D'Annunzio ha influenzato, più di quello che vorremmo ammettere, la poesia del '900: ha influenzato Gozzano, Montale e molti altri.
Non ho mai capito perché abbiamo tanto bisogno di creare delle categorie di riferimento, che poi lustriamo come se fossero belle automobili. Chi ha letto il meraviglioso volume Questioni e correnti di storia letteraria italiana, a cura di Attilio Momigliano Ed Marzorati 1949, ha capito perfettamente che le "categorie" di riferimento sono solo una labile guida alle opere ed i movimenti lettarari-poetici e tutto il resto. Purtroppo dovrebbero farlo recitare a memoria nelle Scuole, come un tempo si faceva con la Messa, e questo non accade.
Certo, certo, come dice anxxur (personalmente metterei Pascoli nella prima colonna), tutto infine si riduce alla risonanza delle nostre corde.
D'accordo sugli influssi dannunziani sul '900, anche se potrei dire che Montale lo prende a pretesto per compiere una mutazione/rivoluzione husserliana della poetica.
Le categorie rappresentano un reticolo presente da millenni che ci aiuta automaticamente a imbrigliare e tenere le nostre conoscenze. Ovvio che non sono assolute, come pensava Aristotele, ma, consci della loro relatività e prendendole con le dovute cautele, hanno tuttavia una loro utilità. E poi possiamo farcele e discutercele come vogliamo, mica dobbiamo assumerle precotte.
A me piacciono i poeti che si sporcano con il mondo.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) -fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) -...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)
Certo, Blif, avessi detto "amo" i poeti che si sporcano con il mondo, avrei corso il rischio di voler sembrare uno di loro.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) -fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) -...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)
Così ci leviamo per un istante dalle pastoie Crociane, così, tanto per respirare aria fresca:
SAFFO
Simile a un dio mi sembra quell'uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto.
Se appena ti vedo, sùbito non posso
più parlare:
la lingua si spezza: un fuoco
leggero sotto la pelle mi corre:
nulla vedo con gli occhi e le orecchie
mi rombano:
un sudore freddo mi pervade: un tremore
tutta mi scuote: sono più verde
dell'erba; e poco lontana mi sento
dall'essere morta.
Ma tutto si può sopportare...
"This machine kills fascists" scritto su tutte le chitarre di Woody Guthrie
Ehi, campione, che cosa è il pugilato?..." la boxe...uhm....la boxe è quella cosa che tutti gli sport cercano di imitare" (S. Liston)
"Gli fuma gli fuma, va come gli fuma l'angelomario va, gli fuma , gli fuma, altroche'" (cit. ziggy7)
"Ho un'età elegante" (cit. Lilith, Miss Spring)
Blif ha scritto:Scusami, era un pedantissimo calembour giocato sullo "sporcarsi" e sul "mondo"...
D'altronde, è corretto ricordare che gli indù si lavano nelle acque del Gange per tenere l'Indo lindo.
Ma figurati; l'avevo inteso come il contrasto-controsenso tra la mia posizione estetizzante ( mi piacciono) e il genere di poeti che preferisco (quelli che si sporcano col mondo).
A questo proposito racconto un fatterello che si narrava nel chietino, non so quanto noto. D'Annunzio stava tenendo un discorso alle truppe in un trincea carsica in una delle sue elegantissime tenute chiare. Era stato informato che vi erano anche soldati abruzzesi, che prontamente individuò e salutò con particolare enfasi. Uno di costoro, puzzolente, lordo di fango e di dolore rispose: " Beate a Ssignirì, lu Signo', che te ne friche !" " Beata Sua Signoria, Signore, che te ne freghi ! " -
Ecco, semplicemente vedo più poesia in quell'oscuro corregionale che nel Vate.
Retorico aggiungere che il Poeta rientrava in albergo e lui nella trincea, con possibilità di scelta tra le pallottole dell'Imperatore e quelle di Cadorna.
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) -fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) -...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)
I tuoi occhi infernali
non mi guardano più.
Sento nascere ali
in me. Già guardo in su.
Solcano verdi prati
leggeri treni neri
e scordano, beati,
le stazioni di ieri.
Ove - ferme le ore
su attoniti quadranti -
ritorna un vago amore
alle cose vaganti.
Partire è ancora lieve
se ti lasci alle spalle
- dimentico - la neve
che scende al fondo valle.
****** ****** ******* ****** ******
La semplice poesia forse discende
distratta come cala al viaggiatore
entro l'arida folla di un convoglio
la mano sulla spalla di un ragazzo.
(Sandro Penna)
Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono. (Matsuo Basho,1685) -fa caldo l'Italia è sull'orlo di un baratro e non scopo da mesi (cimmeno 2009) -...stai su un forum di segaioli; dove pensavi di stare, grande uomo? (sunday silence,2012)
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
(Khalil Gibran)
"Innalzare templi alla virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio."
