Articolo da "Il Manifesto"
Riporto pari pari
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Shangai, tutti al bar con mamasan
Si chiamano «ktv», sono i bar con karaoke dove giovani donne cinesi delle campagne si vendono ai boss in visita. Duecento euro per la stanza e 30 per la ragazza, così i «laoban» trovano qualcuno con cui confidarsi. I loro segreti valgono molto, e c'è chi prova a comprarli
Dal ristorante si intravedono le luci che indicano la ktv, il bar karaoke. Gli uomini seduti intorno al tavolo chiacchierano, uno di loro telefona. Sta prendendo l'appuntamento con le «fidanzate». Poco prima di alzarsi, mentre un energico cinese chiede rumorosamente il conto, il boss zittisce la tavola e chiarisce le cose: «La prima regola è che tutto ciò che vedrai stasera, deve rimanere lì dentro». La seconda regola, prosegue, «è che tutto ciò che vedrai stasera, deve rimanere lì dentro». Messaggio chiaro.
Si esce dal ristorante, si attraversa la strada e si giunge all'ingresso del grattacielo. A uno dei piani più alti è racchiuso il bar karaoke. L'ascensore è luminoso e grande come un bagno medio di una stanza di un albergo medio a Shanghai. Appena arrivati risuonano le voci, il buio e il fumo dei corridoio. E' l'ingresso della Ktv, luogo dove molti boss cinesi vanno a confidare i propri segreti, amarezze, gioie. Pagano le ragazze per stargli accanto, bere e cantare insieme. In alcuni casi si può andare anche parecchio oltre. Un corridoio lungo, sui cui lati si aprono le porte di piccole stanze da cui arrivano note musicali, canzone ubriache e urla di birra e whisky. Dentro alcune ragazze sono già sedute. Gli ospiti sono abituali, si conoscono da tempo. Addirittura annunciano con anticipo il proprio arrivo, per trovare le proprie ragazze già pronte. Per tre ore circa si canta, si parla, si ride, ci si ubriaca e si fuma. Poi ognuno per la sua strada.
Karaoke television
«Non è sempre così, in molti casi le ragazze seguono l'uomo anche a casa o in albergo, dipende». X. D. muove la mani veloci, ha le braccia bianche contrassegnate da pendagli e piccoli bracciali. Ha 32 anni ed è una mamasan, una pimp, una ragazza che gestisce altre ragazze all'interno di una ktv. Vive a Shanghai da circa dieci anni, ha compiuto tutta la scalata dai massaggi, alla dama di compagnia, fino a diventare una business woman dei bordelli di Shanghai. È arrivata dalle zone rurali dell'Hebei, dove ha la famiglia e la sua vita futura. Un manager taiwanese, abituale frequentatore del luogo, specifica: «La vita delle mamasan è come quella dei calciatori: breve e intensa, una corsa continua ad accumulare soldi e ricchezze per poi tornare al proprio paese di origine, comprarsi una casa e magari sposarsi. La loro vita però è miserevole». Lei, alta e con un fisico nervoso, chiarisce: «Sposarsi non è facile, un po' perché in Cina a 30 anni sei vecchia e un po' perché lavorare in certi posti, anche se distante da casa, è un marchio indelebile. Nessuno vuole sposarsi con una prostituta».
Da ragazza di compagnia a prostituta, come si compie questo passo? Lei sospira e beve un sorso di cocacola. Siamo in un mega complesso commerciale a Shanghai, vicino al luogo in cui lavora: «Ci sono diversi tipi di bar karaoke, diverse tipologie, da quelli più chic a quelli più economici». Naturalmente le cifre sono diverse: «Per prenotare una stanza in una ktv media si possono spendere fino a 200 euro a notte, poi ci sono almeno 30 euro da dare alla ragazza al termine della serata, infine nel caso in cui la ragazza vada in albergo o in casa, le cifre salgono notevolmente». Naturalmente ogni karaoke offre le proprie specialità, comprese studentesse cinesi che parlano inglese. Loro arrotondano, gli stranieri sono a proprio agio. X.D. racconta un episodio che spiega bene la normalità di questi luoghi e di certe pratiche, qui in Cina: «Gli uomini hanno voglia di confidarsi, più facile farlo con una ragazzina sveglia e disponibile che con la propria moglie. E noi mamasan siamo anche una sorta di termometro della situazione. Abbiamo una marea di informazioni, conosciamo il lavoro, l'azienda, i più reconditi segreti di queste persone. Per dirti, un manager di un noto marchio di liquori mi ha offerto molti soldi per consegnargli tutti i biglietti da visita dei laoban (i boss cinesi, ndr) che arrivano in questo posto.»
