[O.T.] Pubblicare un libro, vivere di scrittura

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vertigoblu
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#136 Messaggio da vertigoblu »

mi ricordo in un'intervista di enrico brizzi ,che disse che al momento che si presentó a quelli di transeuropa(mi pare)l'editor, indipendemente da quello che aveva intenzione di fare ,ovvero continuare a provare a scrivere o meno,gli consiglió una serie di letture obbligate, tra cui:tondelli, B.Easton ellis, Jay McInerney, Hemingway(i 49 racconti) e altri che non mi ricordo.

magari potresti fare lo stesso col nostro amico(mi rivolgo a padoa che fa l'editor) consigliargli una serie di letture fondamentali necessarie a chi vuol provare a scrivere.

tetsuya, questa domanda comunque avresti dovuta porla tu,a mio avviso.
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Satana in autobus
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#137 Messaggio da Satana in autobus »

In tutte le arti il talento o l'inclinazione non garantisce nulla senza lo studio, la tecnica, l'esercizio.

I grandi pittori, registi, musicisti, ballerini, scrittori sono tali perchè si sono sporcati le mani, hanno frequentato carnalmente la materia. Coltrane, Kubrick, Michelangelo, dei geni certo, ma maniacali nel loro allenamento continuo.

Non si impara a dipingere andando al Louvre tutti i giorni, ma dipingendo.
Non si impara a suonare la chitarra ascoltando Hendrix tutti i giorni, ma spaccandosi le dita sulle corde.
E non si impara a scrivere leggendo Kafka o Tolstoj, ma riempendo fogli e rileggendosi (e ovviamente mettendosi in pasto al pubblico).

Certo il gusto così si forma, ci si educa a uno stile; non dico che sia inutile. Ma se si vuole scrivere in un certo modo e per certi scopi, penna in mano e almeno due ore di scrittura tutti i giorni. Solo così si scopre se si ha qualcosa da dire o no. Poi Come lo si dice è successivo.

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dada
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#138 Messaggio da dada »

Satana in autobus ha scritto:non si impara a scrivere leggendo Kafka o Tolstoj
No. Ma aiuta. Fidati.

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vertigoblu
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#139 Messaggio da vertigoblu »

Satana in autobus ha scritto:In tutte le arti il talento o l'inclinazione non garantisce nulla senza lo studio, la tecnica, l'esercizio.

I grandi pittori, registi, musicisti, ballerini, scrittori sono tali perchè si sono sporcati le mani, hanno frequentato carnalmente la materia. Coltrane, Kubrick, Michelangelo, dei geni certo, ma maniacali nel loro allenamento continuo.

Non si impara a dipingere andando al Louvre tutti i giorni, ma dipingendo.
Non si impara a suonare la chitarra ascoltando Hendrix tutti i giorni, ma spaccandosi le dita sulle corde.
E non si impara a scrivere leggendo Kafka o Tolstoj, ma riempendo fogli e rileggendosi (e ovviamente mettendosi in pasto al pubblico).

Certo il gusto così si forma, ci si educa a uno stile; non dico che sia inutile. Ma se si vuole scrivere in un certo modo e per certi scopi, penna in mano e almeno due ore di scrittura tutti i giorni. Solo così si scopre se si ha qualcosa da dire o no. Poi Come lo si dice è successivo.
ovvio che bisogna spaccarsi ed esercitare nel caso possedessimo il dono del talento.direi che è scontato.

tutti quelli che citi hanno comunque studiato ed assorbito chi c'era prima di loro.

hendrix ha studiato e ascoltato albert king,chuck berry e buddy guy,e poi li ha rielaborati con il suo personalissimo stile.

michelangelo studió nella bottega del ghirlandaio.

coltrane subì l'influenza musicale di charlie parker per poi distaccarsene.

la conoscenza aiuta a sviluppare il talento.
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Satana in autobus
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#140 Messaggio da Satana in autobus »

Non ci siamo.

mica ho detto che un artista non ha maestri o influenze e nasce dal nulla. Certo che tutti hanno assorbito le lezioni e i modelli antecedenti, è altrettanto ovvio, ma...il discorso non cambia.

il talento si sviluppa con l'esercizio.
Michelangelo PRATICO' dal Ghirlandaio non si limitó a guardare, studiare e assorbire.

Coltrane si spaccava di esercizi dalla mattina alla sera. Non è che è diventato quello che è ascoltando PArker e basta.

Sto dicendo che leggere non è sufficiente. C'' è poco da fidarsi Dada.
A meno che il nostro amico, una volta letto Tolstoj non si metta a fare esercizi di stile alla maniera dei suoi autori.
Allora sì, siamo d'accordo.

