Mi sbaglio o gli USA sono al 130%?dboon ha scritto:P.I.I.G.S
I PIGS mostrano quasi tutti un debito pubblico molto elevato. Infatti, nel 2010 esso era:
142% del PIL in Grecia;
119% del PIL in Italia;
96% del PIL in Irlanda;
83% del PIL in Portogallo;
60% del PIL in Spagna.
http://it.wikipedia.org/wiki/PIGS
[O.T.] Crisi economica
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Re: [O.T.] Crisi economica
Da Dove cazzo vieni comunque soldato? Signore Texas Signore!
Strano io ho sempre saputo che nel Texas ci nascono solo tori e checche soldato cow-boy. Tu l'aria del toro non ce l'hai neanche un po' quindi il cerchio si restringe.
PS: ma quanto è bello SuperZeta con i server nuovi di zecca.
Strano io ho sempre saputo che nel Texas ci nascono solo tori e checche soldato cow-boy. Tu l'aria del toro non ce l'hai neanche un po' quindi il cerchio si restringe.
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Re: [O.T.] Crisi economica
pure gli inglesi fanno tanto i fighi ma ogni tanto spunta un'altra "G" (PIIGGS).
c' è anche un accenno di sottofondo razziale verso i popoli mediterranei, ma Irlanda, Uk e USA non mi sembrano mediterranei. Vabbè che gli irlandesi erano considerati alla stregua dei pellerossa (o negri bianchi) dai sudditi di sua maestà, e poi sono cattolici, spazzatura umana.
c' è anche un accenno di sottofondo razziale verso i popoli mediterranei, ma Irlanda, Uk e USA non mi sembrano mediterranei. Vabbè che gli irlandesi erano considerati alla stregua dei pellerossa (o negri bianchi) dai sudditi di sua maestà, e poi sono cattolici, spazzatura umana.
“E' vero che in Russia i bambini mangiavano i comunisti?"
"Magari è il contrario, no?"
"Ecco, mi sembrava strano che c'avessero dei bambini così feroci.”
"Magari è il contrario, no?"
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Re: [O.T.] Crisi economica
super_super ha scritto:nessuno dice niente sul possibile fallimento degli usa ?
io non ci capisco una sega di economia , ma temo che se falliscono gli usa ci sarà un effetto domino non da poco
se fanno default cinesi russi arabi si trovano con 4000 miliardi di dollari in t-bond che diventano buoni per pulirsi il culo...
il congresso americano approverà la legge sul tetto di spesa
gl investitori chiederanno qualche punto di interess ein più e la cosa si sistemerà
donne italiane!
se sentite il bisogno di azioni concrete...
FATE POMPINI!!!!
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Re: [O.T.] Crisi economica
ok!cimmeno ha scritto:super_super ha scritto:nessuno dice niente sul possibile fallimento degli usa ?
io non ci capisco una sega di economia , ma temo che se falliscono gli usa ci sarà un effetto domino non da poco
se fanno default cinesi russi arabi si trovano con 4000 miliardi di dollari in t-bond che diventano buoni per pulirsi il culo...
il congresso americano approverà la legge sul tetto di spesa
gl investitori chiederanno qualche punto di interess ein più e la cosa si sistemerà
ma per assurdo... mettiamo che una super potenza come gli usa fallisca... ok, arabi,cinesi etc etc s'incazzano perchè perdono 4k di miliardi... e allora?!?!!? cosa gli fai agli USA?! li cannoneggi?! Li sanzioni?!
Uno staterello lo inculi a fondo... ma agli usa..
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Re: [O.T.] Crisi economica
L’euro: una moneta bacata?
Il valore di una moneta creata “per decreto” è sempre soggetto agli umori dei governanti
di Larry White
È ovvio che l’euro presenta gravi carenze. Come standard monetario, non è l’esito di un’evoluzione guidata dalla mano invisibile del mercato, ossia dalle decisioni decentrate di milioni di utenti. Non si tratta certo della migliore alternativa possibile, uno standard monetario consacrato da Dio. Al contrario, quel che abbiamo è il prodotto di politici e tecnocrati, riuniti in comitati.
Basta cercare su Google i due termini “euro” e “flawed” (ossia difettoso, carente) per ottenere più di due milioni di risultati. E questo solo per i testi in lingua inglese.
Quasi tutti i commentatori concordano sul fatto che l’euro, da più diversi punti di vista, presenta gravi limiti. Dico “quasi tutti”, invece che “assolutamente tutti”, perché ogni tanto i funzionari della Banca centrale europea (Bce) partecipano al dibattito e costoro, ovviamente, devono ancora trovare un solo difetto nell’euro o nella Banca centrale che l’emette.
Il consenso diminuisce drasticamente quando si cerca di capire sotto quale aspetto l’euro sia difettoso o quali caratteristiche dovrebbe avere un sistema valutario più vicino all’ideale.
Quando uno speculatore come George Soros dichiara che «l’euro è una creazione scadente», com’è avvenuto in un convegno tenuto a Berlino lo scorso anno che ebbe grande eco sulla stampa, intende dire che l’euro necessita di essere sostenuto da un’unione politica più salda, da un singolo welfare state paneuropeo, che renda possibile adottare per l’intera Europa una sola politica fiscale (vale a dire, un unico insieme di decisioni relative a tassazione e spesa pubblica) insieme a una sola politica monetaria. Nelle ultime settimane anche il governatore della Bce, Jean-Claude Trichet, ha iniziato a lamentare l’assenza di un ministero delle finanze europeo che centralizzi le politiche fiscali degli Stati membri. L’Europa non deve assolutamente cedere all’illusione che una maggiore centralizzazione del potere possa risolvere i suoi problemi. È certamente possibile che due o più paesi possano avere una moneta comune pur conservando la propria indipendenza fiscale: è quanto avveniva nell’ambito del gold standard classico, il sistema monetario basato sull’oro, sul quale tornerò più avanti. Soros spera che, con un governo paneuropeo, la prudente Germania non sia più il solo gallo nel pollaio. In tal caso la Bce potrebbe perseguire una politica monetaria più rilassata che, nelle speranze di Soros, curerebbe i problemi dei paesi contraddistinti da economie deboli e crescenti problemi di debito pubblico. Purtroppo, temo che questo punto di vista sia alquanto diffuso.
