doc. Insomma, una gran fica, almeno secondo i miei personalissimi canoni estetici, che notoriamente guardano di buon occhio alla donna un tantino truzza.
S. è una grandissima maiala ed io, come lei mi ha più volte ripetuto, “sono un porco” (cosa di cui vado alquanto orgoglioso). Questo è il resoconto del nostro incontro.
Venerdì pomeriggio scorso. Sono a casa dal lavoro. Sfoglio a ritroso le pagine del mio diario alla ricerca di un tratto di evidenziatore giallo. E’ il segno convenzionale che da qualche tempo appongo per contrassegnare le mie giornate di sesso. L’ultima risale all’inizio di Ottobre; quasi due mesi fa. Un tempo inconcepibile per molti, ma per me tutto sommato una normalità, soprattutto ora che comincio ad entrare in quella fase della vita in cui i morsi implacabili e costanti dell’appetito sessuale pian piano vanno lasciando il posto a sporadici attacchi di fame, tanto intensi quanto di breve durata, intervallati da lunghi periodi di indifferenza al richiamo del sesso.
Comunque, due mesi sono pur sempre due mesi, e sebbene in realtà non sia ancora arrivato nella zona rossa di emergenza, mi dico che tutto sommato un giretto sui siti di annunci me lo posso anche fare, giusto per vedere come butta in questo periodo. Ed è così che mi imbatto in S. Ed è infatuazione sin dal primo momento. Ed è immediato fremito a livello del bassoventre. Ed è scomposta e affannosa ricerca di matita e foglietto di carta dove annotare il nome ed il numero di telefono e di portafogli dove poi imboscarlo.
Dovere e piacere
Venerdì – ore 18 circa – nel buio della mia auto, nel parcheggio del supermercato
Questa sera so di avere degli impegni a cui non posso venire meno. Devo andare alla lezione di ballo. E dopo la lezione DEVO fermarmi a ballare. “Marinare” per andare a casa di S. è un lusso che non mi posso permettere. E se anche decidessi di farlo, soggiacendo alla mia debolezza, dopo me ne pentirei amaramente. Il motivo? E’ semplice, si potrebbe forse riassumere con il vecchio detto “Prima il dovere e poi il piacere”, purché sia chiaro che qui si parla di dovere nei confronti di se stesso (in quanto di imparare a ballare non me l’ha prescritto il medico della mutua). Ma forse si potrebbe andare ancora più vicini al punto della questione citando il principio della “Lectio difficilior” : è dalle cose più difficili che si impara di più. E ballare è certamente molto più difficile che fare sesso. Di contro, fare sesso è, indubbiamente, come minimo altrettanto piacevole che ballare, ma per lo meno arrivati a questo punto della mia vita non mi riserva più molte sorprese. Inoltre, ballare e scopare sono due cose simili ma al tempo stesso antitetiche:
“Il ballo è l’espressione verticale di un desiderio orizzontale” (come dice Jennifer Lopez in Shall We Dance, ma pare che l’aforisma sia di Woody Allen, o di G.B. Shaw o di chissà chi altro) . Ma se il ballo è in qualche modo una sublimazione del sesso, andare direttamente al sesso vanifica completamente lo scopo del ballo.
E quindi andare questa sera da S. vanificherebbe tutto il percorso che ho fatto in questi mesi per ritrovare il gusto del contatto fisico con una donna appena accennato, lieve. Lo dico ancora in modo più diretto: il ballo è (fra le altre cose) un’ottima terapia per curare l’eccessiva dipendenza dal sesso, e di ciò io (il mio spirito) ho un grande bisogno.
Ciò nonostante, nulla mi impedisce di chiamarla, tanto per sentire che voce ha, dove abita e, soprattutto, per quanto tempo si ferma in città.
