[O.T.] DELITTI
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Re: [O.T.] DELITTI
Certo che il lavaggio del cervello operato dalla P2
ha effetti strabilianti...
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Re: [O.T.] DELITTI
Oggi seguivo di sguincio l'ennesima puntata su Amanda & Co. C'era uno degli avvocati della difesa, che si è inalberato quando la Palombelli ha detto che Mez è stata ammazzata al termine di un festino a base di alcol e droga...senza fare nomi se non quello di Guede. Cazzo, s'inalbera se i suoi assistiti non erano in quella casa?
"La regola d'oro : cazzo in tiro non c'ha coscienza."
(I. Welsh)
" Ti ho appena fatto un pompino, non è che puoi fare tanto il sostenuto." (cit.)
"What did you touch? You made me make a mess all over..." (cit.)
(I. Welsh)
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Re: [O.T.] DELITTI
Paperoo perchè non ci pensi tu? Pensavo che le fighette marcette fossero il tuo fortePaperinik ha scritto:Fra un po' esce di galera la de nardo...un centinaio di coltellate a mamma e fratellino = una decina di anni.

MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
VE LA MERITATE GEGGIA
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Re: [O.T.] DELITTI
NONNISMO D’EROTISMO - NELLA ‘CASERMA DELLE PORCATE’ AD ASCOLI SUCCEDEVA DI TUTTO: ISTRUTTORI CHE RINCHIUDEVANO LE RECLUTE IN MAGAZZINO PER PALPARLE, PRESSIONI PSICOLOGICHE, MINACCE E PROMESSE DI CARRIERA IN CAMBIO DI UNA SVELTINA - GLI APPROCCI DEGNI DI UN B-MOVIE CON ALVARO VITALI E LA FENECH: "CHE BEI BALCONCINI CHE HAI, BELLE TERRAZZE, CURVE DI LIVELLO, CHE BELLE LABBRA" - LA PORNO-TESTIMONIANZA: “IL SUPERIORE TOCCAVA E PALPEGGIAVA OVUNQUE: SUL SEDERE, SUL SENO. VOLEVA TOGLIERMI LA GIACCA DELL'UNIFORME CON LA FORZA”

Sottufficiali e poco gentiluomini. Pronti a selezionare le reclute in base alla disponibilità sessuale, con le buone o con le cattive, con la seduzione o con le minacce. Addestratori senza scrupoli, a cui l'Esercito aveva affidato la formazione di tutte le soldatesse italiane nella famigerata caserma di Ascoli: scaglioni di 1.600 ventenni, isolate dalle famiglie e dal mondo esterno per imparare il mestiere delle armi. Lì dove già due anni fa alcune donne in uniforme avevano denunciato le molestie fisiche e psicologiche: due anni prima che l'omicidio di Melania Rea (vedi box a pag.68) facesse scoprire le relazioni pericolose tra istruttori e ragazze.
Una sorta di caccia grossa in cui si sfidavano Salvatore Parolisi e gli altri sergenti: parlavano di "tacche", come fanno i cecchini, e c'era chi vantava anche 30 prede. Prodezze di playboy, qualche volta raggiri o persino espliciti ricatti, che sfruttavano le debolezze di diciottenni appena entrate nella severità del mondo militare: tutto in una situazione di degrado morale inaccettabile per le forze armate.
Ora la duplice inchiesta e una serie di testimonianze esclusive raccolte da "l'Espresso" aprono uno squarcio inquietante sulla muraglia di quella base dove tante vergogne sono state tollerate. Verrebbe da pensare alle vecchie commedie sexy anni Settanta sulle soldatesse che seducono interi battaglioni, ma non c'è nulla da ridere: i racconti di quello che accadeva dietro le mura della caserma picena sono indicativi di un clima violento.
Le testimoni hanno accettato di parlare con "l'Espresso" dietro garanzia dell'anonimato: non sono più in servizio e vogliono solo dimenticare, anche se molte di loro hanno deposto davanti ai pm. Le loro ricostruzioni coincidono con i comportamenti fuori controllo individuati dalla procura "ordinaria" e da quella militare. Paola ricorda quel giorno afoso dell'estate 2009:
"Non era un mio superiore, ma il maresciallo capo mi ha chiesto di seguirlo nel magazzino per prendere delle cose. Quando entrai, chiuse a chiave la porta dietro di sé. Gli ho domandato cosa stesse facendo. Lui ha sorriso stringendomi in un angolo. Ma mostrandomi decisa sono riuscita a scappare". Carla invece non può cancellare quei minuti con un graduato: "Ero in tuta e faceva caldo, era la prima volta che lo vedevo e mi apostrofò come se stesse dando un ordine: "Ti voglio scopare, se vuoi spiccare sulle altre devi fare sesso con me...". Rimasi scioccata, ma gli risposi che poteva essere mio padre e velocemente uscii".
Ancora più terribile il racconto di Maria: "Eravamo entrati in un magazzino per prendere cinturoni e spalline delle uniformi da parata. Quell'anno toccava a noi fare il turno di guardia al Quirinale e dovevamo preparare la marcia. Il superiore mi ha messo le mani addosso e mi stava toccando e palpeggiando ovunque: sul sedere, sul seno. Voleva togliermi la giacca dell'uniforme con la forza e spogliarmi: io mi sono opposta, l'ho bloccato e sono fuggita spaventata". Ancora più pesante la scena descritta da Maria: "Stavo scendendo da una scala di ferro durante un'esercitazione. Chiesi all'istruttore di spostarsi, altrimenti non sarei riuscita a scendere. Lui ha fatto finta di farsi da parte poi invece si è piazzato sotto, fino a che il mio sedere è stato a contatto con il suo viso. Ha detto: "Mi piace infilare la faccia nel tuo culo". E poi ha insistito, pretendendo anche un rapporto sessuale".
Le testimonianze sono tante. Antonella, Giorgia, Luisa vogliono solo cancellare quei tre mesi dietro il reticolato di Ascoli. I loro avvocati descrivono le "attenzioni particolari" degli addestratori. Tutte hanno ormai tagliato i ponti con l'Esercito, ma portano addosso le conseguenze delle pressioni psicologiche. Carla, dopo il tentato stupro, è stata ricoverata tre volte in ospedale: "Ho le cartelle cliniche che dicono che da quel giorno soffro di ansia, crisi di panico, mi metto improvvisamente a piangere, svenimenti continui. Vomitavo pure l'acqua".