Quando l’ex governatore della Banca centrale olandese André Szász dice che l’euro aveva gravi difetti fin dalla sua creazione, come ha fatto all’inizio dell’anno, intende evocare una tesi opposta a quella di Soros, ossia che è un errore stabilire una “politica monetaria a taglia unica”, perché questa politica sarà troppo flessibile per alcuni paesi e troppo rigida per altri ossia, per usare i suoi termini, i tassi d’interesse saranno “troppo bassi” per gli uni e “troppo alti” per gli altri. Paul Krugman ha avanzato una critica analoga, così come ha fatto in Francia Marine Le Pen, segretario del Front National. Questa analisi si fonda sul concetto di “area valutaria ottimale” e sostiene che, per poter condividere la medesima valuta, due o più economie debbano avere cicli economici “armonizzati”, di modo che una sola politica monetaria (ossia un medesimo tasso d’interesse) sia adatta a ciascuna di esse. Negli altri casi si ritiene che la svalutazione della moneta nazionale possa aiutare un’economia debole, riducendo la disoccupazione grazie a una riduzione dei salari reali o stimolando la crescita per mezzo di maggiori esportazioni.
Sono convinto che le due analisi si fondino su premesse erronee. Entrambe si basano su taluni pii desideri del pensiero keynesiano, in particolare sull’ardente speranza che una politica monetaria discrezionale, attuata con saggezza al momento più opportuno, possa migliorare o stabilizzare il rendimento reale di un’economia tramite il miglioramento o la stabilizzazione di variabili reali. In altri termini, le due tesi danno per scontata la capacità di sfruttare la curva di Phillips (riducendo la disoccupazione per mezzo di una svalutazione dell’unità di conto monetario), altrimenti detta la capacità di sfruttare l’“illusione monetaria” della forza-lavoro. A mio parere, la vera illusione è proprio l’idea di poter sfruttare la cosiddetta “illusione monetaria”. Una politica che consista nell’emissione di maggiore moneta svalutata in realtà non migliora il rendimento reale dell’economia, né attutisce il ciclo economico: essa, anzi, produce l’effetto contrario. I dati storici in merito a tale questione sono abbastanza chiari.
Per comprendere quali siano le fondamentali carenze dell’euro è più proficuo prendere in considerazione il fatto che l’euro è una moneta “per decreto” (fiat currency, che sta a significare più esattamente moneta a corso forzoso o moneta fiduciaria), vale a dire uno standard monetario cartaceo. L’investitore Jim Rogers – che in passato è stato in affari di George Soros, ma che ha convinzioni del tutto diverse dalle sue – è nel giusto quando afferma che «in generale la valuta cartacea è carente».
Il problema dell’incoerenza dinamica
Gli economisti hanno un termine tecnico per indicare il difetto fondamentale della moneta fiduciaria, che indicano con l’espressione “problema dell’incoerenza dinamica” (time-inconsistency problem) o “problema della credibilità dell’impegno” (credible commitment problem).
L’allegoria più classica del problema di incoerenza dinamica si trova nell’episodio dell’Odissea in cui Ulisse vuole ascoltare l’affascinante canto delle sirene, ma sa che, se non saprà impedirsi di abbandonare il timone della sua nave, verrà inesorabilmente attratto dalle sirene e farà naufragio sugli scogli. La soluzione è quella di farsi legare all’albero della nave dai propri compagni e tappare le loro orecchie con la cera. Ricorrendo letteralmente a un legame che gli impedisca di cedere alla tentazione, Ulisse ottiene un risultato migliore di quello che avrebbe avuto esercitando sul momento la propria libertà. Alla luce delle notizie di questi giorni, è davvero ironico che il personaggio che sa come vincolarsi per evitare un comportamento miope fosse proprio un greco.
Quando le banche centrali che emettono moneta fiduciaria dispongono del potere discrezionale di modificare di mese in mese la politica monetaria del Paese, facendo tutto quanto può apparire auspicabile al momento, si trovano alle prese con un problema analogo (il problema è stato portato all’attenzione degli economisti da Kydland e Prescott, che hanno ottenuto il Premio Nobel per l’economia in gran parte grazie al loro lavoro in questo campo). Le banche centrali sono soggette a pressioni affinché mantengano basso il livello dell’inflazione e, al tempo stesso, sono tenute a raggiungere un secondo obiettivo, che è incoerente con un’inflazione ridotta, vale a dire si chiede loro una rapida crescita della massa monetaria per ridurre la disoccupazione o redimere il debito. Per giunta, esse non devono temere alcuna punizione qualora non dovessero mantenere le due promesse. Di conseguenza, i soggetti privati che utilizzano euro (per fare un esempio) non possono sapere quale valore avrà la loro moneta di qui a cinque o dieci anni, a meno che non vi sia un impegno vincolante a mantenere una politica monetaria stabile. In assenza di un impegno genuinamente vincolante, l’inflazione sarà inutilmente elevata e variabile.
Sulla carta, ovviamente, la Banca centrale europea si è assunta l’impegno di mantenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento, ma dovendo venire alle prese con la richiesta di acquistare i buoni del Tesoro di Paesi fortemente indebitati (nonché di ritardare il giorno della resa dei conti nella crisi del debito sovrano di Grecia, Irlanda e Portogallo), l’impegno della Bce a mantenere un tasso di inflazione ridotto si sta sgretolando.
Confrontiamo questa situazione con quella che si avrebbe in un libero mercato contraddistinto dallo standard aureo (o basato sull’argento). Nell’ambito di un siffatto standard monetario, le società private che estraggono i metalli preziosi, le zecche che producono le monete e le banche che emettono banconote redimibili in oro e conti bancari trasferibili operano immancabilmente sotto il vincolo posto dai contratti e dalla concorrenza. Non esiste un problema di incoerenza dinamica nella politica monetaria, in quanto non vi è alcuna politica monetaria. Nessuno può esercitare un potere discrezionale sulla quantità di moneta disponibile.