Per ovvi motivi (vedi inizio filmato) questa poesia devo dedicarla a Pan, anche se mi sembra di aver capito che D'Annunzio non gli piace molto :
Poi, per farmi perdonare, gli dedico anche questa, perché mi sembra di aver capito che Montale, invece, a lui ci piace:
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Cara beltà che amore
Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
Fuor se nel sonno il core
Ombra diva mi scuoti,
O ne’ campi ove splenda
Più vago il giorno e di natura il riso;
Forse tu l’innocente
Secol beasti che dall’oro ha nome,
Or leve intra la gente
Anima voli? o te la sorte avara
Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?
Viva mirarti omai
Nulla spene m’avanza;
S’allor non fosse, allor che ignudo e solo
Per novo calle a peregrina stanza
Verrà lo spirto mio. Già sul novello
Aprir di mia giornata incerta e bruna,
Te viatrice in questo arido suolo
Io mi pensai. Ma non è cosa in terra
Che ti somigli; e s’anco pari alcuna
Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men bella.
Fra cotanto dolore
Quanto all’umana età propose il fato,
Se vera e quale il mio pensier ti pinge,
Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora
Questo viver beato:
E ben chiaro vegg’io siccome ancora
Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni
L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
E teco la mortal vita saria
Simile a quella che nel cielo india.
Per le valli, ove suona
Del faticoso agricoltore il canto,
Ed io seggo e mi lagno
Del giovanile error che m’abbandona;
E per li poggi, ov’io rimembro e piagno
I perduti desiri, e la perduta
Speme de’ giorni miei; di te pensando,
A palpitar mi sveglio. E potess’io,
Nel secol tetro e in questo aer nefando,
L’alta specie serbar; che dell’imago,
Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.
Se dell’eterne idee
L’una sei tu, cui di sensibil forma
Sdegni l’eterno senno esser vestita,
E fra caduche spoglie
Provar gli affanni di funerea vita;
O s’altra terra ne’ superni giri
Fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
E più vaga del Sol prossima stella
T’irraggia, e più benigno etere spiri;
Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
Questo d’ignoto amante inno ricevi.
Dunque, vediamo... Questa la dedichiamo, questa la dedichiamo...
‘Ssa chèsa quésse andò tu ‘rpìjje fiète
pe’ ccundè’ le mirrise ch’ogne juorne
t’accòppe lu cambè’, come c-i-arpicce
lu foche, père mo’ ca scié landète
lu mocciche a lu piatte. E a une a une,
arposte gni lu tèmbe ch’ha trascorze,
sopra la mése, andonna lu legnème
z’ha fatte lisce e llustre, a une a une
truove le signa vive de le mène
che t’ha n’ome vistute e accarezzète;
e a ‘nu candone de la ciuminére,
‘m-bacc-i-a lu mure, artruove ‘ngalichète
le signa scure de le furminènde
e arsiénde, ca diggià te ‘ngènne l’uocchie,
lu fume de ‘nu sìcchere tuschène.
‘Ssa chèse. E ccoma stié déndr’a ‘ssa cambre
‘ndo lu llètte de fèrre hàvete e llarghe
ha rcòte nghe le lutème suspire
lu bbéne che ppe’ tté n’-arnasce cchiù
n’-dié tèmbe a ‘ppicundrirte e ggià t’arvé
nò da lònghe, vicine, z’arfè chière
‘na vocia apprenzimose che tte chième
e ‘nn’atre che tt’allucche scristianite.
Tu scié rndanète e nne’ vvuo’ ‘sscì, stranite
pe’ ‘nna ‘gnuriète che n’-de père juste:
ma come ggià la vocia scujatète
ze stenerisce siénde c’ha finite.
Uhuèle come allore, mo’ le pièhe
z’arsène: e ggià lu mmaste hè cchiù lliégge.
Alessandro Dommarco (dalla raccolta di poesie in dialetto abruzzese "Da mo’ ve diche addìje" - ed. Bulzoni, 1980)
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La casa dove tu riprendi fiato
contando le ferite che ogni giorno
ti riserva la vita; ti accosti al focolare,
accendi il fuoco, e sembri all’improvviso
tornare nel passato. E ad uno ad uno,
nascosti come il tempo che è trascorso,
sopra la madia, dove il legno chiaro
si è fatto liscio e lustro, ad uno ad uno
ritrovi, vivi, i segni delle mani
che ti avevano vestito e accarezzato;
e in un cantuccio, lì, del focolare,
spiccano nette contro il muro grigio
le tracce intense e scure dei fiammiferi
e senti nuovamente, aspro e fumoso,
l’odore di quel sigaro toscano.