Oltre allo choc, pesa anche la delusione di vedere un sogno finire nel fango: "Io ero entrata nell'Esercito perché mi piaceva". Un sogno condiviso con molte altre, felici per essere state accettate ad Ascoli. Come quelle che ancora oggi scrivono su Facebook: "Finalmente è arrivata la convocazione, ho tanta adrenalina, ragazze... che emozione, che bello, voglio partire, sono al settimo cielo".
Per alcune Ascoli - la base da cui passano tutte le soldatesse - rappresenta il fascino della divisa; per la maggioranza significa un posto di lavoro e la fuga dalla disoccupazione delle regioni meridionali. La paga è magra, si comincia con 820 euro al mese, poi 940 se si fa la ferma di un anno. Ogni scaglione 1.600 reclute. E il loro destino era tutto nelle mani degli istruttori: sottufficiali trentenni, fisici atletici, alle spalle qualche missione in Iraq o in Afghanistan con cui fare colpo su giovani di vent'anni.
Molti dei graduati playboy facevano strage di allieve: c'era chi ne vantava 30 e derideva un sergente "sfigato" con solo sei prede. "C'erano soldatesse che cercavano di andare a letto con i superiori", riconosce Luisa che conferma anche gli episodi di violenza. Le ore di sesso venivano consumate allo Hotel Ariston, o poco fuori Ascoli, alla Casa Vacanze Dimora di Morgiano. Possibile che i comandanti della caserma ignorassero questa prassi, contraria a ogni regolamento?
Il procuratore capo militare di Roma, Marco De Paolis precisa che lui ha aperto un'inchiesta a luglio e la chiuderà probabilmente a dicembre: "La procura ordinaria deve verificare se i rapporti sono stati estorti, mentre io debbo accertare se ci sono state minacce e ingiurie continuate a un inferiore". La nuova indagine parte da due istruttorie avviate nel 2009. La prima è una denuncia firmata da sette soldatesse, l'altra sottoscritta da quattro e in entrambi i casi riguardano due marescialli. In uno dei due procedimenti l'imputato è Antonio Di Gesù, maresciallo capo di 37 anni. Nel processo di fine settembre è stato assolto, ma per De Paolis "il ricorso in appello è probabile", mentre è stata formalmente "riaperta anche un'indagine sul suo conto per molestie sessuali", rivela l'avvocato Nello Sgambato presente al dibattimento.
Nei documenti c'è il racconto del maresciallo di picchetto che ispeziona le reclute. Ricorda Francesca: "Sono rimasta sconcertata: ha preso di mira una di noi, forse la più bella, con frasi tipo "che bei balconcini che hai, belle terrazze, curve di livello, che bel corpo, che belle labbra". Diceva che voleva avere rapporti con lei e che avrebbe preferito entrare nelle camerette delle volontarie per trovarle addosso solo biancheria intima". Non è l'unico caso. Un altro maresciallo aveva un suo modello di bellezza: "Le preferiva mediterranee, un po' prosperose, alte più di 1,70, capelli neri: come me", sottolinea Francesca. "Una sera al poligono notturno mi viene vicino e dice "Fatti una scopata con me, qui non ci vede nessuno".
Gli rispondo che sono venuta ad Ascoli per fare il mio lavoro, ma lui ripete più volte la sua richiesta e mi minaccia. Dice che se avessi rivelato qualcosa avrei passato guai seri: anche solo guardandomi in viso avrebbe capito. "Tanto nessuno ti crederà, è la mia parola contro la tua". Ero terrorizzata". Un caporalmaggiore, invece, "mi dava violenti colpi sul sedere quando facevamo il passo del leopardo", risponde Giuditta. Altre ricevono continue telefonate per incontri.
Alcuni graduati sono recidivi, come quel maresciallo, spostato dalla cucina, al magazzino, all'officina: uno sposato, con figli, ma sempre pronto ad allungare le mani. E a riferirlo alle ragazze è un tenente, il segno che anche gli ufficiali erano a conoscenza dei problemi. Dichiara un ex allieva: "Il nostro tenente ci disse di infilare un biglietto anonimo sotto la sua porta, segnalando gli episodi e così abbiamo fatto". Da quei pizzini nasce un'inchiesta interna.
Alcune delle ragazze autrici degli anonimi vengono individuate, ma non si tirano indietro e presentano denuncia: dicono di averlo fatto davanti al colonnello irritato e al tenente "furioso", mentre un capitano donna le aiuta psicologicamente. Ma al momento del congedo uno dei "porci era ancora lì": mentre i tre mesi nel 235mo reggimento "ti rovinano la vita. Perché noi donne lì dentro non siamo tutelate, anche se poi ci mandano a combattere in Afghanistan".
Parole confermate dal presidente della corte d'appello militare, Vito Nicolò Diana: "È un fenomeno nuovo destinato ad accentuarsi ma è lacunosa la giurisdizione militare che spesso, a fronte di molestie commesse nel corso di attività di servizio, non ha adeguati e puntuali strumenti di intervento". Le Forze armate hanno denunciato 11 casi di molestie nel 2009. Troppo pochi rispetto a quello che sta uscendo fuori dalle camerate di Ascoli. Dove persino un caporale donna sottoponeva le reclute "a un umiliante rito di iniziazione: con una verga di bambù bacchettava le allieve sulle natiche".

Sottufficiali e poco gentiluomini. Pronti a selezionare le reclute in base alla disponibilità sessuale, con le buone o con le cattive, con la seduzione o con le minacce. Addestratori senza scrupoli, a cui l'Esercito aveva affidato la formazione di tutte le soldatesse italiane nella famigerata caserma di Ascoli: scaglioni di 1.600 ventenni, isolate dalle famiglie e dal mondo esterno per imparare il mestiere delle armi. Lì dove già due anni fa alcune donne in uniforme avevano denunciato le molestie fisiche e psicologiche: due anni prima che l'omicidio di Melania Rea (vedi box a pag.68) facesse scoprire le relazioni pericolose tra istruttori e ragazze.