Il problema, per chi crede nella supremazia del diritto (nella rule of law), consiste nel reintrodurre tali vincoli nella creazione della moneta. Se non proprio un gold standard, almeno un limite serio e applicabile alla moneta fiduciaria. Non è possibile credere nella rule of law e, al tempo stesso, nella discrezionalità del potere delle banche centrali.
Il problema dell’incoerenza dinamica era noto agli artefici dello statuto della Bce e ad alcuni dei primi rappresentanti della Banca, tra i quali facevano spicco l’economista tedesco, membro del Consiglio direttivo della Bce, Otmar Issig, e il primo presidente della stessa Bce, Wim Duisenberg. A loro credito, va detto che cercarono di legare la Bce all’albero, istituire un’approssimazione di rule of law, dotare l’euro di un impegno vincolante preventivo al mantenimento di una politica stabile. Lo statuto della Bce stabilisce che la Banca ha un impegno esclusivo al mantenimento della stabilità dei prezzi, definito poco tempo dopo dal consiglio direttivo nei termini di un’inflazione non superiore al 2 per cento. Il sito web ufficiale della Bce continua a dichiarare che: «La Bce mira a mantenere nel medio termine tassi d’inflazione annui, misurati in base all’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (HICP), ad un valore prossimo (e inferiore) al 2 per cento».
Nel 2000 ho partecipato a un dibattito pubblico con il professor Issig, all’epoca membro del Consiglio direttivo della Bce. In un convegno tenuto all’Institute of Economic Affairs di Londra, Issig aveva sottolineato il fatto che lo statuto della Banca centrale europea aveva risolto il problema dell’incoerenza dinamica vincolando irrevocabilmente la Bce al solo obiettivo della stabilità dei prezzi. Nella mia risposta affermai che era troppo presto per poter dire se l’impegno teorico della Bce sarebbe stato realmente vincolante nella pratica, una volta che fossero cresciute le pressioni miranti a realizzare altri obiettivi. Affinché un impegno sia vincolante, deve esservi una penalità per che chi lo viola. Disgraziatamente lo statuto della Bce non stabilisce alcuna sanzione per i funzionari che dovessero deviare dall’obiettivo esclusivo della stabilità dei prezzi. Nessuno di essi rischia di perdere il posto. Si tratta di un fondamentale errore di progetto. L’euro ha funzionato bene per una decina d’anni, ma oggi le sirene hanno preso a cantare.
Oggi la dirigenza della Bce, sotto pressione da parte dell’Unione europea e delle autorità fiscali degli Stati membri, sta violando il proprio dovere statutario, gonfiando il portafoglio della Banca con Buoni del Tesoro di dubbio valore emessi da Grecia, Irlanda e Portogallo, allo scopo di mantenere elevato il loro prezzo e diminuire il loro rendimento. La Bce sta cercando di sostenere i prezzi dei Buoni del tesoro in generale, in modo da ridurre il prezzo della rinegoziazione del debito pubblico, mantenendo i tassi di interesse ai livelli più bassi possibili: livelli che non sono compatibili con l’obiettivo di mantenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento.
Il risultato della nuova politica monetaria sta diventando evidente. Nel 2011 il tasso d’inflazione dell’euro è stato persistentemente al di sopra del 2 per cento promesso dalla Bce. L’indice HICP è cresciuto dal 100,6 del novembre 2010 al 113,1 del maggio 2011. Si tratta di sei mesi di inflazione ad un tasso su base annua del 4,5 per cento, oltre il doppio del tasso statutario. Di quanto sarà disposta a cedere ancora la Bce?
Il valore di una moneta creata “per decreto” è sempre soggetto agli umori dei governanti
di Larry White
È ovvio che l’euro presenta gravi carenze. Come standard monetario, non è l’esito di un’evoluzione guidata dalla mano invisibile del mercato, ossia dalle decisioni decentrate di milioni di utenti. Non si tratta certo della migliore alternativa possibile, uno standard monetario consacrato da Dio. Al contrario, quel che abbiamo è il prodotto di politici e tecnocrati, riuniti in comitati.
Basta cercare su Google i due termini “euro” e “flawed” (ossia difettoso, carente) per ottenere più di due milioni di risultati. E questo solo per i testi in lingua inglese.
Quasi tutti i commentatori concordano sul fatto che l’euro, da più diversi punti di vista, presenta gravi limiti. Dico “quasi tutti”, invece che “assolutamente tutti”, perché ogni tanto i funzionari della Banca centrale europea (Bce) partecipano al dibattito e costoro, ovviamente, devono ancora trovare un solo difetto nell’euro o nella Banca centrale che l’emette.
Il consenso diminuisce drasticamente quando si cerca di capire sotto quale aspetto l’euro sia difettoso o quali caratteristiche dovrebbe avere un sistema valutario più vicino all’ideale.
Quando uno speculatore come George Soros dichiara che «l’euro è una creazione scadente», com’è avvenuto in un convegno tenuto a Berlino lo scorso anno che ebbe grande eco sulla stampa, intende dire che l’euro necessita di essere sostenuto da un’unione politica più salda, da un singolo welfare state paneuropeo, che renda possibile adottare per l’intera Europa una sola politica fiscale (vale a dire, un unico insieme di decisioni relative a tassazione e spesa pubblica) insieme a una sola politica monetaria. Nelle ultime settimane anche il governatore della Bce, Jean-Claude Trichet, ha iniziato a lamentare l’assenza di un ministero delle finanze europeo che centralizzi le politiche fiscali degli Stati membri. L’Europa non deve assolutamente cedere all’illusione che una maggiore centralizzazione del potere possa risolvere i suoi problemi. È certamente possibile che due o più paesi possano avere una moneta comune pur conservando la propria indipendenza fiscale: è quanto avveniva nell’ambito del gold standard classico, il sistema monetario basato sull’oro, sul quale tornerò più avanti. Soros spera che, con un governo paneuropeo, la prudente Germania non sia più il solo gallo nel pollaio. In tal caso la Bce potrebbe perseguire una politica monetaria più rilassata che, nelle speranze di Soros, curerebbe i problemi dei paesi contraddistinti da economie deboli e crescenti problemi di debito pubblico. Purtroppo, temo che questo punto di vista sia alquanto diffuso.
