Oggi, 8 marzo, i canali di Sky Cinema dedicano la loro intera programmazione alle donne: film di donne, realizzati anche da donne, che parlano soprattutto delle donne e delle loro conquiste in campo sociale, lavorativo, politico e quant'altro...
Alle 21 il momento clou di questa programmazione: "Troppo belli", il film di Costantino e Daniele... ma dico io...
Viva il mecdonald e nonna Rolanda (sic, su un muro a Piombino)
E' una persona così perbene che mangia le noccioline con coltello e forchetta (Recount)
Nell'isteria il sintomo classico e' un non-sintomo: e'
l'approssimazione di un sintomo, e' la volonta' di un
sintomo. L'isterico pretende un uditorio presso cui
inscenare il proprio sintomo, che e' fonte di dolore e di
angoscia ma porta l'innegabile vantaggio di restituire a
costui l'attenzione da parte dell'esterno verso il proprio
ego, attenzione che aveva in qualche modo perduta. Lo
sforzo quindi del malato isterico e' quello di riportare il
proprio ego sul palcoscenico. Suo scopo e' ottenere un
vantaggio in termini affettivi da una situazione che, vista
dal di fuori, e' di grande pena: il malato soffre e non si
capisce di cosa e non lo si riesce a guarire. L'aspetto
piu' puro di questo atteggiamento e' il suo non concludersi:
guarito, l'isterico perde ancora una volta il palcoscenico.
Il femminile adotta il discorso isterico, ne fa un mezzo di
comunicazione. Esistono delle caratteristiche tipiche
associabili alle qualita' femminili che prescrivono
l'atteggiamento isterico: la debolezza fisica e psichica, il
bisogno del maschile, il vivere legati in un contesto e
dunque l'impossibilita' di vivere al di fuori del contesto
stesso. Ecco il dare per ricevere, l'amare per essere
amati, la riproduzione della specie come unico veicolo di
immortalita'. Quando un essere umano di sesso femminile e'
grandemente soggetto al femminile, ossia nelle proprie
qualita' disegna un contesto estraneo, totalmente o quasi,
al maschile, siamo di fronte ad un soggetto che chiamiamo
donna fallica. Il termine non tragga in inganno: fallica
non al proprio interno, ma perche' ricerca ossessivamente il
maschile, essendone priva. Il modus vivendi della donna
fallica si esplica attraverso il discorso isterico, che ha
per scopo la conquista del palcoscenico, o del teleschermo,
la trama per gli obiettivi terreni e la procreazione, come
volonta' ultima e suprema. La donna fallica e' portatrice
dell'unico motto: "Sia fatta la mia volonta'". Una volonta'
di possesso materiale e di continue attenzioni verso il
proprio io. La letteratura e' piena di esempi di donne
falliche: si veda per esempio Lady Macbeth, Moll Flanders,
Madame Bovary. La donna fallica, nel tentativo di portare a
termine la propria missione, fa uso di due qualita', una
positiva e l'altra negativa, nei confronti del farsi della
parola. La qualita' positiva e' l'esistenza di un progetto,
di breve portata e infimo quanto si voglia, ma pur sempre di
un progetto. La qualita' negativa e' legata allo scopo del
progetto, che non e' un salto di qualita', non raggiunge
nemmeno la qualita': e' uno scopo materiale, legato alla
cosa. La donna fallica crede nell'essenza delle cose, non
nell'essenza della parola, non nella cifra. Come se le cose
potessero esistere al di fuori della cifra: cose
ontologicamente presenti, ma senza un pensiero, senza una
parola a nominarle. La parola della donna fallica e'
sterile, come il discorso isterico: parla di cose senza
nominarle, non le fa, le cose, non le nomina, piuttosto le
cita, le copia. La credenza nelle cose, nella sostanza, e'
il suicidio della donna fallica, che dalle cose, e
dall'andare delle cose, viene travolta senza possibilita' di
appello; perche' esiste la convinzione che non ci sia una
volonta' di potenza sulle cose, ma solo sull'accadimento dei
fatti. Qui sta il dramma tragico, il melodramma, della
donna fallica di fronte al passare del tempo, che, giudice
