DickFotta+ ha scritto:Quale paese dell'Est scegliereste per vivere?
Ho qualche soldo in banca,una casa di proprietà ,28 anni,una laurea in economia(ma lavoro come sfigato in un call center per la Vodafone..),voglia di emergere e mi piacciono i paesi del Nord e dell'Est europeo; mio fratello gemello mi ha proposto di vendere tutte le nostre proprietà (case+un grande magazzino a Bologna),e con i soldi ricavati(ora il prezzo degli immobili è ai massimi),comprare un locale in una città turistica di questi nuovi paesi,oppure acquistare un mega appartamento in centro,ristrutturarlo e poi ricavarci un ostello o meglio ancora un bed and breakfast; premetto che parlo benino l'inglese,e da poco sto studiando il russo,perchè amo Dostoievskij(si scrive così?); tranne Russia,Ukraina ed Albania ho visto tutti gli altri paesi dell'Est,e mi sentirei di escludere subito:
Budapest,perchè l'Ungheria è ormai troppo cara;
Slovenia,idem come sopra,forse ancora più ricca;
Mosca,perchè preferirei sfruttare i turisti di S.Pietroburgo..
Romania,perchè là tutti\e cercavano di fregarmi nei modi più vili;
Bielorussia,perchè c'è al potere un dittatore pseudo comunista,e poi Minsk è triste;
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Nella Bielorussia di Lukashenko, come nel Venezuela di Chavez, è in corso una importante esperienza di carattere antiliberista e antimperialista. A dimostrazione della quale riteniamo opportuno pubblicare stralci dell'intervento che il Presidente bielorusso ha tenuto alla Duma di Stato della Federazione Russa il 27 ottobre 1999.
Il caso Bielorussia
di M. G.
Abbiamo rilevato con soddisfazione una positiva attenzione riservata dai giornali comunisti e della sinistra antagonista (in particolare da Liberazione che vi ha dedicato stimolanti servizi) all'interessante esperimento di ispirazione antiliberista e antimperialista in corso in Venezuela. Si è colta, in questa occasione, la profonda natura democratico-rivoluzionaria di un movimento, ispirato ai valori "bolivariani", che sotto la guida del colonnello Chavez e forte di un grande consenso popolare, verificato da democratiche elezioni, fa leva sui valori della dignità nazionale per liberare il grande (e di straordinarie potenzialità economiche), paese sud-americano dal soffocante abbraccio "yankee". Per parte nostra, con la pubblicazione nello scorso numero dell'articolo del comunista portoghese Luis Carapinha (La via antiliberista del governo Lukashenko), abbiamo cercato di dimostrare che l'esperienza diretta da Chavez non è per nulla un fatto isolato nello scenario mondiale, ma che anche in altre parti del globo, e persino del nostro continente, alcuni paesi – è appunto il caso della Bielorussia -, altrettanto degni della stessa attenzione riservata al coraggioso Venezuela, sono impegnati nel percorrere originali vie, opposte a quelle segnate dal generale senso comune neoliberista. Come per il Venezuela, anche per la Bielorussia – ha ragione Carapinha –il tempo dirà se si potrà continuare a resistere all'onda egemonica e alla spinta aggressiva nord-americana. La Bielorussia è da tempo anch'essa sottoposta al fuoco della guerra propagandistica dell'Occidente, che ha come scopo evidente quello di piegare un piccolo paese riluttante a sottomettersi alle logiche spietate della Nato e delle potenti forze economiche che ne conducono la gigantesca macchina bellica. Il copione presenta impressionanti analogie con quello seguito nella vicenda jugoslava: solleticare le ambizioni dei settori "occidentalizzanti", creare un clima da guerra civile e, infine, agitare il tema dei "diritti umani" a giustificazione di sfacciate interferenze, in barba alle più elementari regole del diritto internazionale e attraverso l'aggressione a una "leadership" legittimata da un ampio consenso elettorale. Per ora questi tentativi sono stati rintuzzati. Non solo. La Bielorussia è riuscita ad ottenere lusinghieri risultati attraverso la sua economia regolata. La sua originale esperienza ha guadagnato la simpatia dei russi e delle forze comuniste e patriottiche della Federazione russa, che sono riuscite ad imporre al regime eltsiniano recalcitrante la firma, nel dicembre 1999, del "Trattato di Unione" tra i due paesi. L'avvio del processo – certamente lungo e complesso – di riunificazione potrebbe determinare una prima salutare