Una sorta di caccia grossa in cui si sfidavano Salvatore Parolisi e gli altri sergenti: parlavano di "tacche", come fanno i cecchini, e c'era chi vantava anche 30 prede. Prodezze di playboy, qualche volta raggiri o persino espliciti ricatti, che sfruttavano le debolezze di diciottenni appena entrate nella severità del mondo militare: tutto in una situazione di degrado morale inaccettabile per le forze armate.
Ora la duplice inchiesta e una serie di testimonianze esclusive raccolte da "l'Espresso" aprono uno squarcio inquietante sulla muraglia di quella base dove tante vergogne sono state tollerate. Verrebbe da pensare alle vecchie commedie sexy anni Settanta sulle soldatesse che seducono interi battaglioni, ma non c'è nulla da ridere: i racconti di quello che accadeva dietro le mura della caserma picena sono indicativi di un clima violento.
Le testimoni hanno accettato di parlare con "l'Espresso" dietro garanzia dell'anonimato: non sono più in servizio e vogliono solo dimenticare, anche se molte di loro hanno deposto davanti ai pm. Le loro ricostruzioni coincidono con i comportamenti fuori controllo individuati dalla procura "ordinaria" e da quella militare. Paola ricorda quel giorno afoso dell'estate 2009:
"Non era un mio superiore, ma il maresciallo capo mi ha chiesto di seguirlo nel magazzino per prendere delle cose. Quando entrai, chiuse a chiave la porta dietro di sé. Gli ho domandato cosa stesse facendo. Lui ha sorriso stringendomi in un angolo. Ma mostrandomi decisa sono riuscita a scappare". Carla invece non può cancellare quei minuti con un graduato: "Ero in tuta e faceva caldo, era la prima volta che lo vedevo e mi apostrofò come se stesse dando un ordine: "Ti voglio scopare, se vuoi spiccare sulle altre devi fare sesso con me...". Rimasi scioccata, ma gli risposi che poteva essere mio padre e velocemente uscii".
Ancora più terribile il racconto di Maria: "Eravamo entrati in un magazzino per prendere cinturoni e spalline delle uniformi da parata. Quell'anno toccava a noi fare il turno di guardia al Quirinale e dovevamo preparare la marcia. Il superiore mi ha messo le mani addosso e mi stava toccando e palpeggiando ovunque: sul sedere, sul seno. Voleva togliermi la giacca dell'uniforme con la forza e spogliarmi: io mi sono opposta, l'ho bloccato e sono fuggita spaventata". Ancora più pesante la scena descritta da Maria: "Stavo scendendo da una scala di ferro durante un'esercitazione. Chiesi all'istruttore di spostarsi, altrimenti non sarei riuscita a scendere. Lui ha fatto finta di farsi da parte poi invece si è piazzato sotto, fino a che il mio sedere è stato a contatto con il suo viso. Ha detto: "Mi piace infilare la faccia nel tuo culo". E poi ha insistito, pretendendo anche un rapporto sessuale".
Le testimonianze sono tante. Antonella, Giorgia, Luisa vogliono solo cancellare quei tre mesi dietro il reticolato di Ascoli. I loro avvocati descrivono le "attenzioni particolari" degli addestratori. Tutte hanno ormai tagliato i ponti con l'Esercito, ma portano addosso le conseguenze delle pressioni psicologiche. Carla, dopo il tentato stupro, è stata ricoverata tre volte in ospedale: "Ho le cartelle cliniche che dicono che da quel giorno soffro di ansia, crisi di panico, mi metto improvvisamente a piangere, svenimenti continui. Vomitavo pure l'acqua".
Oltre allo choc, pesa anche la delusione di vedere un sogno finire nel fango: "Io ero entrata nell'Esercito perché mi piaceva". Un sogno condiviso con molte altre, felici per essere state accettate ad Ascoli. Come quelle che ancora oggi scrivono su Facebook: "Finalmente è arrivata la convocazione, ho tanta adrenalina, ragazze... che emozione, che bello, voglio partire, sono al settimo cielo".
Per alcune Ascoli - la base da cui passano tutte le soldatesse - rappresenta il fascino della divisa; per la maggioranza significa un posto di lavoro e la fuga dalla disoccupazione delle regioni meridionali. La paga è magra, si comincia con 820 euro al mese, poi 940 se si fa la ferma di un anno. Ogni scaglione 1.600 reclute. E il loro destino era tutto nelle mani degli istruttori: sottufficiali trentenni, fisici atletici, alle spalle qualche missione in Iraq o in Afghanistan con cui fare colpo su giovani di vent'anni.
Molti dei graduati playboy facevano strage di allieve: c'era chi ne vantava 30 e derideva un sergente "sfigato" con solo sei prede. "C'erano soldatesse che cercavano di andare a letto con i superiori", riconosce Luisa che conferma anche gli episodi di violenza. Le ore di sesso venivano consumate allo Hotel Ariston, o poco fuori Ascoli, alla Casa Vacanze Dimora di Morgiano. Possibile che i comandanti della caserma ignorassero questa prassi, contraria a ogni regolamento?
Il procuratore capo militare di Roma, Marco De Paolis precisa che lui ha aperto un'inchiesta a luglio e la chiuderà probabilmente a dicembre: "La procura ordinaria deve verificare se i rapporti sono stati estorti, mentre io debbo accertare se ci sono state minacce e ingiurie continuate a un inferiore". La nuova indagine parte da due istruttorie avviate nel 2009. La prima è una denuncia firmata da sette soldatesse, l'altra sottoscritta da quattro e in entrambi i casi riguardano due marescialli. In uno dei due procedimenti l'imputato è Antonio Di Gesù, maresciallo capo di 37 anni. Nel processo di fine settembre è stato assolto, ma per De Paolis "il ricorso in appello è probabile", mentre è stata formalmente "riaperta anche un'indagine sul suo conto per molestie sessuali", rivela l'avvocato Nello Sgambato presente al dibattimento.
Nei documenti c'è il racconto del maresciallo di picchetto che ispeziona le reclute. Ricorda Francesca: "Sono rimasta sconcertata: ha preso di mira una di noi, forse la più bella, con frasi tipo "che bei balconcini che hai, belle terrazze, curve di livello, che bel corpo, che belle labbra". Diceva che voleva avere rapporti con lei e che avrebbe preferito entrare nelle camerette delle volontarie per trovarle addosso solo biancheria intima". Non è l'unico caso. Un altro maresciallo aveva un suo modello di bellezza: "Le preferiva mediterranee, un po' prosperose, alte più di 1,70, capelli neri: come me", sottolinea Francesca. "Una sera al poligono notturno mi viene vicino e dice "Fatti una scopata con me, qui non ci vede nessuno".