La casa. E quando, nella camera di sopra,
dove il letto di ferro antico ed alto
aveva accolto gli ultimi sospiri
del bene che per te non nasce più,
malinconia ti prende, già risenti
non lontane, vicine, forti e chiare
le voci che ti chiamano, o ti sgridano,
apprensive o arrabbiate, care voci.
Ti vedi bimbo, un rimprovero ingiusto
ti ha fatto rintanare, e non vuoi uscire:
ma come già la voce incollerita
si intenerisce, senti che è finita.
Come allora, così, le ferite si sanano
e il carico che porti è più leggero.
"Cantare è di chi ama"
Sant'Agostino
"Lo smalto non mi piace, in compenso dovresti curare un po' le mani, iniziano a vedersi troppo i segni del tempo..." (cit.)
Non so dove postare, se è il luogo adatto, ma devo farlo...
Me lo sono detto spesso, e da ieri me lo vado ripetendo incessantemente, soprattutto davanti ai lutti, alle prove più dure, ai dolori, ai distacchi, che la vita è una enorme fregatura, ma poi invece si impadronisce di me una sensazione più dolce, e capisco che la vita è un'avventura di cui è difficile o impossibile capire a fondo il significato, che passa su di noi ed entra in noi con la sua furia tremenda: un'avventura in cui tante voci e rumori, urla e gemiti, scoppi di riso e di pianto, calpestii lievi di piedi e rombi assordanti si sommano e si confondono insieme, neutralizzandosi vicendevolmente, approdando a un immenso silenzio.
Silenzio in cui possiamo soltanto sentire il faticoso pulsare del nostro povero cuore.
In questo confuso frastuono che nel silenzio sprofonda, di tanto in tanto qualche cara voce si spegne e qualche altra voce si fa viva, e non c'è saggezza più alta di quella che ci invita a conservare nella nostra intimità, come inesauribile ricchezza, le voci che sfumano, e ad accettare con sollievo e gratitudine le nuove voci che ci vengono incontro.
Noi non siamo che una somma, una sintesi di rapporti. La nostra anima un nodo di affetti, e scomparirebbe se fosse privata degli innumerevoli fili che in essa confluiscono.
Qualunque cosa ci accada, dall'amputazione di un lutto disastroso, a un problema familiare che sembra irrisolvibile, a un abbandono lento ma ineluttabile, non dobbiamo permettere che la sfortuna, la malasorte ci impoverisca e ci inaridisca: il filo dell'affetto rimane, rimane anche in assenza, momentanea o definitiva, della persona cui quell'affetto si riferiva. Rimane e si potenzia e continua ad arricchirci.
Per me questa è una legge, una legge al tempo stesso indulgente e severa, ma è l'unica legge davanti alla quale chino il capo.
E che mi fa accettare la vita, nella sua continua alternanza di momenti lieti e di momenti tristi, di giorni belli e di giorni brutti, di tempi colmi di speranza e di tempi colmi di angoscia.
Ogni cosa bella ha il suo prezzo; e il dolore che proviamo quando la perdiamo o rischiamo di perderla è di gran lunga preferibile alla miseria che avremmo se quella cosa bella non ci fosse mai appartenuta.
Certo di fronte alle perdite, grandi o piccole che siano, è facile, è istintivo chiedersi: perché proprio io? Perché proprio a me? E non ci ricordiamo che la vita non può fare altro che toglierci, senza alcuna nostra colpa, quello che la fortuna, senza alcun nostro merito, ebbe prima a concederci.
Non ci ricordiamo che quello che abbiamo avuto una volta, una piccolissima volta, ci resterà sempre dentro, e non c'è forza al mondo che possa strapparcelo. Non ci ricordiamo che la vita che abbiamo e che è nostra comprende anche la vita di coloro che amiamo e che amammo e che ancora esistono ed esisteranno in noi, perché essere vissuti una volta, essere stati importanti una volta, per qualcuno, significa vivere sempre...
"Cantare è di chi ama"
Sant'Agostino
"Lo smalto non mi piace, in compenso dovresti curare un po' le mani, iniziano a vedersi troppo i segni del tempo..." (cit.)
Pensiero Dominante ha scritto:
Dunque, vediamo... Questa la dedichiamo, questa la dedichiamo...
... A Lilith!
Grazie per la dedica, inaspettata ed assolutamente non meritata.
Ricambio con i versi non miei, ma a me molto cari ( vado a memoria, spero di riuscire ad essere fedele all'origginale )
C'e nel contatto umano un limite fatale,
non lo varca nè amore nè passione,
pur se in mutismo spaventoso si fondono le labbra
e il cuore si dilacera d'amore
Perfino l'amicizia è impotente,
e anni d'alta, fiammeggiante gioia,
quando è libera l'anima ed estranea
a lento struggersi del piacere
Chi cerca di raggiungerlo è folle,
chi lo sfiora soffre una sorda pena...
ora comprendi perchè il mio cuore
non batte sotto la tua mano.