riattivazione del mercato interno allo spazio ex sovietico, tale da contrastare efficacemente le spinte disgregatrici a cui è sottoposta dalla pressione imperialista (come nel caso dell'Ucraina, che sta vivendo in questi giorni una crisi istituzionale caratterizzata da un tentativo di colpo di Stato presidenziale, simile a quello compiuto da Eltsin nel 1993, a cui non sono estranei Nato, Usa e Unione Europea). Per favorire una più esauriente comprensione del "caso Bielorussia", abbiamo così ritenuto di tradurre e pubblicare gli stralci più significativi del discorso che Lukashenko ha tenuto alla Duma di Stato russa, per illustrare le ragioni della sua proposta di "Trattato".
Intervento di Aleksandr Lukashenko alla Duma della Federazione Russa
[...] Sono già state compiute alcune tappe del percorso della Comunità . Ricordate i tempi in cui la parola "Unione" spaventava solo a pronunciarla. Ma è passato meno di un anno e abbiamo già percorso la tappa dell'unione dei due popoli fratelli, per cui è possibile affermare che, nonostante alcune insufficienze, essa si è consolidata. Si è consolidata come efficace e positivo modello di veloce integrazione in molti campi. Oggi ci troviamo a dover affrontare una nuova tappa della nostra unione. Noi e voi ci troviamo alla vigilia – non esagero – di un avvenimento di portata epocale. Vale a dire la firma del trattato di costituzione di uno stato unitario. Sicuramente ricordate quanti ostacoli abbiamo dovuto superare nel difficile cammino verso l'unità , quanto fango è stato gettato sulla Bielorussia dai nemici dell'integrazione, con quali metodi sofisticati intendano aizzare l'uno contro l'altro i popoli fratelli. Ed ecco che oggi, che ci troviamo a due passi dalla reale unità di bielorussi e russi in un unico stato, proprio oggi, proprio da questa tribuna sento il dovere di dire che i livelli di pressione esercitati su russi e bielorussi in una guerra totale dell'informazione contro la Bielorussia hanno superato ogni ragionevole limite. "Con chi vi unificate?" grida la lobby antibielorussa. E alcuni strumenti di informazione di massa in Russia sommergono il vostro popolo di servizi di stampa e video che descrivono la Bielorussia come totalitaria, feroce, sottosviluppata, come ridotto comunista e repubblica parassita. Qui il cinismo diventa intollerabile. Ma dalla mia parte si trova il popolo che mi ha affidato la responsabilità di portare avanti la causa dell'unità dei nostri popoli. E io ho il dovere di rispettare la sua volontà . E perchè la parte Bielorussia si pronuncia per una veloce ratifica del trattato? Perchè la necessità dell'attivazione e dell'approfondimento del processo di integrazione tra Bielorussia e Russia, maturata da tempo, rischia di essere già fin troppo matura. Perdiamo troppo tempo. Perdiamone ancora un po', e i popoli potranno togliere la loro fiducia nell'idea stessa dello stato unitario e della possibilità di una sua realizzazione. La gente si pone un interrogativo più che logico: perchè voi, politici, avete dissolto l'Unione in una sola notte, senza consultare i vostri popoli, mentre per eseguire la volontà popolare di riunire due stati, vi servono decenni? Convenite che è un legittimo interrogativo [...] Che cosa è stato fatto di degno per l'uomo comune nello spazio post-sovietico nei dieci anni trascorsi dalla dissoluzione dell'Urss? Ma guardiamo la verità negli occhi: non è stato fatto assolutamente nulla. Certo oggi possiamo dire che nell'Urss non tutto rappresentava l'ideale. C'erano insufficienze in diversi campi, c'erano disfunzioni nell'economia, un duro stile di direzione centralizzata, eccessi nella sfera sociale. Ma solo uno spudorato mentitore puó affermare che oggi il popolo vive meglio che in quel paese. àˆ di moda sbeffeggiare i bielorussi, che avrebbero il torto di mantenere una robusta nostalgia per i tempi sovietici. Ma di ció occorrerebbe solo essere orgogliosi. Stimati amici, vi dico francamente che io non sono comunista. E che non sono arrivato al potere, quale espressione del Partito comunista... Ma io sono stato comunista. E, a differenza di altri che hanno diretto negli ultimi anni il nostro paese, non ho mai bruciato la mia tessera di partito. Sono entrato consapevolmente nel partito, e in seguito non ho militato in nessun altro partito. La mia non è nostalgia.