Quando l’ex governatore della Banca centrale olandese André Szász dice che l’euro aveva gravi difetti fin dalla sua creazione, come ha fatto all’inizio dell’anno, intende evocare una tesi opposta a quella di Soros, ossia che è un errore stabilire una “politica monetaria a taglia unica”, perché questa politica sarà troppo flessibile per alcuni paesi e troppo rigida per altri ossia, per usare i suoi termini, i tassi d’interesse saranno “troppo bassi” per gli uni e “troppo alti” per gli altri. Paul Krugman ha avanzato una critica analoga, così come ha fatto in Francia Marine Le Pen, segretario del Front National. Questa analisi si fonda sul concetto di “area valutaria ottimale” e sostiene che, per poter condividere la medesima valuta, due o più economie debbano avere cicli economici “armonizzati”, di modo che una sola politica monetaria (ossia un medesimo tasso d’interesse) sia adatta a ciascuna di esse. Negli altri casi si ritiene che la svalutazione della moneta nazionale possa aiutare un’economia debole, riducendo la disoccupazione grazie a una riduzione dei salari reali o stimolando la crescita per mezzo di maggiori esportazioni.
Sono convinto che le due analisi si fondino su premesse erronee. Entrambe si basano su taluni pii desideri del pensiero keynesiano, in particolare sull’ardente speranza che una politica monetaria discrezionale, attuata con saggezza al momento più opportuno, possa migliorare o stabilizzare il rendimento reale di un’economia tramite il miglioramento o la stabilizzazione di variabili reali. In altri termini, le due tesi danno per scontata la capacità di sfruttare la curva di Phillips (riducendo la disoccupazione per mezzo di una svalutazione dell’unità di conto monetario), altrimenti detta la capacità di sfruttare l’“illusione monetaria” della forza-lavoro. A mio parere, la vera illusione è proprio l’idea di poter sfruttare la cosiddetta “illusione monetaria”. Una politica che consista nell’emissione di maggiore moneta svalutata in realtà non migliora il rendimento reale dell’economia, né attutisce il ciclo economico: essa, anzi, produce l’effetto contrario. I dati storici in merito a tale questione sono abbastanza chiari.
Per comprendere quali siano le fondamentali carenze dell’euro è più proficuo prendere in considerazione il fatto che l’euro è una moneta “per decreto” (fiat currency, che sta a significare più esattamente moneta a corso forzoso o moneta fiduciaria), vale a dire uno standard monetario cartaceo. L’investitore Jim Rogers – che in passato è stato in affari di George Soros, ma che ha convinzioni del tutto diverse dalle sue – è nel giusto quando afferma che «in generale la valuta cartacea è carente».
Il problema dell’incoerenza dinamica
Gli economisti hanno un termine tecnico per indicare il difetto fondamentale della moneta fiduciaria, che indicano con l’espressione “problema dell’incoerenza dinamica” (time-inconsistency problem) o “problema della credibilità dell’impegno” (credible commitment problem).
L’allegoria più classica del problema di incoerenza dinamica si trova nell’episodio dell’Odissea in cui Ulisse vuole ascoltare l’affascinante canto delle sirene, ma sa che, se non saprà impedirsi di abbandonare il timone della sua nave, verrà inesorabilmente attratto dalle sirene e farà naufragio sugli scogli. La soluzione è quella di farsi legare all’albero della nave dai propri compagni e tappare le loro orecchie con la cera. Ricorrendo letteralmente a un legame che gli impedisca di cedere alla tentazione, Ulisse ottiene un risultato migliore di quello che avrebbe avuto esercitando sul momento la propria libertà. Alla luce delle notizie di questi giorni, è davvero ironico che il personaggio che sa come vincolarsi per evitare un comportamento miope fosse proprio un greco.
Quando le banche centrali che emettono moneta fiduciaria dispongono del potere discrezionale di modificare di mese in mese la politica monetaria del Paese, facendo tutto quanto può apparire auspicabile al momento, si trovano alle prese con un problema analogo (il problema è stato portato all’attenzione degli economisti da Kydland e Prescott, che hanno ottenuto il Premio Nobel per l’economia in gran parte grazie al loro lavoro in questo campo). Le banche centrali sono soggette a pressioni affinché mantengano basso il livello dell’inflazione e, al tempo stesso, sono tenute a raggiungere un secondo obiettivo, che è incoerente con un’inflazione ridotta, vale a dire si chiede loro una rapida crescita della massa monetaria per ridurre la disoccupazione o redimere il debito. Per giunta, esse non devono temere alcuna punizione qualora non dovessero mantenere le due promesse. Di conseguenza, i soggetti privati che utilizzano euro (per fare un esempio) non possono sapere quale valore avrà la loro moneta di qui a cinque o dieci anni, a meno che non vi sia un impegno vincolante a mantenere una politica monetaria stabile. In assenza di un impegno genuinamente vincolante, l’inflazione sarà inutilmente elevata e variabile.
Sulla carta, ovviamente, la Banca centrale europea si è assunta l’impegno di mantenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento, ma dovendo venire alle prese con la richiesta di acquistare i buoni del Tesoro di Paesi fortemente indebitati (nonché di ritardare il giorno della resa dei conti nella crisi del debito sovrano di Grecia, Irlanda e Portogallo), l’impegno della Bce a mantenere un tasso di inflazione ridotto si sta sgretolando.
Confrontiamo questa situazione con quella che si avrebbe in un libero mercato contraddistinto dallo standard aureo (o basato sull’argento). Nell’ambito di un siffatto standard monetario, le società private che estraggono i metalli preziosi, le zecche che producono le monete e le banche che emettono banconote redimibili in oro e conti bancari trasferibili operano immancabilmente sotto il vincolo posto dai contratti e dalla concorrenza. Non esiste un problema di incoerenza dinamica nella politica monetaria, in quanto non vi è alcuna politica monetaria. Nessuno può esercitare un potere discrezionale sulla quantità di moneta disponibile.