Prima telefonata
E così la chiamo. Risponde con voce sdolcinata “Ciao ammoreeeee!” seguito da alcune frasi difficilmente comprensibili, qualcosa tipo “Sono la regina del sesso” o qualcosa di simile. Di solito è un approccio che non mi piace. Preferisco toni più sobri ed asciutti. Però la voce è simpatica, ed io sono di buon umore. Mi faccio dare l’indirizzo e mi accommiato promettendole di farmi risentire. Le ho chiesto per quanto si ferma ma non sono sicuro che abbia capito la domanda. Non ha molta importanza, tanto poi si vedrà. Faccio per mettere in moto per tornarmene a casa quando sento il cellulare che ho nella tasca del giubbotto squillare. Prima che faccia in tempo ad estrarlo dalla tasca smette di suonare. Guardo il display e vedo che è lei. Mi chiedo perché diavolo mi abbia richiamato. Forse ha capito la domanda solo adesso e mi vuole rispondere? Forse vuole dirmi che si tratterrà solo per un paio di giorni? Io so che le mie chance maggiori per incontrarla sono fra domenica e lunedì, non prima. La curiosità è grande, ma alla fine decido di non richiamarla. Tanto se sarà destino di vedersi sarà destino.
Intermezzo lungo due giorni - Un piano ben architettato
Venerdì sera e sabato. Due giornate normali, vissute pienamente. Sono andato a ballare. E mi sono anche divertito. Come ci si diverte a ballare, niente di meno niente di più. E so che è stato “giusto” fare così. Ma sotto sotto il tarlo del sesso ricomincia a rodere ed io metto a punto mentalmente gli ultimi dettagli del mio piano, che poi sostanzialmente è basato su di una tattica assai semplice: conviene sempre tenersi un pomeriggio libero. Per questo ringrazio la mia lungimiranza nell’aver cortesemente declinato ogni possibile impegno per la giornata di domenica.
E così, un minuto dopo che la porta di casa si è chiusa ed il parentado è uscito di scena, entro subito in azione. So di non avere molto tempo, due ore appena. Sempre nell’ipotesi che S. sia ancora in zona, naturalmente, la qual cosa è ancora tutta da verificare. E’ una giornata fredda e ventosa, ed io ho bisogno, nel caso, di muovermi celermente e senza dare troppo nell’occhio. Ergo, niente automobile, meglio lo scooter, anche se quest’estate ho tolto il parabrezza e non l’ho più rimontato. Dato che la vestizione per proteggersi dal grecale pungente non sarà brevissima decido, ottimisticamente, di approntare tutto il necessario prima di telefonare ad S. che poi, se per caso la trovo, già lo so che per fare in fretta rischio di dimenticare qualcosa. Così dispongo ordinatamente sul letto i pantaloni di fustagno, la felpa a collo alto di cotone pesante, il bomber con il colletto di pelliccia, le calze di lana, i guanti invernali ed il buff. Sono quasi pronto per un Elefantentreffen, mi manca solo una moto degna di questo nome, ma arrivare poco oltre la Lanterna non dovrebbe essere un problema.
Ed ora, il momento topico: compongo il numero sul cellulare, premo il tasto di chiamata ed aspetto. Momenti di silenzio che sembrano anni, e la quasi certezza che una voce femminile fra poco dirà “Siamo spiacenti, il numero selezionato non è attivo”. Poi sento il beep beep della chiamata. E’ già un successo ma non è ancora detto; quando lei risponde la prima domanda che le faccio ovviamente è: “Ciao, sei ancora a Genova?”. Un momento di suspence e lei con la sua voce allegra risponde: “Sì”.
Sturm und drang - Un piano ben eseguito
Corro per le strade poco affollate di un gelido e grigio pomeriggio domenicale. Fa freddo, mi sono dovuto fermare ad un distributore per infilare i guanti pesanti ed il buff, ma non provo alcun disagio, tuttaltro. La corsa in moto mi corrobora, ed il pensiero di S. mi fa ignorare il freddo ed al contempo mi infonde una piacevole sensazione di calore in mezzo alle gambe.