Gli rispondo che sono venuta ad Ascoli per fare il mio lavoro, ma lui ripete più volte la sua richiesta e mi minaccia. Dice che se avessi rivelato qualcosa avrei passato guai seri: anche solo guardandomi in viso avrebbe capito. "Tanto nessuno ti crederà, è la mia parola contro la tua". Ero terrorizzata". Un caporalmaggiore, invece, "mi dava violenti colpi sul sedere quando facevamo il passo del leopardo", risponde Giuditta. Altre ricevono continue telefonate per incontri.
Alcuni graduati sono recidivi, come quel maresciallo, spostato dalla cucina, al magazzino, all'officina: uno sposato, con figli, ma sempre pronto ad allungare le mani. E a riferirlo alle ragazze è un tenente, il segno che anche gli ufficiali erano a conoscenza dei problemi. Dichiara un ex allieva: "Il nostro tenente ci disse di infilare un biglietto anonimo sotto la sua porta, segnalando gli episodi e così abbiamo fatto". Da quei pizzini nasce un'inchiesta interna.
Alcune delle ragazze autrici degli anonimi vengono individuate, ma non si tirano indietro e presentano denuncia: dicono di averlo fatto davanti al colonnello irritato e al tenente "furioso", mentre un capitano donna le aiuta psicologicamente. Ma al momento del congedo uno dei "porci era ancora lì": mentre i tre mesi nel 235mo reggimento "ti rovinano la vita. Perché noi donne lì dentro non siamo tutelate, anche se poi ci mandano a combattere in Afghanistan".
Parole confermate dal presidente della corte d'appello militare, Vito Nicolò Diana: "È un fenomeno nuovo destinato ad accentuarsi ma è lacunosa la giurisdizione militare che spesso, a fronte di molestie commesse nel corso di attività di servizio, non ha adeguati e puntuali strumenti di intervento". Le Forze armate hanno denunciato 11 casi di molestie nel 2009. Troppo pochi rispetto a quello che sta uscendo fuori dalle camerate di Ascoli. Dove persino un caporale donna sottoponeva le reclute "a un umiliante rito di iniziazione: con una verga di bambù bacchettava le allieve sulle natiche".
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)
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Re: [O.T.] DELITTI
questa storia,appena sentita,non mi convinceva.....
povero piccolo....
Argentario: "Ha annegato il figlio"
arrestata la mamma, indagato anche il padre
Svolta nelle indagini sulla morte di un bimbo di 16 mesi dopo una gita in pedalò con la madre. Ora per la donna è scattato il fermo per omicidio premeditato e per il marito l'accusa concorso in omicidio. Timori per la sorte degli altri due figli. La tragedia lo scorso 9 agosto sulla spiaggia della Feniglia
Drammatica svolta nelle indagini sulla morte del piccolo Federico, 16 mesi morto annegato il 9 agosto scorso durante una gita in pedalò con la madre nelle acque della Feniglia, a Porto Ercole, all'Argentario (in provincia di Grosseto). La mamma, Laura P. , è stata arrestata ieri sera con l'accusa di omicidio premeditato. I carabinieri di Orbetello l'hanno condotta nel carcere di Rebibbia, su disposizione della Procura di Grosseto.
La tragedia sul pedalò
Il ruolo del padre. Ed è stato chiamato pesantemente in causa anche il padre del bimbo. L'uomo, Lorenzo C., noto commercialista romano, è stato indagato per concorso in omicidio. In particolare, i magistrati stanno valutando il ruolo tenuto dall'uomo nei mesi successivi a un primo tentativo di annegamento del figlio del marzo 2011.
Quando il piccolo morì di fronte allo stabilimento balneare Mamma Licia, l'uomo era a Roma, trattenuto da motivi di lavoro. La coppia ha altri due figli. Il gip, secondo quando ha spiegato il procuratore, ha firmato il provvedimento di arresto della madre, temendo che potesse commettere altre violenze.
La testimonianza della mamma. Quel 9 agosto la donna raccontò di aver deciso di fare un giro al mare, al largo in pedalò con il figlio: aveva raggiunto le boe a circa 200 metri dalla riva. Il bambino, secondo la versione fornita dalla mamma, si sarebbe sporto troppo cadendo in acqua. Laura disse di averlo subito recuperato e trasportato in spiaggia avvolto in un asciugamano e disteso sul lettino sotto l'ombrellone. Poi, convinta che Federico si fosse addormentato, è andata a fare la doccia, quindi ha pagato l'affitto del pedalò ai bagnini e si è allontanata con il figlio in braccio. Quel giorno la donna era da sola con il bambino, gli altri due figli erano a casa all'Argentario con la baby sitter, il marito a Roma per l'ultimo giorno di lavoro. E anche in queste ore il gestore dello stabilimento balneare la ricorda come una madre premurosa, "ma quel giorno non volle chiedere aiuto a nessuno"
Il giorno dopo, 10 agosto, la donna è stata iscritta nel registro degli indagati per omicidio colposo, ma si disse che era un atto dovuto. Le indagini però sono andate avanti. Non convinceva nella ricostruzione della donna il non aver chiamato subito i soccorsi. La donna si sarebbe allontanata in pedalò e, al riparo degli sguardi degli altri turisti, lo avrebbe messo volontariamente sott'acqua fino ad annegarlo.
Le indagini hanno scoperto che la donna soffriva da un anno di depressione. Era in cura a Roma. A marzo quando suo figlio aveva appena 11 mesi era stato salvato dai medici romani del policlinico Umberto I: la donna aveva raccontato che era scivolato nella vasca. Il sospetto degli investigatori è che già in quell'occasione la donna avesse tentato di ucciderlo, ma il tentativo fallì perchè la donna lo aveva creduto morto. Invece il piccolo era soltanto svenuto.
Secondo quanto emerge dagli accertamenti il piccolo di 16 mesi era sano e non soffriva di problemi di salute.
L'inchiesta va avanti. "L'inchiesta non è chiusa e le indagini proseguono". Lo ha detto il procuratore di Grosseto Franco Verusio. Il procuratore Verusio coordina in prima persona l'inchiesta e si è complimentato con i carabinieri per come stanno svolgendo le indagini su questa vicenda.