Maupassant aveva un talento straordinario. Flaubert gli impedi di dare alle stampe le sue opere prima di una certa età . Lo volle allenare duramente, lo seguì passo passo nei suoi esercizi di scrittura e alla fine lo fece finalmente pubblicare.
Insomma leggere non aiuta a scrivere. Aiuta a tanter altre cose: al linguaggio e a pensare e sognare di poter scrivere (cosa importante) . Ma la scrittura è radicalmente altro.

La conoscenza di questo tipo non sviluppa nulla, eccetto il bagaglio lessicale. Ma certo quello non fa di uno scrittore un grande scrittore.

Alcuni grandissimi scrittori avevano una educazione approssimativa e non leggevano granchè.
Ultima modifica di Satana in autobus il 03/10/2009, 2:06, modificato 1 volta in totale.

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dada
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#141 Messaggio da dada »

Aiuta non sta a significare che è fondamentale. Mi sembra lapalissetc.

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Antonchik
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#142 Messaggio da Antonchik »

Satana in autobus ha scritto:
Sto dicendo che leggere non basta. C'' è poco da fidarsi Dada.
A meno che il nostro amico, una volta letto Tolstoj non si metta a fare esercizi di stile alla maniera dei suoi autori.
Allora sì, siamo d'accordo.
.
Penso che vertigo e dada intendessero questo.

In più aggiunto che secondo me, tanto nella letteratura come nella musica, rispettivamente l'ascolto e la lettura aiutano non poco perchè interiorizzi certi passaggi, certe sfumature, certe idee, che poi rielabori naturalmente e quasi inconsciamente.
Guarda attentamente, poichè ciò che stai per vedere non è più ciò che hai appena visto.

Ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio.

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Satana in autobus
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#143 Messaggio da Satana in autobus »

Se si pratica quello che si legge ascolta vede allora sono d'accordo con Dada e vertigo. Altrimenti insisto che l'aiuto che la lettura puó dare alla scrittura è illusorio, un placebo se volete.

Ma quello che intendo dire è che spesso si imputa alle attività  "passive" (passatemi il termine) un peso che poi non c'è nella realtà  della produzione attiva.

ne facevo una questione di pesi.

Si certo Anton, puoi rielaborare delle sonorità , delle sfumature o dei toni letterari, ma questa è l'eredità  di ció che tu hai ascoltato visto letto, non ha nulla a che vedere con i meccanismi di produzione di quell'eredità .

Se un domani diventerai un grande musicista sentiremo l'eco delle tue passioni giovanili magari e magari queste passioni ti avranno motivato a diventare un grande musicista. Ma a far cantare lo strumento sarà  stato il tuo esercizio unito ovviamente alla tua sensibilità . Avrai imitato i Led Zeppelin, ma sarà  stato il tuo esercizio su di loro (non il mero ascolto) a farti crescere come musicista

Ali Farka Tourè in un minuscolo paese del Mali, da bimbo comincia a pizzicare le corde di una chitarra e tira fuori il blues senza averlo mai ascoltato. Poi passa la vita attaccato alle corde e diventa un grande.

Comunque, per chiudere, mi stupivo del fatto che nessuno dicesse a tetsuya di scrivere scrivere e scrivere. Gli si è consigliato di leggere, di studiarsi la grammatica...si vabbè per carità ...
ma insomma caro tetsuia se vuoi sapere se la scrittura fa per te, scrivi come un forsennato e rileggiti sempre a distanza di qualche giorno.
Ultima modifica di Satana in autobus il 03/10/2009, 2:35, modificato 1 volta in totale.

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dada
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#144 Messaggio da dada »

Satana in autobus ha scritto:Comunque, per chiudere, mi stupivo del fatto che nessuno dicesse a tetsuya di scrivere scrivere e scrivere.
Forse, perchè lo fa già ? Già .

:)

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Satana in autobus
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#145 Messaggio da Satana in autobus »

beh gli è stato detto: "lascia perdere..."

;)

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JoaoTinto
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#146 Messaggio da JoaoTinto »