Semplicemente dobbiamo essere onesti e non demolire ció che non abbiamo creato noi. àˆ semplicemente disumano [...].
Quando nel 1994, ricordate, nella nostra repubblica è stato introdotto l'istituto della presidenza, la maggioranza assoluta del popolo mi ha accordato l'onore di diventare presidente. Allora si cominció a mettere in guardia i russi: non bisogna riunificarsi con la Bielorussia, perchè Lukashenko è un dittatore. Ma perchè nessuno ricorda che Lukashenko è giunto al potere in modo del tutto onesto, per via democratica, dopo essersi trovato all'opposizione? La situazione nel paese era a quei tempi veramente critica: fabbriche in ginocchio, un enorme livello di disoccupazione, l'imperversare della criminalità , forze armate in via di dissoluzione, una gioventù calpestata, smarrita, disorientata moralmente. La gente era disperata. Perchè si dimenticano di questo cose coloro che sembrano avere così a cuore il destino del popolo bielorusso? [...] Si doveva ricostruire lo stato, un nuovo stato, praticamente dal nulla. Già nel 1995, rispettando il programma elettorale, diedi avvio ai referendum per risolvere i problemi più acuti che dovevamo fronteggiare. E, su tutti i quesiti, il popolo, al 90%, ha appoggiato il presidente. Di fronte a tale procedeure degli avvenimenti, i miei oppositori hanno fatto di tutto per provocare una crisi costituzionale. Oggi nel nostro paese, gli organi del potere e della direzione dello stato sono pienamente compatibili con la legge fondamentale e lavorano armoniosamente nell'interesse del popolo. Abbiamo cercato di estirpare il politicantismo e l'irresponsabilità . di tale sfera. Da noi non esistono conflitti tra i diversi rami del potere, il governo è stabile e funzionante. Il sistema giudiziario lavora in modo produttivo, Cosa c'è di male in questo? La Bielorussia è una delle poche repubbliche dell'ex Urss che ha mantenuto una composizione multinazionale della sua società . Non abbiamo mai avuto conflitti tra nazionalità e confessioni religiose. Non c'è mai stata guerra tra bielorussi e polacchi, tra russi ed ebrei. àˆ forse questo un male? àˆ forse una manifestazione dittatoriale? Ricordo a coloro, cui torna comodo non ricordarlo, che subito dopo la schiacciante vittoria nel referendum del 1986, non ho scatenato la caccia alle streghe. Anzi ho tentato a più riprese di evitare lo scontro, ho cercato di ricucire il dialogo persino con coloro a cui la gente aveva negato la propria fiducia. Allora ho semplicemente detto: "Il popolo ci ha giudicato. Dunque lavoriamo insieme". E così è stato. Solo 30 deputati del precedente Soviet supremo non vollero entrare nella nuova Assemblea nazionale, 30 su 260. Il parlamento bielorusso investito della pienezza dei poteri fu così formato, senza di loro, da deputati del popolo – sottolineo – regolarmente eletti. Essi lavorano in modo eccellente. E oggi una loro rappresentanza è presente qui nella mia delegazione di stato. In qualità di capo dello stato mi ritengo anche responsabile per il normale funzionamento del parlamento, fondamentale ramo di potere nel nostro paese. àˆ forse un male? E quando nel 1996 si svolse il referendum, in uno degli articoli della Costituzione proposta era scritto chiaramente che si concretizzava "la pienezza dei poteri di tutti gli organi elettivi del potere". Abbiamo delineato il tratto definitivo nella costruzione statale. E, in tal modo, in pochi mesi, di fatto si è conferita durevole pienezza di poteri a tutti gli organi, senza esclusione alcuna: a Lukashenko, al parlamento, al nostro massimo organo giudiziario, ai Soviet locali, che non abbiamo sciolto e che sono in funzione. Ma di questo nessuno parla. Al contrario si dice: Lukashenko ha sciolto il parlamento e si è attribuito pieni poteri. Lukashenko non è il presidente legittimo. Ma di quale legittimità vanno parlando? Questo lo dico a Yushenkov e Javvlinskij, che spesso amano utilizzare questo argomento [...].