Giunto sul posto tutto si svolge secondo consueti cliché: un primo giretto di ricognizione per localizzare il portone, una prima telefonata per annunciarsi, dieci minuti passati a gironzolare in attesa che trascorra il tempo concordato perché lei si prepari. Sono sempre i dieci minuti peggiori, quelli nei quali il fattore imponderabile sempre in agguato può sorprenderti: A) il conoscente o l’amico che si trova casualmente a passare di lì e che con aria curiosa e insinuante ti chiede “Oh ciao, ma tu che ci fai da queste parti?” B) il tipo strano con un telefonino in mano fermo dall’altra parte della strada e che continua a fissarti. Chi sarà mai? B1 )Un altro possibile cliente? B2) Il protettore? B3) forse uno sfaccendato qualunque?
In passato mi sono già capitate sia A) che B) , declinato in tutti i suoi sottocasi B1-B2-B3 ma questa volta nessuna avversa circostanza si manifesta, la strada è miracolosamente sgombra di gente, ed alle 15.00 parte la terza telefonata, proprio davanti al suo portone.
Ultimo piano numero 29 dice S. al citofono. Ed il portone che come al solito alla prima non si apre mai;ma è soltanto un attimo, e la paura passa.
Un bellissimo androne, un palazzo d’epoca molto elegante. Salgo le scale a piedi , velocemente, tanto che quando mi trovo di fronte ad una porta aperta rimango incerto per un momento, non pensavo di aver già salito tutti quei piani. Entro cautamente, con il timore di stare per infilarmi nell’appartamento sbagliato (questa ancora mi manca, ma c’è sempre una prima volta). Lei appare da dietro la porta, as usual.
Froggy - Alla bersagliera
Per una frazione di secondo rimango interdetto, me la immaginavo più alta ed il viso mi sembra diverso – detto francamente un po’ più bruttino, con fattezze tipicamente sudamericane, un pochettino schiacciato, da ranocchietta. Ma – lo dice anche il Papero - in foto sono sempre diverse. La guardo più attentamente, lo sguardo dal viso si sposta sul decolleté e sui fianchi. Vedo i tatuaggi, ora la riconosco per certo, è proprio lei. Lei mi guarda attentamente, mentre sg-ranocchia un biscotto e mi fa cenno di accomodarmi. E’affabile e simpatica, ed io allungo subito le mani.
Le palpo il sedere, le succhio i capezzoli. Lei mi lascia fare, divertita ed esordisce con il primo: “Sei un porco”. Per essere all’altezza dell’epiteto la sollevo da terra e la tengo così, con lei che mi cinge i fianchi con le gambe. Non è molto pesante e non faccio alcuna fatica. Avrei potuto sbottonarmi i pantaloni e penetrarla così, alla bersagliera, ma in quel momento quello che mi viene in mente è, molto più banalmente, posarla a terra ed incominciare a spogliarmi, il più rapidamente possibile, per non perdere neanche un istante di tempo.
Shame e dintorni
Due mesi di astinenza si fanno sentire indubbiamente, ma anche lei non si risparmia affatto. Il suo corpo ed il suo viso mi fanno impazzire. Noto che ha indosso quei suoi assurdi calzari S/M, quelli delle foto, con le cinghie di cuoio e le fibbie. Mi viene in mente ora – mentre scrivo - la Rosario Dawson di Sin City.

I giochi preliminari si fanno via via più pesanti. Glielo struscio sulle reni, glielo schiaffo in mezzo alle tette. Stiamo mimando un amplesso da tergo quando si sente una chiave girare nella serratura della porta. Lei non è allarmata, di conseguenza non lo sono neanche io. Presumo si tratti di un’amica con la quale divide l’appartamento e difatti di lì a breve una ragazza si affaccia alla porta della camera e ci saluta. Senza alcun imbarazzo la saluto anch’io. (Sono o non sono un porco?) S. mi chiede se ho voglia di fare qualcosa a tre. Le rispondo che mi piacerebbe ma che per ragioni di soldi preferisco rinunciare, e che comunque lei è già molto più che abbastanza. E’ tutto vero, ma per di più a una rapida occhiata la nuova venuta non mi è parsa essere chissà che. Incominciano i giochini orali. Il mio primo istinto sarebbe quello di contraccambiare, ed avvicino il volto ai genitali della ragazza. Ho già avuto modo di notare prima, e la cosa mi ha alquanto stupito, che la depilazione di S. non è totale. Non me ne faccio un grosso problema, ma certamente questo non è un bell’incentivo a praticare il sesso orale. Ma l’eccitazione ha il sopravvento; sono così infoiato che non desidero fare altro che leccarla. Avvicino la bocca alle sue parti intime, ma residui di odori corporei, un po’ troppo evidenti, risvegliano in me un barlume di prudenza. Decido sia meglio desistere. Peccato, ci sarebbe tutto un mondo da esplorare lì sotto.