Il problema, per chi crede nella supremazia del diritto (nella rule of law), consiste nel reintrodurre tali vincoli nella creazione della moneta. Se non proprio un gold standard, almeno un limite serio e applicabile alla moneta fiduciaria. Non è possibile credere nella rule of law e, al tempo stesso, nella discrezionalità del potere delle banche centrali.
Il problema dell’incoerenza dinamica era noto agli artefici dello statuto della Bce e ad alcuni dei primi rappresentanti della Banca, tra i quali facevano spicco l’economista tedesco, membro del Consiglio direttivo della Bce, Otmar Issig, e il primo presidente della stessa Bce, Wim Duisenberg. A loro credito, va detto che cercarono di legare la Bce all’albero, istituire un’approssimazione di rule of law, dotare l’euro di un impegno vincolante preventivo al mantenimento di una politica stabile. Lo statuto della Bce stabilisce che la Banca ha un impegno esclusivo al mantenimento della stabilità dei prezzi, definito poco tempo dopo dal consiglio direttivo nei termini di un’inflazione non superiore al 2 per cento. Il sito web ufficiale della Bce continua a dichiarare che: «La Bce mira a mantenere nel medio termine tassi d’inflazione annui, misurati in base all’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (HICP), ad un valore prossimo (e inferiore) al 2 per cento».
Nel 2000 ho partecipato a un dibattito pubblico con il professor Issig, all’epoca membro del Consiglio direttivo della Bce. In un convegno tenuto all’Institute of Economic Affairs di Londra, Issig aveva sottolineato il fatto che lo statuto della Banca centrale europea aveva risolto il problema dell’incoerenza dinamica vincolando irrevocabilmente la Bce al solo obiettivo della stabilità dei prezzi. Nella mia risposta affermai che era troppo presto per poter dire se l’impegno teorico della Bce sarebbe stato realmente vincolante nella pratica, una volta che fossero cresciute le pressioni miranti a realizzare altri obiettivi. Affinché un impegno sia vincolante, deve esservi una penalità per che chi lo viola. Disgraziatamente lo statuto della Bce non stabilisce alcuna sanzione per i funzionari che dovessero deviare dall’obiettivo esclusivo della stabilità dei prezzi. Nessuno di essi rischia di perdere il posto. Si tratta di un fondamentale errore di progetto. L’euro ha funzionato bene per una decina d’anni, ma oggi le sirene hanno preso a cantare.
Oggi la dirigenza della Bce, sotto pressione da parte dell’Unione europea e delle autorità fiscali degli Stati membri, sta violando il proprio dovere statutario, gonfiando il portafoglio della Banca con Buoni del Tesoro di dubbio valore emessi da Grecia, Irlanda e Portogallo, allo scopo di mantenere elevato il loro prezzo e diminuire il loro rendimento. La Bce sta cercando di sostenere i prezzi dei Buoni del tesoro in generale, in modo da ridurre il prezzo della rinegoziazione del debito pubblico, mantenendo i tassi di interesse ai livelli più bassi possibili: livelli che non sono compatibili con l’obiettivo di mantenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento.
Il risultato della nuova politica monetaria sta diventando evidente. Nel 2011 il tasso d’inflazione dell’euro è stato persistentemente al di sopra del 2 per cento promesso dalla Bce. L’indice HICP è cresciuto dal 100,6 del novembre 2010 al 113,1 del maggio 2011. Si tratta di sei mesi di inflazione ad un tasso su base annua del 4,5 per cento, oltre il doppio del tasso statutario. Di quanto sarà disposta a cedere ancora la Bce?
“Il più bravo, anche se è il più bravo e ne si ammiri il talento, non può prendersi tutto”
- super_super
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Re: [O.T.] Crisi economica
Usa, default sovrano per il Minnesota
Cade una"stella" dell'american dream
Oltre 24mila dipendenti pubblici a casa, parchi pubblici chiusi e stop alla realizzazione di infrastrutture
MILANO - The end. Shut down. Il Minnesota è fallito. Mentre l'Unione Europa s'interroga su come salvare la Grecia. Default controllato. Aiuti di Stato. La Bce che compra titoli tossici per finanziare le disastrate finanze elleniche, dall'altra sponda dell'Atlantico l'insolvenza di uno stato sovrano è già realtà. Ed è singolare che accada laddove - ipotizzano gli sherpa della Ue -sia partito l'attacco speculativo (a colpi di short selling) nei confronti delle traballanti economie Piigs.
LA CRONACA - Mentre Obama tratta senza sosta per evitare il default agli Stati Uniti il Minnesota è fallito. «Shut down» compare su i cartelli affissi in tutti gli uffici pubblici dello Stato. I 24mila dipendenti statali che da giorni bivaccano davanti alla sede del governo federale hanno un biglietto di sola andata per le loro case. Chiusi i parchi pubblici, bloccati i lavori di strade e altre infrastrutture. In cassa non ci sono soldi e il governatore, il democratico Mark Dayton, non ha potuto far altro che prendere atto della realtà. Certo, le immagine degli scatoloni dei dipendenti Lehman Brothers che abbandonavano il posto di lavoro, scomparso nell'arco di uno schiocco di dita, sono ben lungi dal replicarsi sotto un altro parallelo. Ma il Minnesota si sta rivelando l'esperimento prodromico del rischio che stanno correndo gli Stati Uniti. La gestione dei repubblicani, che guidano lo Stato da un ventennio, fatta di tagli alle tasse per i ricchi e tagli al welfare, è stata troppo dispendiosa, e quindi ha impoverito le finanze statali. (chi ha detto Bush sr, Reagan e Bush jr?) Anche l'elezione del democratico Dayton, lo scorso anno, non ha sortito l'effetto sperato: la maggioranza che aveva nel parlamentino di Minneapolis non era sufficiente a far passare le leggi senza la collaborazione dell'opposizione. I repubblicani hanno preferito fare ostruzionismo e boicottare ogni proposito di risanamento. (quello che stanno facendo anche a livello nazionale) E ora Pawlenty, ex governatore repubblicano del Minnesota (tra i maggiori responsabili del fallimento) punta alla Casa Bianca nel 2012. Per riuscire a fare a Washington quello che non è stato capace di fare a Minneapolis?