Il mistero delle ore. Federico arrivò già morto all'ospedale di Orbetello il 9 agosto scorso. I medici del pronto soccorso tentarono di rianimarlo ma non fu possibile salvarlo. La donna aveva trasportato il figlio, ormai privo di sensi, in auto all'ospedale, provenendo dalla spiaggia della Feniglia. Arrivarono alle 11.14. I sanitari si adoperarono per salvare il bimbo, ma alle 11.50 gli stessi medici decretarono ufficialmente la morte del piccolo. Ma secondo quanto emerge da fonti sanitarie, successivamente l'autopsia stabilì che il bambino era morto circa due ore prima, per annegamento.
Secondo una ricostruzione emersa oggi, la gità in pedalò si era conclusa verso le 9, mentre la donna avrebbe lasciato la spiaggia con il figlio ormai esanime verso le 10.20. L'incongruenza, nei tempi e nei modi, fra la caduta in mare e il soccorso praticato dalla donna verso il figlio sarebbe uno degli elementi che hanno fatto dirottare gli inquirenti dall'ipotesi iniziale di una disgrazia a quella, ben più pesante, di omicidio volontario
povero piccolo....
Argentario: "Ha annegato il figlio"
arrestata la mamma, indagato anche il padre
Svolta nelle indagini sulla morte di un bimbo di 16 mesi dopo una gita in pedalò con la madre. Ora per la donna è scattato il fermo per omicidio premeditato e per il marito l'accusa concorso in omicidio. Timori per la sorte degli altri due figli. La tragedia lo scorso 9 agosto sulla spiaggia della Feniglia
Drammatica svolta nelle indagini sulla morte del piccolo Federico, 16 mesi morto annegato il 9 agosto scorso durante una gita in pedalò con la madre nelle acque della Feniglia, a Porto Ercole, all'Argentario (in provincia di Grosseto). La mamma, Laura P. , è stata arrestata ieri sera con l'accusa di omicidio premeditato. I carabinieri di Orbetello l'hanno condotta nel carcere di Rebibbia, su disposizione della Procura di Grosseto.
La tragedia sul pedalò
Il ruolo del padre. Ed è stato chiamato pesantemente in causa anche il padre del bimbo. L'uomo, Lorenzo C., noto commercialista romano, è stato indagato per concorso in omicidio. In particolare, i magistrati stanno valutando il ruolo tenuto dall'uomo nei mesi successivi a un primo tentativo di annegamento del figlio del marzo 2011.
Quando il piccolo morì di fronte allo stabilimento balneare Mamma Licia, l'uomo era a Roma, trattenuto da motivi di lavoro. La coppia ha altri due figli. Il gip, secondo quando ha spiegato il procuratore, ha firmato il provvedimento di arresto della madre, temendo che potesse commettere altre violenze.
La testimonianza della mamma. Quel 9 agosto la donna raccontò di aver deciso di fare un giro al mare, al largo in pedalò con il figlio: aveva raggiunto le boe a circa 200 metri dalla riva. Il bambino, secondo la versione fornita dalla mamma, si sarebbe sporto troppo cadendo in acqua. Laura disse di averlo subito recuperato e trasportato in spiaggia avvolto in un asciugamano e disteso sul lettino sotto l'ombrellone. Poi, convinta che Federico si fosse addormentato, è andata a fare la doccia, quindi ha pagato l'affitto del pedalò ai bagnini e si è allontanata con il figlio in braccio. Quel giorno la donna era da sola con il bambino, gli altri due figli erano a casa all'Argentario con la baby sitter, il marito a Roma per l'ultimo giorno di lavoro. E anche in queste ore il gestore dello stabilimento balneare la ricorda come una madre premurosa, "ma quel giorno non volle chiedere aiuto a nessuno"
Il giorno dopo, 10 agosto, la donna è stata iscritta nel registro degli indagati per omicidio colposo, ma si disse che era un atto dovuto. Le indagini però sono andate avanti. Non convinceva nella ricostruzione della donna il non aver chiamato subito i soccorsi. La donna si sarebbe allontanata in pedalò e, al riparo degli sguardi degli altri turisti, lo avrebbe messo volontariamente sott'acqua fino ad annegarlo.
Le indagini hanno scoperto che la donna soffriva da un anno di depressione. Era in cura a Roma. A marzo quando suo figlio aveva appena 11 mesi era stato salvato dai medici romani del policlinico Umberto I: la donna aveva raccontato che era scivolato nella vasca. Il sospetto degli investigatori è che già in quell'occasione la donna avesse tentato di ucciderlo, ma il tentativo fallì perchè la donna lo aveva creduto morto. Invece il piccolo era soltanto svenuto.
Secondo quanto emerge dagli accertamenti il piccolo di 16 mesi era sano e non soffriva di problemi di salute.
L'inchiesta va avanti. "L'inchiesta non è chiusa e le indagini proseguono". Lo ha detto il procuratore di Grosseto Franco Verusio. Il procuratore Verusio coordina in prima persona l'inchiesta e si è complimentato con i carabinieri per come stanno svolgendo le indagini su questa vicenda.
Il mistero delle ore. Federico arrivò già morto all'ospedale di Orbetello il 9 agosto scorso. I medici del pronto soccorso tentarono di rianimarlo ma non fu possibile salvarlo. La donna aveva trasportato il figlio, ormai privo di sensi, in auto all'ospedale, provenendo dalla spiaggia della Feniglia. Arrivarono alle 11.14. I sanitari si adoperarono per salvare il bimbo, ma alle 11.50 gli stessi medici decretarono ufficialmente la morte del piccolo. Ma secondo quanto emerge da fonti sanitarie, successivamente l'autopsia stabilì che il bambino era morto circa due ore prima, per annegamento.
Secondo una ricostruzione emersa oggi, la gità in pedalò si era conclusa verso le 9, mentre la donna avrebbe lasciato la spiaggia con il figlio ormai esanime verso le 10.20. L'incongruenza, nei tempi e nei modi, fra la caduta in mare e il soccorso praticato dalla donna verso il figlio sarebbe uno degli elementi che hanno fatto dirottare gli inquirenti dall'ipotesi iniziale di una disgrazia a quella, ben più pesante, di omicidio volontario
il passato non può essere cambiato,il presente offre solo rimpianti e perdite,solo nei giorni a venire un'uomo può trovare conforto quando i ricordi svaniscono.CRASSO!