..Le elezioni presidenziali hanno allora bloccato la dissoluzione del paese. Non solo. Fino al 1995 avevamo assistito a un vero e proprio crollo dell'economia. In rapporto ai primi anni '90 il salario reale aveva subito una caduta di oltre il 40%. Il prodotto interno lordo ammontava solo al 65% rispetto ai livelli del 1990. Il volume della produzione agricola al 74%, quella industriale al 59%. Il deficit di bilancio era quasi il 3% in rapporto al Pil. L'inflazione all'inizio dell'anno registrava un incremento del 50% al mese. Noi abbiamo ricostruito la nostra economia! Ci attestiamo oggi all'83% rispetto al livello del 1990. Vale a dire che, negli ultimi anni, abbiamo incrementato il Pil del 23%. Come termine di paragone indico le cifre delle altre repubbliche postsovietiche. In Russia il Pil si attesta al 58% rispetto al livello del 1990, in Ucraina al 41%, in Kazachstan al 61%. Per quanto riguarda la produzione industriale oggi la Bielorussia registra l'82% rispetto al 1990. Mentre nelle altre repubbliche la situazione è pesante. Ci siamo posti il compito di raggiungere, entro le elezioni presidenziali del 2001, almeno per quanto riguarda gli indici fondamentali, lo stesso livello dei tempi sovietici. Per quanto a qualcuno possa apparire ridicolo, è proprio vero che rispetto ad allora siamo sprofondati, e ai livelli raggiungi allora dobbiamo risalire. E noi bielorussi, sebbene appaia complicato e difficile, raggiungeremo quei livelli. Ci siamo posti tale compito, anche se quest'anno per noi è stato più difficile a causa di una terribile siccità ! E nonostante tutto il Pil, nel periodo gennaio-settembre del '99 in rapporto al '98, ha raggiunto il 102%. La produzione industriale il 108%, quella di beni di consumo il 106%. Siamo stati in grado non solo di garantire, ma anche di perfezionare lo sviluppo di tutti i settori industriali principali in Bielorussia: automobilistico, chimico, elettronico, leggero. In tutte – voglio rimarcarlo – in tutte le grandi aziende negli ultimi 5 anni sono stati messi in produzione nuovi modelli in grado di competere sui mercati mondiali. Al momento attuale la Bielorussia, che rappresenta il 3% della popolazione e l'1% del territorio dell'ex Unione Sovietica, produce il 54% delle fibre artificiali, il 64% dei trattori, il 39% dei televisori, il 35% dei frigoriferi. Noi siamo in condizione di autosufficienza alimentare e non chiediamo elemosine allo zio straniero. Puó anche darsi che non tutti i comparti della nostra industria lavorino in modo efficace, ma una cosa è certa: che oggi in Bielorussia non esiste economia criminale. Non esiste e non esisterà mai. Ma l'avete sentito il signor Javclinskij: la Bielorussia è un buco nero nell'economia della Russia. Ma quale buco nero? Circa l'80% della produzione Bielorussia è stata venduta sul mercato russo, non è stata distribuita, ma è stata proprio venduta. Significa che era conveniente per entrambe le parti. Ma la vostra crisi