io non ci capisco una sega di economia , ma ho la sensazione che il mondo occidentale sia seriamente agonizzante e che ci siano le basi per decenni di merda ... che bello
Cade una"stella" dell'american dream
Oltre 24mila dipendenti pubblici a casa, parchi pubblici chiusi e stop alla realizzazione di infrastrutture
MILANO - The end. Shut down. Il Minnesota è fallito. Mentre l'Unione Europa s'interroga su come salvare la Grecia. Default controllato. Aiuti di Stato. La Bce che compra titoli tossici per finanziare le disastrate finanze elleniche, dall'altra sponda dell'Atlantico l'insolvenza di uno stato sovrano è già realtà. Ed è singolare che accada laddove - ipotizzano gli sherpa della Ue -sia partito l'attacco speculativo (a colpi di short selling) nei confronti delle traballanti economie Piigs.
LA CRONACA - Mentre Obama tratta senza sosta per evitare il default agli Stati Uniti il Minnesota è fallito. «Shut down» compare su i cartelli affissi in tutti gli uffici pubblici dello Stato. I 24mila dipendenti statali che da giorni bivaccano davanti alla sede del governo federale hanno un biglietto di sola andata per le loro case. Chiusi i parchi pubblici, bloccati i lavori di strade e altre infrastrutture. In cassa non ci sono soldi e il governatore, il democratico Mark Dayton, non ha potuto far altro che prendere atto della realtà. Certo, le immagine degli scatoloni dei dipendenti Lehman Brothers che abbandonavano il posto di lavoro, scomparso nell'arco di uno schiocco di dita, sono ben lungi dal replicarsi sotto un altro parallelo. Ma il Minnesota si sta rivelando l'esperimento prodromico del rischio che stanno correndo gli Stati Uniti. La gestione dei repubblicani, che guidano lo Stato da un ventennio, fatta di tagli alle tasse per i ricchi e tagli al welfare, è stata troppo dispendiosa, e quindi ha impoverito le finanze statali. (chi ha detto Bush sr, Reagan e Bush jr?) Anche l'elezione del democratico Dayton, lo scorso anno, non ha sortito l'effetto sperato: la maggioranza che aveva nel parlamentino di Minneapolis non era sufficiente a far passare le leggi senza la collaborazione dell'opposizione. I repubblicani hanno preferito fare ostruzionismo e boicottare ogni proposito di risanamento. (quello che stanno facendo anche a livello nazionale) E ora Pawlenty, ex governatore repubblicano del Minnesota (tra i maggiori responsabili del fallimento) punta alla Casa Bianca nel 2012. Per riuscire a fare a Washington quello che non è stato capace di fare a Minneapolis?
io non ci capisco una sega di economia , ma ho la sensazione che il mondo occidentale sia seriamente agonizzante e che ci siano le basi per decenni di merda ... che bello
- Capitanvideo
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Re: [O.T.] Crisi economica
A tal proposito:
Il Minnesota è l’avanguardia di ciò che potrebbe accadere a breve gli USA. Risulta interessante notare come questa parte d’America sia stata governata per 20 anni dai “Repubblicani”, che hanno però perso le elezioni scorse, lasciando il posto di governatore al “Democratico” Dayton. Lungo quattro lustri, la spesa pubblica ha continuato a prosperare e l’abbassamento delle tasse intentato dall’ex-maggioranza prima delle elezioni che hanno perduto, è servito a nulla, dimostrando ancora una volta che non può esistere detassazione senza de statalizzazione dell’economia!
Su mattinonline.ch si legge: “C’è un paragone assai curioso da fare fra la situazione degli Usa sul piano federale e quella proprio del Minnesota: George W. Bush ha preso in mano lo Stato con un debito di 5.700 miliardi di dollari e in 8 anni l’ha portato ad oltre 10mila miliardi, lasciando a Mister Obama una situazione economico-finanziaria disastrosa. Dopo la seconda crisi economica del 2008, il debito federale è giunto a toccare quota 14mila miliardi di dollari, pari all’intero Prodotto interno lordo”.
Concordiamo, sia esso di destra o di sinistra, una cosa sola è certa: “lo statalismo non paga”!
Una lezione sia per Obama che per gli eurocrati impegnati a salvare (coi nostri soldi) la Grecia.
Il Minnesota è l’avanguardia di ciò che potrebbe accadere a breve gli USA. Risulta interessante notare come questa parte d’America sia stata governata per 20 anni dai “Repubblicani”, che hanno però perso le elezioni scorse, lasciando il posto di governatore al “Democratico” Dayton. Lungo quattro lustri, la spesa pubblica ha continuato a prosperare e l’abbassamento delle tasse intentato dall’ex-maggioranza prima delle elezioni che hanno perduto, è servito a nulla, dimostrando ancora una volta che non può esistere detassazione senza de statalizzazione dell’economia!
Su mattinonline.ch si legge: “C’è un paragone assai curioso da fare fra la situazione degli Usa sul piano federale e quella proprio del Minnesota: George W. Bush ha preso in mano lo Stato con un debito di 5.700 miliardi di dollari e in 8 anni l’ha portato ad oltre 10mila miliardi, lasciando a Mister Obama una situazione economico-finanziaria disastrosa. Dopo la seconda crisi economica del 2008, il debito federale è giunto a toccare quota 14mila miliardi di dollari, pari all’intero Prodotto interno lordo”.
Concordiamo, sia esso di destra o di sinistra, una cosa sola è certa: “lo statalismo non paga”!
Una lezione sia per Obama che per gli eurocrati impegnati a salvare (coi nostri soldi) la Grecia.
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Re: [O.T.] Crisi economica
oppure che i cretini non hanno colore.Capitanvideo ha scritto: Concordiamo, sia esso di destra o di sinistra, una cosa sola è certa: “lo statalismo non paga”!