supremo, segna il passo alle cose, le invecchia e chiama a
se' infine la morte, che e' la fine delle cose. Li' il
mondo della donna fallica finisce, c'e' una fine del mondo,
perche' il mondo sono le cose. Giunta la fine del mondo, la
cosa non esiste piu': cioe' muore. Stat nomine rosa
pristina. Eva e' la moglie umana di Adamo e simbolo della
donna fallica, che altrove appunto si chiama Eva. E' l'uno,
come differente da se', la madre-mamma. Il nome Eva non
deriva, come fantasiosamente e poeticamente voleva Schure' -
credo rifacendosi ad un lavoro di Fabre d'Olivet -
dall'ebraico IEVE (l'Eterno; Colui che e', era, sara') e non
ha alcuna relazione di parentela con il divino. Il cardine
del simbolo di Eva sta appunto nell'essere la cosa piu'
lontana - piu' differente - dalla divinita', come si diceva
prima, quando con cio' si voleva soprattutto intendere il
gap immanenza-trascendenza, attivita'-passivita'. Il nome
di Eva, invece, pare debba trovare le sue radici nel termine
ebraico HAWWA, Vivente, Colei che e' viva. Ritorna qui il
seme: il legame con la terra, la procreazione, l'organo
anatomizzato, la sostanza, il voler significare. In poche
parole: Eva e' la sintesi del finito, e' il segno del tempo,
e' l'insetto sul celebre olio Vaso di fiori dell'olandese
Jan Van Huysum. Dal significante al significato, dallo zero
all'uno, da Adamo verso Eva. La condizione viene superata
dallo straordinario evento del taglio nel femminile:
l'instaurazione di un carattere che, conservando la qualita'
del progetto, lo trasla all'infinito, ne fa un progetto di
dedizione, o dedicazione, alla cifra. Questo tipo di
femminile, che rinuncia e vibra nella parola, e' la risposta
umana piu' importante al quesito fondamentale circa la
conoscenza e l'intelligenza. Il prototipo di questo tipo di
femminile e', pare, originale della storiografia
cristiano-cattolica, e si raffigura in Maria, madre di
Cristo con peculiarita' tradizionali della storiografia
cristiana, che di se' dice: "sia fatta la tua volonta'": la
tua, non la mia. E infatti, puo' esistere una qualsiasi
volonta' di potenza sulle cose? Se le cose sono apparenza
di un nome che e' regolato dal pensiero, come puo' esistere
una configurazione delle cose, aldila' del pensiero stesso,
al di fuori del nome? Non stupisce la perplessita' di
Erasmo da Rotterdam nei confronti di chi misura "quasi a fil
di squadra il sole":"Dolce davvero e' il delirio che li
possiede!". La posizione del femminile che rinuncia e'
altissima, e cela la comprensione della cifra delle cose.
Non e' rassegnazione, non e' una negazione. Bensi' e'
un'azione che si esplica nell'interiorita': solo luogo dove
puo' nascere e svilupparsi il progetto, la comprensione
della natura delle cose, la comprensione infine di se'
stessi e del proprio ruolo. La volonta' diventa cosi'
sintonia con il divenire della parola, non si ribella anzi
crea, contribuisce allo sforzo di autoconoscenza
dell'Universo.
cytherea ha scritto:
Vorrei essere asessuata, dotata solo di cervello. Forse le sembianze femminili le manterrei... forse ad eccezione delle tette che mi danno fastidio!
Se ti avanzano le prendo io... se proprio devono andare buttate...
L'anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perchè provi un senso di benessere quando gli sei vicino - Bukowski
La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre - Einstein
dostum ha scritto:. LA DONNA FALLICA
(o il discorso isterico)
Amministratori esiste una "Guida alla lettura di Dostum" nel forum? Andrebbe bene anche una lista di FAQ..... Berlinooooooooooooooooooooooo!!!????
Ovvio che c'è...lo scroll del mouse....
Scherzo Dostum, non te la pigliare....
"BEATA LA MIA PRIMA DONNA CHE M'HA PRESO ANCORA VERGINE"
"MIO FRATELLO E' FIGLIO UNICO PERCHE' E' CONVINTO CHE CHINAGLIA NON PUO' PASSARE AL FROSINONE"
"Nessuno muore mai completamente, qualche cosa di lui rimane sempre.....vivo dentro di noi"