dell'agosto '98 ha colpito anche noi. Cosa dovevano fare i bielorussi quando voi russi non eravate in grado di comprare i prodotti a voi necessari? Per salvare la nostra economia dalle conseguenze della vostra crisi, siamo stati costretti ad andare su altri mercati: in Europa, in India, in Cina, in Vietnam, nel Medio ed Estremo Oriente, negli Emirati Arabi. Per un anno esattamente abbiamo rafforzato l'export in direzione dell'estero lontano (l'"estero vicino" è rappresentato dallo spazio ex sovietico, n.d.t.), riorientando l'economia. Ma adesso rispondete ancora a questa domanda. Se veramente l'economia Bielorussa fosse così poco concorrenziale, come amano descriverla alcuni economisti russi, forse che le nostre merci sarebbero accolte in un mercato tanto competitivo? Non molto tempo fa sono stato in visita nel Medio Oriente che fu sostenuto dall'Unione Sovietica, ma che oggi è stato conquistato da altri stati. Ho discusso con uomini che hanno assistito agli avvenimenti degli ultimi decenni, mi sono incontrato con Mubarak e con altri. Tutti mi hanno manifestato la loro disponibilità a lavorare nuovamente con noi. E allora perchè abbiamo abbandonato quei mercati? Con le nostre armi, con i nostri prodotti agricoli e industriali? A chi, insomma, torna utile? In Medio Oriente dicono che molto semplicemente li abbiamo traditi. Me lo hanno esclamato dritto negli occhi, e ho dovuto acconsentire. Congedandosi Assad mi ha detto: Vi aspettiamo ancora.
E allora, prima che sia troppo tardi, coordiniamo la nostra politica estera. Perchè non lo facciamo? Perchè fate di tutto per sottomettervi ai diktat del Fondo Monetario Internazionale?
[...] Abbiamo ancora un'occasione – 2 o 3 anni – per ridare fiducia alla nostra gente, per trovare una via di salvezza. Qualche tempo fa a Novosibirsk, in una fabbrica di materiali per la difesa, una donna, che da oltre un anno non percepisce salario, mi ha detto: Presidente, noi pazientiamo ancora, ma voi, per cortesia, mettetevi d'accordo con il nostro presidente. Non ne possiamo più di questa politica umiliante. Quello che lei, semplice operaia, ha capito, noi lo mettiamo ancora in discussione, attorno al quesito della necessità o meno di questa unione. Ma non vi accorgete di come guardano a questa disputa gli americani e gli europei occidentali? La signora Albright sta gridando ai quattro venti: cosa state tramando in Russia? E mi dicono che oggi, a Parigi, Ivanov dovrà giustificarsi di fronte a lei. Cinque anni fa, la Bielorussia si trovava in campagna elettorale. Non era possibile tornare a una rigida politica di piano, ma era pure pericoloso avventurarsi nel nuovo mercato con le frontiere aperte. Noi abbiamo scelto una originale via di sviluppo, nè occidentale, nè orientale. Equilibrata, corrispondente alla nostra specifica realtà . Fin dall'inizio abbiamo rifiutato una riforma radicale, preferendole una riforma economica graduale, che tenesse conto del meglio dell'esperienza mondiale. E abbiamo puntato fondamentalmente a sviluppare il ricchissimo potenziale, che derivava dall'inserimento del nostro paese nel corpo dell'Unione Sovietica. La nostra via si basa sulla collaborazione dell'iniziativa privata con il ruolo regolatore dello Stato, sulla lotta senza quartiere contro la corruzione e la criminalità . In Bielorussia non è stata abbandonata alla prepotenza della spontaneità del mercato alcuna sfera della vita sociale: la scienza, la cultura, l'istruzione, l'assistenza