.
se abbassi le tasse e non razionalizzi la spesa fallisci per forza..anche se sei un'azienda privata..anzi no.. se sei un'azienda privata, tipo una banca, se stai fallendo puoi chiedere aiuto allo stato piangendo miseria...
ma debito pubblico e recessione economica non dovrebebro essere due cose distinte?!
certo, puoi foraggiare il popolo aumentando il debito,
non vedo cosa c'entri con il pareggio di bilancio con le industrie che licenziano...
Re: [O.T.] Crisi economica
Lasciando perdere i "mille euro a famiglia", che sono i soliti conti che non significano nulla,
correggetemi se sbaglio: "taglio alle detrazioni e deduzioni fiscali" significa che il prossimo mese
si rifanno i conti sul lordo e sul netto, e lo stipendio netto cala?
http://www.corriere.it/economia/11_lugl ... 5f96.shtml
correggetemi se sbaglio: "taglio alle detrazioni e deduzioni fiscali" significa che il prossimo mese
si rifanno i conti sul lordo e sul netto, e lo stipendio netto cala?
http://www.corriere.it/economia/11_lugl ... 5f96.shtml
Ille ego, Blif, ductus Minervæ sorte sacerdos (ბლუფ)
Re: [O.T.] Crisi economica
Ma di questi debiti pubblici dei vari paesi: chi sono i creditori? Le Banche? I possessori dei Bot-Btp?dboon ha scritto:P.I.I.G.S
I PIGS mostrano quasi tutti un debito pubblico molto elevato. Infatti, nel 2010 esso era:
142% del PIL in Grecia;
119% del PIL in Italia;
96% del PIL in Irlanda;
83% del PIL in Portogallo;
60% del PIL in Spagna.
http://it.wikipedia.org/wiki/PIGS
Che interesse avrebbero a far fallire gli stati indebitati?
Non sono daccordo con chi dice che internet ha peggiorato le persone. La gente era imbecille già da prima, solo che non aveva modo per dimostrarlo.
Re: [O.T.] Crisi economica
Relax don't troublecimmeno ha scritto:super_super ha scritto:nessuno dice niente sul possibile fallimento degli usa ?
io non ci capisco una sega di economia , ma temo che se falliscono gli usa ci sarà un effetto domino non da poco
se fanno default cinesi russi arabi si trovano con 4000 miliardi di dollari in t-bond che diventano buoni per pulirsi il culo...
il congresso americano approverà la legge sul tetto di spesa
gl investitori chiederanno qualche punto di interess ein più e la cosa si sistemerà
http://www.rischiocalcolato.it/2011/07/ ... gento.html
MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
VE LA MERITATE GEGGIA
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
VE LA MERITATE GEGGIA
Re: [O.T.] Crisi economica
Come cambia il mondo:
L'industria discografica davanti al baratro.
Prima gommalacca poi vinile poi cd e adesso utube.
http://dailydish.typepad.com/.a/6a00d83 ... 970d-popup
L'industria discografica davanti al baratro.
Prima gommalacca poi vinile poi cd e adesso utube.
http://dailydish.typepad.com/.a/6a00d83 ... 970d-popup
"L'ho imparato molto tempo fa, non combattere mai con un maiale! Tu ti sporchi, e inoltre, al maiale piace". G. B. Shaw
Re: [O.T.] Crisi economica
IL SOGNO AMERICANO
http://www.youtube.com/watch?v=UvQfbr2lQZ4
Il 3 agosto 2011, quasi dieci anni dopo le Torri Gemelle, si potrebbe consumare la vendetta di Bin Laden. Gli Stati Uniti sono sull'orlo del default. Se il Congresso non troverà entro il 2 agosto un accordo per alzare il tetto del debito, fissato per legge a 14.294 miliardi di dollari, il Paese più potente del mondo andrà in bancarotta. Sembra fantaeconomia, ma è tutto vero. Cosa c'entra Osama con il debito pubblico americano? Prima dell'11 settembre, il debito era sotto controllo, inferiore ai 6.000 miliardi. Dopo gli attentati è esploso a causa delle spese militari per le guerre in Iraq e in Afghanistan. Oggi ha largamente superato i 14.000 miliardi. Una jihad economica di Al Qaeda. Gli Stati Uniti spendono ogni anno in armamenti circa 10 volte più di ogni altro Paese, pari a circa 680 miliardi di dollari (dato 2010). Le basi USA sono ovunque, dal Giappone all'Italia, dalla Bosnia alla Turchia, dal Perù alla Corea del Sud. E' paradossale che la Cina, il principale avversario economico dell'America, ne finanzi l'apparato militare (che la circonda...) con l'acquisto dei suoi titoli pubblici. Peraltro, le ultime aste dei titoli sono ormai surreali. I titoli si stanno trasformando in carta straccia. La Fed, la banca centrale americana, infatti, acquista il 70% dei titoli emessi dal Tesoro. Si stampano i titoli e se li comprano. Farebbero prima a venderne solo il 30%. Gli Stati Uniti, per continuare a vivere, hanno bisogno di chiedere in prestito ogni giorno 4,5 miliardi di dollari (*). Sono il mendicante più in vista del pianeta. Un barbone con la tripla A, ma non dovrebbe avere la tripla C? Su che basi le agenzie valutano il rating statunitense, la sua solidità? Sul numero di testate atomiche che possiede? Democratici e repubblicani stanno discutendo da mesi su come ridurre il debito. Sembrano la brutta copia del Parlamento italiano, e ce ne vuole. Da una riduzione di 4.000 miliardi in dieci anni si è passati a una di 2.000 miliardi. Semplificando, i democratici vogliono più tasse per le classi abbienti, i repubblicani tagli dello Stato sociale. Eppure la soluzione è semplice. Si tolgano dai coglioni dal resto del mondo con i loro sommergibili atomici, ordigni nucleari, droni, basi militari, eserciti, portaerei, cacciabombardieri. Eviteranno il default e staranno meglio anche gli altri.
