A proposito di questa sacrosanta differenza fra un giornalista libero (Travaglio) e un capoluogo di provincia (Ferrara), due giorni fa, sul Fatto Quotidiano, la soave lirica del nostro eroe (Marco, ovviamente) ha preso di mira due sue grandi ed intramontabili passioni: il Riformista (il riformatorio, come spesso lo chiama lui) e Massimo Dalema.BARNEY ha scritto:ho letto, repeat: molto interessante davvero, thanks!![]()
M. Travaglio è sempre pungente e puntuale ..... ma soprattutto, è libero ed indipendente, a differenza dei Ferrara, dei Vespa, dei Minzolini, dei Sechi, dei Fede, dei Sallusti, dei Feltri e dei Belpietro.
Tutta gente che è stata artefice, negli anni, di un vorticoso andirivieni da Palazzo Grazioli, ove erano ricevuti da Silvio Berlusconi, loro committente e/o datore di lavoro (tutti i sopranominati hanno diretto Il Giornale o anche collaborato, lautamente pagati, con il berlusconiano settimanale Panorama).
Ecco, la differenza tra Travaglio e Ferrara sta tutta qui: il primo è un giornalista libero di scrivere e di criticare qualunque politico o governante, il secondo è un polemista "a sovranità limitata", dovendo rendere conto di quanto scrive al suo padrone.
Ecco il pezzo:
Sono forse io, compagni?
Ci sono giorni così, in cui ci capita di invidiare persino il Riformista. Per esempio ieri. Aprendo il samiszdat arancione pimpantemente diretto da Emanuele Macaluso, abbiamo scoperto una pepita d’oro: un’intera pagina, sei colonne di piombo, a firma Massimo D’Alema, appetitosamente intitolate “Socialdemocrazia: eclisse o rilancio?”. Slurp.
Il distico che lo precedeva era ancor più civettuolo: “L’on. Massimo D’Alema ci ha fatto pervenire il testo integrale dell’intervento pronunciato a un recente convegno del Pd. Lo pubblichiamo perché riteniamo possa essere utile all’apertura di un dibattito”. Eh no, non ce la si può cavare così.
Vogliamo sapere tutto. Come, quando, e soprattutto perché l’on. Massimo D’Alema “fa pervenire” i suoi testi integrali solo al Riformista? Tramite piccioni viaggiatori? O a mezzo di missi dominici a cavallo? O consegna i plichi personalmente? O magari incarica un autista della Fondazione Italianieuropei? O forse, trattandosi pur sempre di un vice-conte della Santa Sede, si serve di apposite guardie svizzere? E chi, nella redazione arancione, ha avuto l’onore di ricevere nelle proprie mani la sacra reliquia per poi ostenderla e portarla in processione come si conviene alla Particola di Nostro Signore?
In attesa trepidante di qualche lume, cogliamo fior da fiore. “… La vera questione, che appassiona le stesse forze socialiste e socialdemocratiche, è piuttosto quella di come promuovere una nuova strategia o una nuova identità (tema, quest’ultimo, su cui il dibattito europeo è molto più prudente) in grado di creare le condizioni per una nuova stagione progressista…”. Suvvia, chi non ha incontrato sull’autobus o sulla metro o nel vagone ristorante di un Freccia rossa almeno un socialista/socialdemocratico che s’appassionava onanisticamente alla nuova strategia/identità del progressismo, pur se su quest’ultimo tema il dibattito europeo è molto più prudente?
Preso tristemente atto della “sconfitta dell’homo socialdemocraticus”, la Volpe del Tavoliere ammette che “la destra ha mostrato una grande attitudine, che la sinistra con la sua ideologia ha perduto: ha saputo parlare al cittadino europeo medio”, al contrario del “modello socialdemocratico in crisi culturale, filosofica, antropologica”. E chi è che più di ogni altro, nella nostra sinistra, non ha saputo parlare agl’italiani? Il suo nome e volto aleggiano in tutte e sei le colonne di piombo, senza però materializzarsi mai.
Il viceconte Max si consola con “la recente vittoria in Danimarca” di una “coalizione verdi-liberali”: e chi è che in Italia rifugge come la peste bubbonica le culture liberali e ambientaliste? Noi un’idea ce l’avremmo. Intanto “in Germania una coalizione rosso-verde è la proposta politica più forte”: e chi è che in Italia, ai rosso-verdi, preferisce Piercasinando? Noi un’idea ce l’avremmo. “In Francia il Partito socialista ha adottato le primarie aperte” infatti “governa largamente le amministrazioni locali e regionali”: e chi, nel Pd, si oppone allo spasimo alle primarie? Noi un’idea ce l’avremmo. Ora occorre una grande “coalizione con il pensiero liberale di sinistra, i movimenti ambientalisti e di ispirazione cattolica”. Cioè l’Ulivo. E chi, in Italia, ha avversato con tutte le sue forze l’Ulivo? Noi un’idea ce l’avremmo.
A un certo punto, pare quasi che l’abbia anche D’Alema. È quando, tomo tomo cacchio cacchio, si domanda: “Cosa significa non commettere gli errori del passato?”. Magari, si spera, uscire dalla Bicamerale politica e mentale, dai giochetti di casta, dal partito degli affari, delle banche, delle autostrade, dal penatismo e dal tarantinismo, prosecuzioni sfigate del berlusconismo con gli stessi mezzi. In una parola: uscire dal dalemismo.
Invece D’Alema, per non ripetere gli errori del passato, vuole ripartire “dal primato della politica”, cioè dagli errori del passato. Bravo Max, avanti così. E ora, per la gioia di grandi e piccini, il Riformista apre il dibbbattito. Già transennate le edicole.
(Il Fatto Quotidiano, 13 ottobre 2011)