C'è una storia che merita di essere raccontata perchè era ben presente ai sionisti europei di fine '800. La storia della Liberia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Liberia#Storia
https://it.wikipedia.org/wiki/American_ ... on_Society
Tale vicenda ben riassume la facilità con cui gli oppressi si trasformano in oppressori. Dopo la fine della Guerra di Secessione e l'abolizione della schiavitù, i neri americani si trovano soggetti ad un regime terroristico di "white supremacy". In seno alla comunità nera si sviluppa un dibattito non dissimile da quello che impegnerà i sionisti europei: da una parte gli "assimilazionisti", coloro che vogliono restare in America ed essere integrati, lottando per il riconoscimento dei propri diritti; dall'altra coloro che non vedono alcuna possibilità di "assimilazione" e intendono emigrare, "tornando a casa" in qualche mitica "Terra Promessa" o "Patria delle Origini". L'ideologia che muove questi ultimi non sempre riflette la mera volontà di sfuggire dalle persecuzioni, anzi, per alcuni l'emigrazione mira a preservare la "purezza" (razziale) e l' "identità" (culturale/religiosa) dalla contaminazione con gli ex-padroni bianchi (senza rendersi conto che tale contaminazione si è già verificata). Col sostegno finanziario e logistico di imprenditori bianchi (American Colonization Society) viene scelta la regione dell'Africa che prenderà il nome di "Liberia". Anche qui è da notare un'ambiguità di fondo: una parte dei bianchi che aiuta i neri non è mossa da ragioni "filantropiche", bensì razziste, sono disposti a pagare di tasca propria pur di cacciare gli odiati neri dal suolo americano ("purchè vi leviate dai coglioni, paghiamo noi il viaggio"). Dopo lunghe vicissitudini, 13.000 schiavi neri liberati riescono a trasferirsi in Africa. Ben presto sorgono conflitti con i neri "indigeni": gli "americo-liberiani", pur reduci da secoli di schiavitù, sono stati a contatto con una civiltà tecnologicamente più sviluppata rispetto a quella delle tribù africane. E insieme a questo retroterra tecnologico portano con sè un sentimento "suprematista", un senso di superiorità rispetto alle arretrate tribù africane, che tanto assomiglia al vituperato disprezzo coloniale dei bianchi. La stessa bandiera scelta per il paese ricalca quella americana. Ed ecco il paradosso: le vittime di razzismo diventano razziste, da colonizzati diventano "coloni", adottando gli stili di vita, i modelli culturali e le forme di governo di quegli odiati bianchi da dicevano di voler scappare.
I sionisti ashkenziti conoscevano il precedente liberiano. qualcuno aveva proposto l'Uganda come terra promessa, alla fine la scelta cadde su "Eretz Israel". Nel vasto e variegato mondo sionista, si impose la corrente di Nordau e Herzl, che rifiutava l'assimilazione (vista come "contaminazione" e perdita della purezza razziale e religiosa), e concepiva il ritorno in Palestina come una sorta di impresa coloniale di stampo europeo (col suo carico di razzismo e suprematismo). D'altro canto, sostenevano costoro, la Palestina era terra di nessuno, "res nullius", occupata da "barbari", ovvero nomadi beduini. L'ideologia era così aggressiva, razzista e bellicosa, da suscitare ammirazione in alcuni esponenti del nazismo, che tra le due guerre incentivarono l'emigrazione dalla Germania. Si creò il paradosso di gerarchi e intellettuali nazisti che esaltavano presunti punti in comune fra la loro ideologia di stato razziale (del sangue e del suolo) con quella del sionismo di Nordau e Herzl. Tutto questo ben prima del sionismo revisionista di Žabotinskij, dell'Irgun, del Gahal di Menachem Begin, del Likud, e della destra estrema religiosa (Smotrich, Ben Gvir ecc.) dei giorni nostri.
Tra parentesi, vedo che la destra estrema israeliana si scinde e ricompone peggio dei partiti italiani: c'è un vortice di sigle da far girar la testa
https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_S ... _Religioso
https://it.wikipedia.org/wiki/La_Casa_Ebraica
https://it.wikipedia.org/wiki/Unione_de ... _di_Destra
https://it.wikipedia.org/wiki/Yamina
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)