http://www.youtube.com/watch?v=UvQfbr2lQZ4
Il 3 agosto 2011, quasi dieci anni dopo le Torri Gemelle, si potrebbe consumare la vendetta di Bin Laden. Gli Stati Uniti sono sull'orlo del default. Se il Congresso non troverà entro il 2 agosto un accordo per alzare il tetto del debito, fissato per legge a 14.294 miliardi di dollari, il Paese più potente del mondo andrà in bancarotta. Sembra fantaeconomia, ma è tutto vero. Cosa c'entra Osama con il debito pubblico americano? Prima dell'11 settembre, il debito era sotto controllo, inferiore ai 6.000 miliardi. Dopo gli attentati è esploso a causa delle spese militari per le guerre in Iraq e in Afghanistan. Oggi ha largamente superato i 14.000 miliardi. Una jihad economica di Al Qaeda. Gli Stati Uniti spendono ogni anno in armamenti circa 10 volte più di ogni altro Paese, pari a circa 680 miliardi di dollari (dato 2010). Le basi USA sono ovunque, dal Giappone all'Italia, dalla Bosnia alla Turchia, dal Perù alla Corea del Sud. E' paradossale che la Cina, il principale avversario economico dell'America, ne finanzi l'apparato militare (che la circonda...) con l'acquisto dei suoi titoli pubblici. Peraltro, le ultime aste dei titoli sono ormai surreali. I titoli si stanno trasformando in carta straccia. La Fed, la banca centrale americana, infatti, acquista il 70% dei titoli emessi dal Tesoro. Si stampano i titoli e se li comprano. Farebbero prima a venderne solo il 30%. Gli Stati Uniti, per continuare a vivere, hanno bisogno di chiedere in prestito ogni giorno 4,5 miliardi di dollari (*). Sono il mendicante più in vista del pianeta. Un barbone con la tripla A, ma non dovrebbe avere la tripla C? Su che basi le agenzie valutano il rating statunitense, la sua solidità? Sul numero di testate atomiche che possiede? Democratici e repubblicani stanno discutendo da mesi su come ridurre il debito. Sembrano la brutta copia del Parlamento italiano, e ce ne vuole. Da una riduzione di 4.000 miliardi in dieci anni si è passati a una di 2.000 miliardi. Semplificando, i democratici vogliono più tasse per le classi abbienti, i repubblicani tagli dello Stato sociale. Eppure la soluzione è semplice. Si tolgano dai coglioni dal resto del mondo con i loro sommergibili atomici, ordigni nucleari, droni, basi militari, eserciti, portaerei, cacciabombardieri. Eviteranno il default e staranno meglio anche gli altri.
Re: [O.T.] Crisi economica
8 milioni di poveri
in I-TAGLIA
http://www.italiah24.it/economia/econom ... verta.html
http://www.istat.it/salastampa/comunica ... 110715_00/

in I-TAGLIA
http://www.italiah24.it/economia/econom ... verta.html
http://www.istat.it/salastampa/comunica ... 110715_00/








"Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore." Ennio Flaiano
“Cercava la rivoluzione e trovò l'agiatezza.” Leo Longanesi
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- coppia_co
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Re: [O.T.] Crisi economica
Questo grafico riassume il tutto in un sol colpo d'occhio:fredelux ha scritto:IL SOGNO AMERICANO
http://www.youtube.com/watch?v=UvQfbr2lQZ4
Il 3 agosto 2011, quasi dieci anni dopo le Torri Gemelle, si potrebbe consumare la vendetta di Bin Laden. Gli Stati Uniti sono sull'orlo del default. Se il Congresso non troverà entro il 2 agosto un accordo per alzare il tetto del debito, fissato per legge a 14.294 miliardi di dollari, il Paese più potente del mondo andrà in bancarotta. Sembra fantaeconomia, ma è tutto vero. Cosa c'entra Osama con il debito pubblico americano? Prima dell'11 settembre, il debito era sotto controllo, inferiore ai 6.000 miliardi. Dopo gli attentati è esploso a causa delle spese militari per le guerre in Iraq e in Afghanistan. Oggi ha largamente superato i 14.000 miliardi. Una jihad economica di Al Qaeda. Gli Stati Uniti spendono ogni anno in armamenti circa 10 volte più di ogni altro Paese, pari a circa 680 miliardi di dollari (dato 2010). Le basi USA sono ovunque, dal Giappone all'Italia, dalla Bosnia alla Turchia, dal Perù alla Corea del Sud. E' paradossale che la Cina, il principale avversario economico dell'America, ne finanzi l'apparato militare (che la circonda...) con l'acquisto dei suoi titoli pubblici. Peraltro, le ultime aste dei titoli sono ormai surreali. I titoli si stanno trasformando in carta straccia. La Fed, la banca centrale americana, infatti, acquista il 70% dei titoli emessi dal Tesoro. Si stampano i titoli e se li comprano. Farebbero prima a venderne solo il 30%. Gli Stati Uniti, per continuare a vivere, hanno bisogno di chiedere in prestito ogni giorno 4,5 miliardi di dollari (*). Sono il mendicante più in vista del pianeta. Un barbone con la tripla A, ma non dovrebbe avere la tripla C? Su che basi le agenzie valutano il rating statunitense, la sua solidità? Sul numero di testate atomiche che possiede? Democratici e repubblicani stanno discutendo da mesi su come ridurre il debito. Sembrano la brutta copia del Parlamento italiano, e ce ne vuole. Da una riduzione di 4.000 miliardi in dieci anni si è passati a una di 2.000 miliardi. Semplificando, i democratici vogliono più tasse per le classi abbienti, i repubblicani tagli dello Stato sociale. Eppure la soluzione è semplice. Si tolgano dai coglioni dal resto del mondo con i loro sommergibili atomici, ordigni nucleari, droni, basi militari, eserciti, portaerei, cacciabombardieri. Eviteranno il default e staranno meglio anche gli altri.

No matter her age, no matter her beauty ! Ogni donna ha il suo “profumo”, in tutte le sue splendide sfumature.