Saune, parrucchieri e massaggi
Poco prima delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della Repubblica Popolare, il governo ha lanciato perfino una campagna: niente sesso nelle ktv. Questo perché insieme al sesso, non sono poche le occasioni di incidenti, risse o figure pubbliche di dubbio gusto. «Sono posti loschi, spesso sono gestiti da funzionari del partito e da poliziotti: stiamo parlando di attività illegali, per quanto comuni», chiosa X.D.
«Sono arrivata a Shanghai perché un'amica mi ha detto che avrei trovato lavoro. Pensavo di fare massaggi, non mi aspettavo certo di vendere servizi sessuali. Però una volta che mi sono ritrovata qui non potevo mica tornare a casa a mani vuote. Ai miei genitori ho detto che lavoro come massaggiatrice. Ho iniziato con i massaggi speciali, poi sinceramente, una volta visti tutti i soldi che tiravano su le mie amiche offrendo un servizio completo mi sono detta, perché no!». S. N. ha ventidue anni, arriva da Fuzhou, capoluogo della regione Fujian, sud est cinese. Lavora in una sauna di Shanghai, appoggiata alla concessione francese. Dorme in una casa con altre dieci ragazze, i boss le pagano vitto e alloggio, ma lavora 12 ore al giorno. Il servizio di sauna, infatti, è aperto 24 ore su 24. S. N. ha un fidanzato che l'aspetta. «Ogni cliente mi permette di mettere da parte da 30 a 40 euro. In alcuni casi tutto si consuma piuttosto in fretta, pensavo peggio». Saune e centri massaggi sono altri posti dove brulica la prostituzione made in China. Dopo le docce, i bagni, si salgono i piani del centro «benessere», fino ad arrivare ad una specie di reception dove sono esposti i prezzi dei servizi. Sono indicati i massaggi alla schiena, ai piedi. Poi improvvisamente i nomi diventano tra il poetico e il grossolano (scala d'oro verso il cielo, cose del genere) accompagnati da prezzi esorbitanti. Sono i servizi speciali offerti dalla casa.
«Non è un bel lavoro - prosegue S.N. - ci mancherebbe altro, ma meglio così che andare nelle lobby dei grandi alberghi ad aspettare stranieri da abbordare, bussando alle porte e passando mazzette a portieri e inservienti. Qui se ci succede qualcosa per i clienti sono guai: siamo protette e controllate, anche in termini igienici. Non è mica per tutta la vita». Oltre alla saune ci sono i negozi di parrucchiere, o yellow store come vengono chiamati in gergo. Lì le ragazze attendono su divani, appena visibili dall'esterno, grazie alle vetrine offuscate. Il cliente arriva, viene portato in una stanzetta solitamente puzzolente e vagamente sinistra. Poi si paga e si esce. A gestire tutto un lenone, spesso appollaiato su uno sgabello all'interno, intento a mangiare qualcosa, mentre le ragazze stancamente guardano una tv appesa al soffitto. «200 rmb, circa 20 euro, a prestazione. Agli stranieri chiediamo il doppio», mi dice il cinese. È indispettito. Anche questi posti sono illegali, ma qualche mazzetta nelle mani del poliziotto giusto risolve molti problemi. Poi c'è chi si arrangia e si gestisce in proprio: è il caso del pimp on line. Strumento preferito QQ, il messenger cinese: in una chat si raggiungono gli accordi migliori. «Non c'è timidezza nel fare richieste e sapere i prezzi», afferma una ragazza che utilizza internet per contattare i propri clienti.
Prostituzione e molestie
Sebbene la prostituzione in Cina sia illegale, lo Human Rights Report del 2008 stima che il giro d'affari sia di circa 1,7 milioni di euro, con almeno 6 milioni di donne coinvolte. Secondo i media di stato cinesi, su cinque saloni di massaggi almeno uno esercita attività di prostituzione. Un dato che aumenta nelle grandi città.
Nel dicembre 2008 Xinhua, l'agenzia di stampa ufficiale cinese, ha riferito che secondo le autorità sanitarie di Pechino solo il 47% degli oltre 90mila lavoratori del sesso utilizza preservativi, sottolineando come il sesso sia ormai la prima forma di trasmissione dell'Aids. Anche se il governo ha compiuto alcuni sforzi per reprimere il commercio del sesso, sono spesso i funzionari locali a ritrovarsi complici e soci in affari di attività illegali legate alla prostituzione. Non manca una stretta collaborazione, in molti casi, tra gangster, polizia ed esponenti dell'esercito.
Dal 2005, sebbene sia stata modificata la legge sulla tutela dei diritti della donna, il numero di molestie sessuali nei confronti delle donne è aumentato notevolmente. Nel mese di giugno del 2008 un tribunale di Chengdu ha condannato un dirigente di una società high-tech a cinque mesi di carcere per aver molestato un' impiegata di sesso femminile. Si è trattato della prima condanna per molestie sessuali in Cina. Un anno fa, appena.