Belle e infallibili
i Giochi in copertina
Sono brave, vincenti, sicure di sè. E a Torino vogliono
conquistare il mondo. Anche fuori dalle piste
La Witt ha aperto la strada: ora c'è chi ha posato per Playboy
come la Tchepalova o nuda sui pattini come la Friesinger
LA BELLEZZA dell'oro o l'oro della bellezza? La fondista Julia Tchepalova vinse ai Giochi di Nagano la gara dei 30 chilometri battendo in volata l'amica e rivale Stefania Belmondo e fece bis nello sprint a Salt Lake City, quattro anni dopo, guadagnando pure un argento e un bronzo. Conquistó non solo medaglie e prestigio, ma anche i cuori dei colleghi maschi per la sua femminilità e il fisico da pin up. Se ne accorsero gli editors di Playboy che le proposero di posare per un calendario senza veli. Julia accettó con entusiasmo.
Svestì tute e maglie tecniche, e lasció senza fiato i pur smaliziati fotografi della rivista di Hugh Hefner: la stupenda russa aveva ventotto anni ma ne dimostrava dieci di meno, era così fotogenica che le chiesero se voleva smettere di faticare sciando per ore e ore e se voleva trasferirsi ad Hollywood. Furono sedotti dal suo fascino slavo, dallo sguardo di donna e di ragazza insieme: occhi di un profondo blu come solo ha il popolo della sterminata taiga. Lasciavano intuire grandissima determinazione: la tenacia e la capacità di resistere dei fondisti. Un cocktail perfetto: mistero e desiderio, forza e seduzione. Le foto della Tchepalova approdarono su Internet e la resero ancor più celebre. Brava e bella. La regina del freddo aveva reso caldissimo uno sport che nell'immaginario collettivo apparteneva ad anacoreti dello sci.
Che poi è un luogo comune ormai sfatato. La gioventù sportiva del Duemila va sempre più forte, punta sempre più in alto ed è sempre più bella: soprattutto negli sport d'inverno. Un tempo lo sci alpino non valorizzava certo l'avvenenza delle atlete o forse erano le atlete che non si valorizzavano, perchè figlie di una cultura rimasta attaccata a valori tradizionali, in società in cui il ruolo della donna era subordinato a quello dell'uomo, in vallate e paesi dove l'esibizionismo era visto in modo negativo. Poi arrivarono le autostrade in montagna, lo sci divenne sport di massa, i cittadini contagiarono i montanari e i valligiani, la tv amalgamó gusti e costumi, le Alpi del Circo Bianco divennero il quartiere d'inverno della civiltà metropolitana.
Oggi una gara di slalom femminile è una sorta di passerella dove primeggiano ragazze sane, forti e affascinanti; dove persino l'erculea Janica Kostelic cerca di sottolineare con lunghe trecce da valchiria e un trucco accurato la sua esuberante fisicità ; dove l'incredibile Anja Paerson, ossessionata dal mito del compaesano Stenmark, si è sottoposta a feroci allenamenti e a mostruose sedute di palestra per aumentare le masse muscolari: ma non per questo ha rinunciato al make-up che le valorizza il volto, biondissimi i capelli, chiara la pelle con qualche neo a dare allegria e dolcezza. Subito ti accorgi che lei ha l'aria e l'aspetto della tipica svedese, almeno in viso. Il viso di quelle che un tempo facevano impazzire i bagnini di Rimini.
Tra le giovani stelle dello sci alpino, brilla la luce della slovena Tina Maze, ventitrè anni, alta, magnifica in gara e molto di più appena sgancia gli sci dagli scarponi, andatela a vedere nel suo rockettaro sito www. tinamaze. com, colonna sonora da film 007, foto grunge, repertorio di immagini che mettono in risalto il caleidoscopio delle sue espressioni, quando vince, quando è in dolcevita bianco con un amico, quando sorride e quando esulta, sdraiata nell'erba o quando butta lì una domanda maliziosetta, "sciatrice o fotomodella?", e sai già la risposta perchè lei ha disseminato d'indizi il sito, come in quei gialli di Agatha Christie, solo che qui il delitto è vederla destreggiarsi tra i pali di un supergigante o di un gigante (è tra le più forti del mondo) infagottata nel completo da gara, con gli occhialoni che le nascondono gli occhi. Quanto al dilemma da lei sollevato, una folgorante discesista svizzera che si chiamava Doris de Agostini, dopo aver ammaliato i parterre delle competizioni di Coppa del Mondo - vinse otto volte - decise di appendere gli sci al chiodo e di sfilare sulle pedane della moda. Era così raro vedere tra le modelle degli anni Ottanta una vera ex campionessa.
Pochi capirono che dietro la scelta della de Agostini prendeva piede il fenomeno del voyeurismo nello sport spettacolo. La tv cominciava a esigere atlete belle, appariscenti, disinvolte davanti all'obiettivo, disinibite nei loro atteggiamenti pubblici, cioè in gara. Primedonne non solo sul podio. E sono stati gli sport della neve e del ghiaccio i primi a sfruttare questo filone e a capire quanto ci si poteva speculare. Soprattutto nel pattinaggio artistico: grazia e femminilità dovevano risaltare sulla grinta, sul sacrificio, sulla forza fisica. La più grande interprete di questo nuovo corso fu Katarina Witt che pattinava per la Ddr, che vinse due Olimpiadi, quattro titoli mondiali e sei europei; che ai Giochi di Calgary del 1988 snobbó Tomba - neo "Italian stallion" degli sport invernali. La "faccia più bella del socialismo", scrissero i media americani e l'America la trasformó nella Sharon Stone dell'Holiday on Ice.
L'altera Katarine rese il ghiaccio bollente. Le sue incandescenti piroette scatenavano il delirio degli spettatori. Altre piccole dive cercarono di imitarla: e finirono per imbastire il dramma di una rivalità giunta sino al tentato omicidio (Tonya Harding odiava la più bella e ricca Nancy Kerrigan). Tonya aveva tanto da vincere quanto da perdere. Le tentó tutte: anche la strada delle foto osè. La bellezza obbligatoria, come gli esercizi preliminari in cui le pattinatrici devono mostrare alle giurie la loro perizia tecnica. Se una pattinatrice non è bella, ha già qualche punto in meno. L'Italia in questo momento mette in pista la dolcissima Carolina Kostner, portabandiera alla cerimonia inaugurale ("sarà come vivere in una favola", ha detto), la personificazione dell'armonia e della perfezione, sia fisica, sia professionale. La bellezza di una "velina" e la bravura di una studentessa modello. Quel che invece non vuole sembrare la campionessa del mondo Irina Slutskaja, 26 anni, altra pattinatrice molto gettonata dalle riviste femminili, dal glamour costruito della finta ingenua.
Con la differenza, rispetto al passato prossimo, che le campionesse sanno quello che vogliono e come vogliono apparire. Spesso nel web. Richiamando migliaia di internauti, come novelle Circe. La velocista tedesca del pattinaggio, Anni Friesinger, soprannominata "Sexi Anni" perchè si è fatta fotografare quasi nuda: peró a Torino punta alla quinta medaglia olimpica. O la snowbordista americana Gretchen Bleiler che sembra una delle tanti collegiali Usa, che è una delle favorite nella specialità dell'halfpipe, e che ha scelto la rivista FHM, una pubblicazione hard maschile, per mostrarsi come è sotto le imbottiture della sua divisa.
tratto da Repubblica.it
La fondista russa Tchepalova nel calendario Playboy