sanitaria e lo sport. Sviluppiamo un'economia mista, che raggruppa in sè le diverse forme di proprietà , statale e privata. Il punto fondamentale della nostra politica consiste nella rinascita e nel rafforzamento del settore reale dell'economia. Questo io affermo per rispondere a coloro che instancabilmente ripetono che in Bielorussia abbiamo un'economia malata, in ginocchio. Rivolgendomi a questi signori, li prego di non confondere i loro sogni con la realtà . In Bielorussia non esiste un'economia in ginocchio, ma un'economia normale, stabile. Non è forse degno di riconoscimento il fatto che le nostre aziende industriali offrono lavoro a milioni di russi? Solo la Polimit, la fabbrica di automobili e di trattori di Minsk, ha dato impulso a 1.200.000 posti di lavoro nella stessa Russia. Con le famiglie significa 5 milioni di persone. E ció viene assicurato da tre sole fabbriche bielorusse. Se si fermassero queste aziende 1.200.000 russi potrebbero trovarsi senza lavoro. Di tali esempi ne potrei fare diversi. Perció è paradossale che si levino critiche feroci, quando voi in Russia certo avete tutto da guadagnare, facendo tesoro della nostra esperienza degli ultimi anni[...].
[...] Sempre più frequentemente in Russia si invoca la necessità di una direzione più rigida dei processi economici e sociali. Da noi in Bielorussia tale pratica si realizza già da tempo. E ricordate quali attacchi vennero sferrati contro questa politica? Essa è stata rafforzata da opportuni atti legislativi. L'avete definita l'espressione di un ridotto comunista. E ora si vorrebbe imitarla. àˆ necessario dirigere un paese nell'interesse collettivo, senza lamentarsi continuamente delle molte insufficienze e piangere perchè il FMI non ci aiuta. àˆ una questione da risolvere subito, senza indugi [...].
[...] Vorrei dire qualcosa anche su Chernobyl. Il disastro della centrale, come ben sapete, non è stata colpa nostra. Ma le conseguenze di tale catastrofe sono state tutte nostre. Ma chi ci ha aiutato? Non certo quelli che più di tutti oggi strillano sulla violazione dei diritti e delle libertà dell'uomo in Bielorussia. Proprio così, non ci ha aiutato nessuno. Siamo rimasti soli a fronteggiare le conseguenze della catastrofe. Un quarto del bilancio, un rublo su quattro, il mio paese è costretto annualmente a destinare per attutire gli effetti di questa spaventosa catastrofe [...].
[...] In ogni caso in Bielorussia ci sono 70-80 mila disoccupati su 11 milioni di abitanti e abbiamo più richiesta di manodopera che disoccupati. Non garantiamo forse, in tal modo, il diritto fondamentale dell'uomo al lavoro? Sono convinto che lo garantiamo [...].
[...] Abbiamo approntato un efficiente sistema di edilizia popolare. E per questo risparmiamo fino all'ultimo copeco. Abbiamo dato corso a ben 5 decreti presidenziali per avviare la costruzione di abitazioni, in particolare per i villaggi rurali e la gioventù. Abbiamo stabilito e rispettato graduatorie come quelle che esistevano nei tempi sovietici e concediamo finanziamenti che coprono fino al 90% del costo dell'abitazione. Questo noi abbiamo messo in pratica [...].
[...] E che dire delle pensioni? Nikolaj Rizhkov (uno degli ultimi "premier" sovietici, oggi alleato dei comunisti, n.d.t.) ricorda certamente i tempi sovietici, quando il 5 di ogni mese venivano pagate puntualmente le pensioni.
Ebbene, in Bielorussia abbiamo mantenuto scrupolosamente questa abitudine [...].
