Drogato_ di_porno ha scritto:Helmut ha scritto:C'è un partito organizzato che li guida...??? No.
Sarà la Comune di Bengasi.
Ma quale Comune di Parigi sono gli avanzi della CIA e dell'MI 6
da
F.Grimaldi
Fatta la tara al sistema mediatico occidentale e magari ascoltata l'emittente dell'America libera, Telesur, e anche la problematicità di Al Jazira, deprechiamo pure il bagno di sangue in Libia, con la repressione dei settori fedeli a Gheddafi, ma anche con l'ambiguità di un'informazione le cui contraddizioni tra commenti e immagini sfida la logica. E le cui motivazioni e i cui burattinai dovrebbero sollecitarci qualche riflessone. Non arrendiamoci al sanguinolento Grand Guignol che tutta la stampa, destra e "sionistra", in quell'unanimità che fa sempre gioco alla destra, spara sulla Libia e contro Gheddafi. Bombardamenti aerei sulla popolazione, mercenari stragisti, defezioni di militari, aviazione, ambasciatori, feriti sparati negli ospedali, testimoni rientrati che hanno "sentito colpi di fucile", migliaia di cadaveri per le strade, "esperti" tv fuorusciti da trent'anni dalla Libia che invocano la democrazia occidentale, mosche su quella patacca che passa per viva ed è già putrescente e ancora vorrebbe infettare i popoli che ne sono esenti... In Iraq cianciavano di fosse comuni di Saddam, mai trovate, mentre ne allestivano per migliaia, oggi un po' per volta scoperte con cadaveri datati dal 2003 in qua.
Molto è già stato smentito, molto non si è mai visto, neanche con immagini da cellulare, le manifestazioni di massa di Egitto, Tunisia, Yemen, Bahrein, stanno alle folle in campo in Libia come un tsunami sta al ponentino. Con ogni evidenza lo scontro è tra schieramernti militari che riflettono la spaccatura nazionale (e i maneggi esterni, italiani compresi), non un'insurrezaione di popolo. La spaccatura corre all'interno di militari e apparato politico, a loro volta specchio di una frattura sociale tra tribù e regioni: la Cirenaica, cara agli inglesi che la volevano staccare dalla Libia, da sempre secessionista con mire di emirato islamico, dove oggi si fanno sventolare le bandiere senussite del vecchio re Idris, burattino del colonialismo (lo stesso eroe nazionale Omar Al Mukhtar detestava i cirenaici e lì considerava traditori); e la Tripolitania, storicamente più avanzata, moderna, laica. La collusione divenuta collisione tra settori sociali cresciuti attorno agli investimenti stranieri, occidentali, arrivati dopo la svolta liberista gheddafiana dei primi anni '90, e ora ansiosi di arricchimento e protagonismo politico (come i "verdi" iraniani che, pure loro, fanno passare gente da loro ammazzata per vittime del governo), e la massa della popolazione con il più alto reddito pro capite della regione che difende le conquiste dello stato sociale assicurate dalla Jamayria.
Per il Cairo, Obama si è speso in favore della transizione desiderata dal popolo ma, ovviamente, reinterpretata pro domo sua; per la Libia tace perchè deve nascondere le mani in pasta nella sedizione. Così, l'UE e Israele, da sempre predoni insoddisfatti e bulimici delle risorse della Libia, ma con l'handicap di aver circuito il leader libico per il suo petrolio, il terrore dei migranti, Unicredit, Finmeccanica, Eni, Acea, Juventus, quattrinose quote libiche salva-imprese. Gli Usa, meno compromessi politicamente e propagandisticamente, eppure fortemente presenti con le loro multinazionali, hanno obiettivi geostrategici più corposi e meglio sostenuti, cosa che può far ventilare un intervento armato, come temuto da Fidel Castro. Puntano alla possibilità di strappare la Libia completamente all'Europa, togliendo a Gheddafi un punto di forza politico-economico, di mettere le mani sul rubinetto del gas e del petrolio libico, in modo da far sgocciolare all'Europa più o meno idrocarburi a vantaggio della propria superiorità e del reclutamento, sotto ricatto petrolifero, di ascari europei per le guerre imperiali. Vogliono appropriarsi della più vasta riserva d'acqua sotterranea dell'Africa (sogno di Israele dopo aver acchiappato, con il Sud Sudan, pseudostato separato grazie al concorso di Israele e comboniani, l'Alto Nilo) e, soprattutto, collocare in Libia quel comando Usa per Africa e Medioriente che è il recentemente costituito Africom. Africom la cui sede è stata rifiutata dall'Algeria (il che spiega anche i moti rivoltosi in quel paese, alimentati soprattutto dai secessionisti berberi, curati dall'Occidente). Insomma un altro dei lavoretti elencati nel piano israeliano del 1982 per il mondo arabo, dopo il Sudan spaccato in due e forse, con il Darfur, domani in tre, l'Iraq tripartito tra curdi, sciti e sunniti, il Libano tra cristiani-sunniti e sciti, l'Egitto tra copti e musulmani (ma lì i tiri al tritolo del Mossad sono stati un autogol) e via dividendo e imperando per il resto del pianeta.
Si tratta manifestamente di costruire nella provetta dei veleni un'opinione pubblica maggioritaria a favore di genocidi pro-democrazia e, con particolare accanimento, di fuorviare un mondo di sinistra, con risvolti antimperialisti, già anticoloniale in tempi meno indecorosi, fino a intrupparlo, come Pinocchio sul carro diretto nel Paese dei Balocchi e dei futuri somari, nelle proprie retrovie. La tremenda lezione del Vietnam, vincitore tanto grazie ai Vietcong quanto alla collera organizzata di un'umanità bene informata.