La maggioranza dei grandi editori non perdono tempo e soldi con i manoscritti degli esordienti, infatti se guardi le home page dei big,che ti garantirebbero un lancio sicuro, un'adeguata pubblicità , una distribuzione nazionale e quindi sicuri introiti, difficilmente trovi indicazioni su come inviare manoscritti perchè ormai non rischiano a scatola chiusa. Per gli altri si va dai tipografi che si fanno pagare anticipatamente in base al numero di pagine e di copie che poi puntualmente ti rifilano in blocco una volta stampate e che devi provvedere da solo a promuovere e a distribuire libreria per libreria o vendere amico per amico, ai piccoli e seri ma che poi sostanzialmente hanno una visibilità  limitata. Per tutti poi vale il fatto che della tua opera prima nessuno ti staccherà  un congruo assegno per i diritti d'autore, percentuale che tra l'altro varia da editore ad editore, molto più facile che ti propongano soluzioni alternative (sul fatto che siano più o meno convenienti o lecite non mi pronuncio). Il discorso inevitabilmente cambia se vinci un qualche concorso letterario e non parlo solamente del Premio Strega ma puó andare bene anche un concorso di provincia perchè tra le altre cose spesso prevedono la pubblicazione e la distribuzione dell'opera vincitrice tramite case editrici collegate e questo potrebbe darti una certa visibilità  e, in seguito, se piaci, magari potresti arrivare ad interessare un editore nazionale che fiutato il busines potrebbe accettare di rieditarti oppure di valutare e casomai pubblicare i tuoi lavori successivi e in questo caso è logico che il compenso comincerebbe a concretizzarsi.

P. S.

Molto più facile provare ad interessare i piccoli editori che pubblicano lo stesso genere letterario dei tuoi lavori, quindi dai un'occhiata al loro catalogo e fai un invio mirato.

Le case editrici a volte hanno dei gruppi di lettura per i manoscritti, lettori che poi comunicano la loro valutazione all'editore quindi mi sembra un buon consiglio anche far leggere il tuo lavoro a qualche persona di tua fiducia che magari con critiche e aggiustamenti vari contribuisce a renderti più appetibile.

P. P. S

In ogni caso la strada è lunga e lastricata di rifiuti anche perchè non sempre i manoscritti vengono letti dalla prima all'ultima pagina.


AUGURI.
Iudicio procede da savere, Cum scritta legge receve repulsa Ecceptuando 'l singular vedere. Per una vista iudicare 'l facto Sentenzia da vertute se resulta Erro e rasone se corrumpe 'l pacto. Non iudicare, se tu non vedi, E non serai ingannato se ciò credi.
[L’Acerba - Cecco d’Ascoli]

I criteri della morale e del diritto non hanno senso se applicati ai processi storici.
[Aleksandr Aleksandrovič Zinov’ev]

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hellover
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#147 Messaggio da hellover »

metodo alternativo per farti conoscere:
vai a trovare una tua amica, la trovi morta.
La polizia pensa che sia stato tu a ucciderla e vieni condannato.
Scappi all'estero e ti rendi latitante per anni.
Dopo decenni ottieni la grazia.
Cominci a scrivere romanzi noir e diventi famoso.

Funziona
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Drogato_ di_porno
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#148 Messaggio da Drogato_ di_porno »

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Con Lettere a un aspirante romanziere il peruviano Mario Vargas Llosa, dopo I quaderni di Don Rigoberto, suo ultimo romanzo (Einaudi, 1997; cfr. ''L'Indice'', 1997, n. 11), torna all'esercizio di critico e teorico della letteratura che da sempre accompagna la sua attività  creativa. Con dodici brevi missive, in cui finge di soddisfare le curiosità  di uno scrittore alle prime armi, Vargas Llosa porta avanti una riflessione antiaccademica e rigorosamente appassionata sull'arte del narrare, soffermandosi innanzitutto sull'origine della vocazione letteraria e sulle fonti delle storie che i romanzi raccontano.

Fugato il mito romantico della vocazione come dono degli dei, Vargas Llosa spiega che scrittori non solo si nasce ma si diventa. All'origine remota della vocazione ci sarebbe un conflitto con la realtà , un rifiuto del mondo qual è, che si traduce in un'inclinazione a immaginare vite e mondi diversi. Ma solo chi, oltre a immaginarli, cercherà  di materializzarli attraverso la parola scritta, solo chi sceglierà  la letteratura come destino, diverrà  uno scrittore, ossia un fedele servitore della propria vocazione. Infatti, avverte Vargas Llosa, la vocazione letteraria esige disciplina e perseveranza e richiede una dedizione totale. Proprio questo dominio assoluto gli suggerisce l'immagine della vocazione come una tenia (Parabola della tenia è il titolo della prima lettera) che colonizza l'essere dello scrittore e si nutre della sua esistenza.

Il vissuto di un autore è anche la fonte primigenia dei suoi temi: ''il romanziere non sceglie i propri argomenti - sostiene Vargas Llosa -; è scelto da essi''. Sono i ''demoni'', le esperienze, i fatti e le persone che hanno determinato il dissidio di uno scrittore con la realtà , che hanno suscitato in lui il desiderio di sostituirla con quella che con un ossimoro chiama ''realtà  fittizia'', a imporsi con la forza dei sogni e delle ossessioni come temi della sua opera.