- katmandu69
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Re: [O.T.] DELITTI
questa storia,appena sentita,non mi convinceva.....
povero piccolo....
Argentario: "Ha annegato il figlio"
arrestata la mamma, indagato anche il padre
Svolta nelle indagini sulla morte di un bimbo di 16 mesi dopo una gita in pedalò con la madre. Ora per la donna è scattato il fermo per omicidio premeditato e per il marito l'accusa concorso in omicidio. Timori per la sorte degli altri due figli. La tragedia lo scorso 9 agosto sulla spiaggia della Feniglia
Drammatica svolta nelle indagini sulla morte del piccolo Federico, 16 mesi morto annegato il 9 agosto scorso durante una gita in pedalò con la madre nelle acque della Feniglia, a Porto Ercole, all'Argentario (in provincia di Grosseto). La mamma, Laura P. , è stata arrestata ieri sera con l'accusa di omicidio premeditato. I carabinieri di Orbetello l'hanno condotta nel carcere di Rebibbia, su disposizione della Procura di Grosseto.
La tragedia sul pedalò
Il ruolo del padre. Ed è stato chiamato pesantemente in causa anche il padre del bimbo. L'uomo, Lorenzo C., noto commercialista romano, è stato indagato per concorso in omicidio. In particolare, i magistrati stanno valutando il ruolo tenuto dall'uomo nei mesi successivi a un primo tentativo di annegamento del figlio del marzo 2011.
Quando il piccolo morì di fronte allo stabilimento balneare Mamma Licia, l'uomo era a Roma, trattenuto da motivi di lavoro. La coppia ha altri due figli. Il gip, secondo quando ha spiegato il procuratore, ha firmato il provvedimento di arresto della madre, temendo che potesse commettere altre violenze.
La testimonianza della mamma. Quel 9 agosto la donna raccontò di aver deciso di fare un giro al mare, al largo in pedalò con il figlio: aveva raggiunto le boe a circa 200 metri dalla riva. Il bambino, secondo la versione fornita dalla mamma, si sarebbe sporto troppo cadendo in acqua. Laura disse di averlo subito recuperato e trasportato in spiaggia avvolto in un asciugamano e disteso sul lettino sotto l'ombrellone. Poi, convinta che Federico si fosse addormentato, è andata a fare la doccia, quindi ha pagato l'affitto del pedalò ai bagnini e si è allontanata con il figlio in braccio. Quel giorno la donna era da sola con il bambino, gli altri due figli erano a casa all'Argentario con la baby sitter, il marito a Roma per l'ultimo giorno di lavoro. E anche in queste ore il gestore dello stabilimento balneare la ricorda come una madre premurosa, "ma quel giorno non volle chiedere aiuto a nessuno"
Il giorno dopo, 10 agosto, la donna è stata iscritta nel registro degli indagati per omicidio colposo, ma si disse che era un atto dovuto. Le indagini però sono andate avanti. Non convinceva nella ricostruzione della donna il non aver chiamato subito i soccorsi. La donna si sarebbe allontanata in pedalò e, al riparo degli sguardi degli altri turisti, lo avrebbe messo volontariamente sott'acqua fino ad annegarlo.
Le indagini hanno scoperto che la donna soffriva da un anno di depressione. Era in cura a Roma. A marzo quando suo figlio aveva appena 11 mesi era stato salvato dai medici romani del policlinico Umberto I: la donna aveva raccontato che era scivolato nella vasca. Il sospetto degli investigatori è che già in quell'occasione la donna avesse tentato di ucciderlo, ma il tentativo fallì perchè la donna lo aveva creduto morto. Invece il piccolo era soltanto svenuto.
Secondo quanto emerge dagli accertamenti il piccolo di 16 mesi era sano e non soffriva di problemi di salute.
L'inchiesta va avanti. "L'inchiesta non è chiusa e le indagini proseguono". Lo ha detto il procuratore di Grosseto Franco Verusio. Il procuratore Verusio coordina in prima persona l'inchiesta e si è complimentato con i carabinieri per come stanno svolgendo le indagini su questa vicenda.
Il mistero delle ore. Federico arrivò già morto all'ospedale di Orbetello il 9 agosto scorso. I medici del pronto soccorso tentarono di rianimarlo ma non fu possibile salvarlo. La donna aveva trasportato il figlio, ormai privo di sensi, in auto all'ospedale, provenendo dalla spiaggia della Feniglia. Arrivarono alle 11.14. I sanitari si adoperarono per salvare il bimbo, ma alle 11.50 gli stessi medici decretarono ufficialmente la morte del piccolo. Ma secondo quanto emerge da fonti sanitarie, successivamente l'autopsia stabilì che il bambino era morto circa due ore prima, per annegamento.
Secondo una ricostruzione emersa oggi, la gità in pedalò si era conclusa verso le 9, mentre la donna avrebbe lasciato la spiaggia con il figlio ormai esanime verso le 10.20. L'incongruenza, nei tempi e nei modi, fra la caduta in mare e il soccorso praticato dalla donna verso il figlio sarebbe uno degli elementi che hanno fatto dirottare gli inquirenti dall'ipotesi iniziale di una disgrazia a quella, ben più pesante, di omicidio volontario
povero piccolo....
Argentario: "Ha annegato il figlio"
arrestata la mamma, indagato anche il padre
Svolta nelle indagini sulla morte di un bimbo di 16 mesi dopo una gita in pedalò con la madre. Ora per la donna è scattato il fermo per omicidio premeditato e per il marito l'accusa concorso in omicidio. Timori per la sorte degli altri due figli. La tragedia lo scorso 9 agosto sulla spiaggia della Feniglia
Drammatica svolta nelle indagini sulla morte del piccolo Federico, 16 mesi morto annegato il 9 agosto scorso durante una gita in pedalò con la madre nelle acque della Feniglia, a Porto Ercole, all'Argentario (in provincia di Grosseto). La mamma, Laura P. , è stata arrestata ieri sera con l'accusa di omicidio premeditato. I carabinieri di Orbetello l'hanno condotta nel carcere di Rebibbia, su disposizione della Procura di Grosseto.