Mi limito a leccarle la schiena, le cosce, i glutei, il collo, i seni ed i fianchi. Lecco i suoi meravigliosi tatuaggi.
Che la ragazza succhi molto bene l’ho ormai appurato, ma adesso sono curioso di vedere come cavalca. E così me la faccio venire sopra e mi faccio scopare per un bel po’. E’ lei a fare la prossima mossa: quando è stanca si sfila e si mette di nuovo a quattro zampe sul letto. I suoi orifizi sono in bella mostra, volendo potrei incularla facilmente, ma stranamente la cosa non mi stuzzica più di tanto (inoltre temo un supplemento rispetto al corrispettivo pattuito in apertura delle danze).
Decisamente avrei più voglia di leccarle la fica, cosa però che preferisco evitare. In sostanza, mi accontento di scoparla da dietro, in modo tradizionale. Ci diamo dentro per un bel po’, lei ancora mi stupisce chiedendomi di morsicarla sul collo. Eseguo con piacere, sento sotto i miei denti la sua carne tenera.
Dato che l’orgasmo stenta ad arrivare, mi sfilo da lei e dal condom e glielo rimetto in bocca. Per dare più forza alla cosa le chiedo anche di tenermi le palle ben strette con la mano. Nel frattempo le infilo medio e anulare in vagina e l’indice nell’ano. S. è allagata di piacere, non credo mi sia mai capitato prima con una professionista, non a questi livelli. Con la mano destra le accarezzo il collo e la nuca. E’ una pompinara piuttosto brava ma le manca quel quid. Ed io ora voglio soltanto godere. Mentre lei continua a stringermi le palle ed io a masturbarla, inizio a menarmelo in maniera vigorosa (E’ così che mi piace, sono un porco). Ancora meglio sarebbe se fosse lei a masturbarmi stando seduta col culo sulla mia faccia, ma non me la sento di spingermi sino a tanto. Quando finalmente sto per sborrare glielo rificco in bocca. Poi finalmente vengo, guardandomi nello specchio dell’armadio, con espressioni che mi ricordano un po’ quelle di Fassbender in Shame, durante la scena del Threesome. Ecco, adesso è tutto finito o quasi. Lei sputa il mio seme in un fazzoletto, poi estrae dall’armadio un collutorio e se ne ficca uno schizzo in bocca. Dopodiché si gira lentamente verso di me e suggella ancora una volta la conclusione dei nostri amplessi con un bel “Sei un porco”. Mi avvio in direzione della stanza da bagno.
Epilogo - delfini e suonatori
Siiamo quasi al commiato finale. Io le allungo il centone, lei mi contraccambia con un paio di bigliettini da visita. “Per i tuoi amici” mi dice. Ma io non ho amici. Intendo, non ho amici a cui darei uno di questi bigliettini. Finiranno direttamente nella scatola dei cimeli, mi dico, troppo compromettente tenerli nel portafoglio. Scambiamo alcuni convenevoli, ma ormai l’atmosfera si è stemperata; ci diamo un ultimo bacio e sono fuori. E’ stata una delle miglior scopate della mia vita. Adesso però ho voglia di fare una passeggiata.
Cammino lungo il molo dell’Acquario. Il vento è potente ma non mi dà alcun fastidio, al contrario.


Respiro a pieni polmoni, guardo i delfini, ascolto uno strano terzetto suonare la fisarmonica e cantare vecchie canzoni.
Scatto fotografie, ritorno a casa.
Pensiero Dominante, forumista temporaneamente de-gnokkizzato
La gioventù resiste a tutto, ai re e alle poesie e all'amore. A tutto, ma non al tempo
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