Allo scrittore non rimane altro che cannibalizzare se stesso, come il catoblepa, il mitico animale che si autodivora e che dà  titolo alla seconda lettera-capitolo.

Se la libertà  di uno scrittore nella scelta degli argomenti è pressochè nulla, la sua libertà  nella scelta del modo in cui trasforma i materiali soggettivi in contenuti oggettivi è totale. Dalla forma, sottolinea ripetutamente l'autore, dipende il valore di un'opera. àˆ una delle rare leggi universali che l'autore si sente di stabilire riguardo l'anarchico universo del romanzo: ''àˆ la forma in cui prende corpo a far sì che una storia sia originale o banale, complessa o semplice, (...) in un romanzo gli argomenti in sè non significano nulla, in quanto saranno buoni o cattivi, attraenti o noiosi, esclusivamente in funzione di ció che ne farà  il romanziere nel trasformarli in una realtà  di parole organizzate secondo un certo ordine''.

Alla forma, pertanto, è dedicata gran parte del libro. Nel corso di nove lettere Vargas Llosa ci introduce nel laboratorio creativo del romanziere e lì smonta quel tutto inscindibile che è l'edificio romanzesco per descrivere i procedimenti, le tecniche e gli espedienti di cui gli scrittori si servono per emancipare la realtà  del romanzo da quella reale e, quindi, per dotare le loro opere del massimo ''potere di persuasione'', di quella capacità  di sedurre il lettore, da cui ''dipende la vita (o la morte) dei romanzi''.

Scritto in tono informale, con un linguaggio di estrema chiarezza e precisione, Lettere a un aspirante romanziere costituisce non solo un utile orientamento per l'educazione letteraria di chi ambisce a diventare scrittore, ma anche un'approssimazione teorica al credo artistico di Vargas Llosa. Narratore-catoblepa che sui traumi e ricordi personali ha eretto capolavori quali La città  e i cani (Rizzoli, 1986) o Conversazione nella cattedrale (Einaudi, 1998), l'autore peruviano è pure un critico-catoblepa. Come i suoi altri scritti di carattere teorico, Lettere a un aspirante romanziere è un ritratto dell'artista, una riflessione sul processo di formazione della propria scrittura e sui fondamenti della propria poetica. Il lettore abituale di Vargas Llosa riconoscerà  facilmente nei salti di qualità , nelle scatole cinesi, nei vasi comunicanti e nelle altre tecniche presentate gli espedienti di cui l'autore si è servito nella sua opera narrativa per affascinarlo, e su cui si è soffermato in altri scritti teorici quali, fra gli altri, quello su Flaubert e il suo Madame Bovary (La orgìa perpetua, 1975) o nel monumentale studio sull'opera di Garcà­a Mà¡rquez (Garcà­a Mà¡rquez: historia de un deicidio, 1971).

Libro breve e densissimo, Lettere a un aspirante romanziere rappresenta, infine, una guida alla complessa arte della lettura. Consapevole che la letteratura è soprattutto questione di individualità , Vargas Llosa si sposta di continuo dal piano delle generalizzazioni astratte ai casi concreti e commenta pagine di autori come Cervantes, Proust, Borges, Cortà¡zar, Robbe Grillet e molti altri, consentendoci così di condividere l'esperienza di uno scrittore-lettore di fine percezione, di perspicacia e cultura. In fondo, alla base delle Lettere c'è la convinzione che non si possa insegnare a creare ma che tutt'al più si possa insegnare a leggere. Da qui l'unico consiglio pratico dell'autore all'aspirante romanziere (e a chi non lo è): ''legga moltissimo, perchè è impossibile avere un linguaggio ricco, disinvolto senza leggere abbondante e buona letteratura''.
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)

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Satana in autobus
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#149 Messaggio da Satana in autobus »

Grazie Drogato, bell'articolo e bella segnalazione.
Verissimo l'ultimo e (saggiamente) l'unico consiglio finale: leggere per sviluppare il proprio linguaggio.



@hellover: c'è un passaggio fondamentale: il tradimento. Carlotto venne tradito da un avvocato messicano.
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walkingshadow
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#150 Messaggio da walkingshadow »

io lo dico da lettore e nulla di più
ma ho letto un sacco di commenti al capitolo di tetsuya, tranne quello secondo me più evidente
lasciando perdere la lunghezza del manoscritto, gli errori grammaticali e la banalità  del soggetto, a me sembra scritto abbastanza male
abbastanza da rendere piuttosto di difficile attuazione la carriera di scrittore per il nostro
almeno nel caso in cui il livello rimanga tale
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