La tragedia sul pedalò
Il ruolo del padre. Ed è stato chiamato pesantemente in causa anche il padre del bimbo. L'uomo, Lorenzo C., noto commercialista romano, è stato indagato per concorso in omicidio. In particolare, i magistrati stanno valutando il ruolo tenuto dall'uomo nei mesi successivi a un primo tentativo di annegamento del figlio del marzo 2011.
Quando il piccolo morì di fronte allo stabilimento balneare Mamma Licia, l'uomo era a Roma, trattenuto da motivi di lavoro. La coppia ha altri due figli. Il gip, secondo quando ha spiegato il procuratore, ha firmato il provvedimento di arresto della madre, temendo che potesse commettere altre violenze.
La testimonianza della mamma. Quel 9 agosto la donna raccontò di aver deciso di fare un giro al mare, al largo in pedalò con il figlio: aveva raggiunto le boe a circa 200 metri dalla riva. Il bambino, secondo la versione fornita dalla mamma, si sarebbe sporto troppo cadendo in acqua. Laura disse di averlo subito recuperato e trasportato in spiaggia avvolto in un asciugamano e disteso sul lettino sotto l'ombrellone. Poi, convinta che Federico si fosse addormentato, è andata a fare la doccia, quindi ha pagato l'affitto del pedalò ai bagnini e si è allontanata con il figlio in braccio. Quel giorno la donna era da sola con il bambino, gli altri due figli erano a casa all'Argentario con la baby sitter, il marito a Roma per l'ultimo giorno di lavoro. E anche in queste ore il gestore dello stabilimento balneare la ricorda come una madre premurosa, "ma quel giorno non volle chiedere aiuto a nessuno"
Il giorno dopo, 10 agosto, la donna è stata iscritta nel registro degli indagati per omicidio colposo, ma si disse che era un atto dovuto. Le indagini però sono andate avanti. Non convinceva nella ricostruzione della donna il non aver chiamato subito i soccorsi. La donna si sarebbe allontanata in pedalò e, al riparo degli sguardi degli altri turisti, lo avrebbe messo volontariamente sott'acqua fino ad annegarlo.
Le indagini hanno scoperto che la donna soffriva da un anno di depressione. Era in cura a Roma. A marzo quando suo figlio aveva appena 11 mesi era stato salvato dai medici romani del policlinico Umberto I: la donna aveva raccontato che era scivolato nella vasca. Il sospetto degli investigatori è che già in quell'occasione la donna avesse tentato di ucciderlo, ma il tentativo fallì perchè la donna lo aveva creduto morto. Invece il piccolo era soltanto svenuto.
Secondo quanto emerge dagli accertamenti il piccolo di 16 mesi era sano e non soffriva di problemi di salute.
L'inchiesta va avanti. "L'inchiesta non è chiusa e le indagini proseguono". Lo ha detto il procuratore di Grosseto Franco Verusio. Il procuratore Verusio coordina in prima persona l'inchiesta e si è complimentato con i carabinieri per come stanno svolgendo le indagini su questa vicenda.
Il mistero delle ore. Federico arrivò già morto all'ospedale di Orbetello il 9 agosto scorso. I medici del pronto soccorso tentarono di rianimarlo ma non fu possibile salvarlo. La donna aveva trasportato il figlio, ormai privo di sensi, in auto all'ospedale, provenendo dalla spiaggia della Feniglia. Arrivarono alle 11.14. I sanitari si adoperarono per salvare il bimbo, ma alle 11.50 gli stessi medici decretarono ufficialmente la morte del piccolo. Ma secondo quanto emerge da fonti sanitarie, successivamente l'autopsia stabilì che il bambino era morto circa due ore prima, per annegamento.
Secondo una ricostruzione emersa oggi, la gità in pedalò si era conclusa verso le 9, mentre la donna avrebbe lasciato la spiaggia con il figlio ormai esanime verso le 10.20. L'incongruenza, nei tempi e nei modi, fra la caduta in mare e il soccorso praticato dalla donna verso il figlio sarebbe uno degli elementi che hanno fatto dirottare gli inquirenti dall'ipotesi iniziale di una disgrazia a quella, ben più pesante, di omicidio volontario
il passato non può essere cambiato,il presente offre solo rimpianti e perdite,solo nei giorni a venire un'uomo può trovare conforto quando i ricordi svaniscono.CRASSO!
- katmandu69
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Re: [O.T.] DELITTI
edit... 

il passato non può essere cambiato,il presente offre solo rimpianti e perdite,solo nei giorni a venire un'uomo può trovare conforto quando i ricordi svaniscono.CRASSO!
- Drogato_ di_porno
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Re: [O.T.] DELITTI
che pezzo di merda
Cane sepolto vivo dal padrone, salvato dopo 40 ore
Orrore a Desenzano (Brescia). Denunciato il proprietario
L'uomo lo aveva bendato e sotterrato sotto mezzo metro di laterizi: La polizia, avvertita da un passante, è riuscita a estrarre l'animale, malconcio ma ancora in vita
Il cane Jerry, sepolto vivo dal padrone e salvato 40 ore dopo (Ansa)Brescia, 3 novembre 2011 - E' stato sepolto vivo sotto mezzo metro di laterizi dal suo padrone, ma la polizia è riuscita a salvarlo nonostante fossero passate 40 ore. E' questa l’agghiacciante vicenda, per fortuna a lieto fine, toccata a un cane a Desenzano, in provincia di Brescia. Gli agenti hanno scavato a mani nude gli agenti tra ghiaia e forati, trovando Jerry, questo il nome dell'animale, agonizzante e con gli occhi coperti da una benda. Denunciato il padrone senza cuore.
I poliziotti sono stati avvisati da un cittadino che, passando nella zona di campagna del paese gardesano, ha sentito dei guaiti provenire da sotto le macerie. In poche ore è stato identificato il proprietario dell’animale, che ha ammesso di averlo sepolto perché pensava fosse già morto. Il desenzanese è stato denunciato per maltrattamento di animali. Il cane non è in pericolo di vita e, a breve, sarà affidato al canile di Desenzano.
"Un fatto di di una gravità inaudita che purtroppo conferma come, nonostante i passi avanti compiuti dal nostro Paese in materia di tutela e protezione degli animali, continuino a sussistere pericolose sacche di inciviltà di ignoranza, di intollerabile crudeltà - ha detto il presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi -. L’Enpa si costituirà parte civile nel procedimento a carico dell'indagato. Auspico che le persona sia punita con una punizione esemplare. La nostra coscienza del nostro Paese non può accettare che si verifichino episodi così raccapriccianti".





Cane sepolto vivo dal padrone, salvato dopo 40 ore
Orrore a Desenzano (Brescia). Denunciato il proprietario
L'uomo lo aveva bendato e sotterrato sotto mezzo metro di laterizi: La polizia, avvertita da un passante, è riuscita a estrarre l'animale, malconcio ma ancora in vita
Il cane Jerry, sepolto vivo dal padrone e salvato 40 ore dopo (Ansa)Brescia, 3 novembre 2011 - E' stato sepolto vivo sotto mezzo metro di laterizi dal suo padrone, ma la polizia è riuscita a salvarlo nonostante fossero passate 40 ore. E' questa l’agghiacciante vicenda, per fortuna a lieto fine, toccata a un cane a Desenzano, in provincia di Brescia. Gli agenti hanno scavato a mani nude gli agenti tra ghiaia e forati, trovando Jerry, questo il nome dell'animale, agonizzante e con gli occhi coperti da una benda. Denunciato il padrone senza cuore.
I poliziotti sono stati avvisati da un cittadino che, passando nella zona di campagna del paese gardesano, ha sentito dei guaiti provenire da sotto le macerie. In poche ore è stato identificato il proprietario dell’animale, che ha ammesso di averlo sepolto perché pensava fosse già morto. Il desenzanese è stato denunciato per maltrattamento di animali. Il cane non è in pericolo di vita e, a breve, sarà affidato al canile di Desenzano.
"Un fatto di di una gravità inaudita che purtroppo conferma come, nonostante i passi avanti compiuti dal nostro Paese in materia di tutela e protezione degli animali, continuino a sussistere pericolose sacche di inciviltà di ignoranza, di intollerabile crudeltà - ha detto il presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi -. L’Enpa si costituirà parte civile nel procedimento a carico dell'indagato. Auspico che le persona sia punita con una punizione esemplare. La nostra coscienza del nostro Paese non può accettare che si verifichino episodi così raccapriccianti".





"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)
Re: [O.T.] DELITTI
per riprendere la storia di Drogato_ di_porno
mi ricordo hai tempi dell'influenza aviaria in Turchia (2 o 3 anni fa forse) ke prendevano le galline (malate e no) le infilavano 3 o 4 in un sacco e le buttavano in un buco... e poi coprivano con la ruspa... magari tt l'allevamento (migliaia di polli) veniva sepolto vivo... ok ke erano galline malate.. ma cavolo almeno uccidile prima!! nn regalagli giorni e giorni di agonia!!
xò sti c..i!!!!!
provate voi se vi buttano in un sacco con 2 o tre persone e vi seppelliscono vivo!!
mi ricordo hai tempi dell'influenza aviaria in Turchia (2 o 3 anni fa forse) ke prendevano le galline (malate e no) le infilavano 3 o 4 in un sacco e le buttavano in un buco... e poi coprivano con la ruspa... magari tt l'allevamento (migliaia di polli) veniva sepolto vivo... ok ke erano galline malate.. ma cavolo almeno uccidile prima!! nn regalagli giorni e giorni di agonia!!
xò sti c..i!!!!!
provate voi se vi buttano in un sacco con 2 o tre persone e vi seppelliscono vivo!!
Seer Papa me donasse tutta Roma e me dicesse:
Lassa anna' chi t'ama...
Io je direbbe: LASSA STA' I FASTIDI MATT!!
Lassa anna' chi t'ama...
Io je direbbe: LASSA STA' I FASTIDI MATT!!
Re: [O.T.] DELITTI
hellen ha scritto: provate voi se vi buttano in un sacco con 2 o tre persone e vi seppelliscono vivo!!
Dipende. Se nel sacco col sottoscritto ci fossero Lilith e Cytherea, ok...Muoio tranquillo (dopo).
Diverso sarebbe se fossi messo in un sacco con con Federicoweb e Gambo....
Non votate per me. Io sono fuori dal Cerchio Magico.
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Re: [O.T.] DELITTI
O con Rocco e Roccaforte. HAHAHA!
Re: [O.T.] DELITTI
Ecco se ti chiudi in un sacco e ti porti pure Lilith (Cytherea non me ne può fregà de meno) vengo io a seppellirvi.Ortheus ha scritto:hellen ha scritto: provate voi se vi buttano in un sacco con 2 o tre persone e vi seppelliscono vivo!!
Dipende. Se nel sacco col sottoscritto ci fossero Lilith e Cytherea, ok...Muoio tranquillo (dopo).
Diverso sarebbe se fossi messo in un sacco con con Federicoweb e Gambo....
Quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla.
(Lao Tse)
Ridi, e il mondo riderà con te; piangi, e piangerai da solo.
(Dae-Su, Oldboy - http://www.youtube.com/watch?v=OoFJYI9xrmc)
Evil eye - Twisted smile - Laughing as you cry
(Lao Tse)
Ridi, e il mondo riderà con te; piangi, e piangerai da solo.
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Re: [O.T.] DELITTI
Al posto del cagnolino ci vedrei bene il suo padrone, ma senza nessuno che lo tiri fuori però.
Figlio di puttana.
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"Più le cose cambiano, più restano le stesse"
"I lesbo sono migliori se leggermente asimmetrici" Gargarozzo
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Re: [O.T.] DELITTI
Cacciatore quindi idiota.
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Re: [O.T.] DELITTI
Sull'ammazzare le galline soffocandole
temo che sia stato una necessita': ricordatevi che erano galline infette, quindi volevano evitare di versarne il sangue, per non essere contagiati!
temo che sia stato una necessita': ricordatevi che erano galline infette, quindi volevano evitare di versarne il sangue, per non essere contagiati!
1) l'ignoranza crea, la cultura rimastica.
2) dopo cena non è mai stupro.
3) "Cosa farebbe Kennedy? Lo sai che se la farebbe!"
4) le donne vogliono essere irrigate, non ignorate
2) dopo cena non è mai stupro.
3) "Cosa farebbe Kennedy? Lo sai che se la farebbe!"
4) le donne vogliono essere irrigate, non ignorate