OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
hanno rovinato la libia....ora spero che i sostenitori caccino a suon di fucilate sti finti ribelli, finto progressisti
resisti ASSAD!!!!
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
Sono cose un po patetiche che si fanno quando non ti puoi permettere altro.nik978 ha scritto:non dimentichiamoci
ricordiamoci il "blitz" dell'esercito russo nei balcani per arrivare prima delle altre truppe ONU....
Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
Ma non la davano già in Russia?dboon ha scritto:intanto la moglie e' andata a fare shopping a Londraimamaniac ha scritto:tifo x assad!!!
http://www.leggo.it/news/mondo/siria_ma ... 8251.shtml

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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
di Lucio Caracciolo
RUBRICA IL PUNTO. L'attentato di ieri mina le fondamenta della dittatura di al-Assad, ma l'esito della guerra non è ancora scontato. Più delle armi, conta il denaro. Damasco è il terreno di scontro tra Arabia Saudita e Iran. Le scelte di Usa, Russia e Cina in un conflitto che ha una dimensione mondiale. [Articolo pubblicato su la Repubblica il 19/7/2012 con il titolo "L'ultima primavera"]
Per quanto i ribelli islamisti se ne attribuiscano il merito, il colpo in uno dei più protetti palazzi del potere di Damasco è venuto da dentro. Quanto meno, con la partecipazione straordinaria di qualcuno che avesse accesso alla cerchia intima di Bashar. Senza il supporto di elementi interni alla cricca che da oltre quarant’anni tiene in pugno il paese, l’attacco al cuore del regime non sarebbe stato concepibile. Dopo le recenti defezioni di alti dignitari diplomatici e militari, la strage di ieri mina le fondamenta della dittatura siriana.
Certo, l’esito della guerra civile resta indeterminato. Il massacro continua, anche se la disinformazione di tutte le parti in conflitto impedisce di coglierne le dimensioni effettive. Il presidente potrà restare per un tempo forse non breve sulla sua poltrona, o asserragliato in qualche bunker. Ma intorno a lui i veri detentori del potere - le élite militari e in specie dell’intelligence - stanno rifacendo i conti per adattarsi a uno scenario mobile.
Sul piano militare, nessuno può vincere. Da sole, le opposizioni armate non prevarranno. Nemmeno con i sostanziosi aiuti arabosauditi, qatarini e occidentali. Ma non potranno essere sradicate, a meno che i pretoriani di al-Assad non optino per la guerra di sterminio, mettendo mano financo alle armi chimiche.
In questa come in altre guerre civili le armi servono a manutenere il conflitto, non a risolverlo. Quando gli storici scriveranno la storia della crisi in Siria, scopriremo probabilmente che a deciderne le sorti sarà stato il denaro. Quello che scarseggia nelle casse del regime, mentre sovrabbonda nei conti dei petromonarchi della Penisola arabica. Ed è speso non solo per armare il raffazzonato Esercito siriano libero, ma soprattutto per convertire dirigenti e funzionari di Damasco alla causa dei rivoltosi.
Lo status quo ante non è ripristinabile. Allo stesso tempo, le divisioni fra i ribelli, sommate alle defezioni e ai riallineamenti delle élite damascene, prospettano una lunga fase di instabilità. Per un cambio di regime non basta la resa del sovrano uscente, o meglio di coloro che lo usano come scudo dei propri privilegi. Serve un nuovo sovrano. I pretendenti sono un po’ troppi, uniti solo dall’odio per l’assai minoritaria setta alauita che s’identifica con il potere e per la borghesia degli affari che vi è associata. Se mai vi sarà un vincitore della partita siriana, costui non sarà chi avrà fatto fuori al-Assad, ma chi fra coloro che l’avranno eliminato sarà riuscito a liquidare i suoi attuali alleati.
Qui conviene allargare il quadro. Sotto il profilo strategico, quella siriana è una guerra per procura. La mattanza interna si riflette infatti sulla partita regionale e sul braccio di ferro fra le maggiori potenze globali. E viceversa.
Quanto alla regione. In Siria si scontrano anzitutto Arabia Saudita e Iran. Chiunque succeda ad al-Assad, difficilmente potrà essere manovrato dai persiani. Vista da Teheran, la sconfitta dell’ambiguo alleato siriano significherebbe perdere il collegamento diretto con il Libano e quindi lo sbocco sul Mediterraneo. Già solo il prolungamento della crisi mette in questione l’influenza iraniana sul Levante e ne indebolisce la leva libanese, Hezbollah. Peraltro, il fronte arabo sunnita è tutt’altro che omogeneo. Il protagonismo del Qatar, che sostiene i “suoi” Fratelli musulmani contro gli islamisti più vicini a Riyadh, ha alterato gli equilibri del Golfo.
Qui interviene la dimensione mondiale del conflitto. Finché le “primavere” destabilizzano il Nordafrica o il Sahel, passi. Ma quando si avvicinano a Israele e alle ricchezze energetiche del Golfo Persico/ Arabico, suona l’allarme generale. Stati Uniti, Russia, Cina e residue subpotenze europee (Francia in testa) alzano le antenne e dispongono le carte sul tavolo del grande gioco geopolitico. Washington vorrebbe a Damasco un regime sunnita spacciabile per democratico, che completi l’accerchiamento dell’Iran senza troppo eccitare i timori israeliani. Ma Obama non vuole impegnarsi direttamente nella guerra, comunque non alla vigilia delle elezioni presidenziali.
Mosca preferisce il massacro infinito pur di non perdere l’ultima pedina in Medio Oriente. Putin ha mangiato la foglia libica. Sicché veta qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza da usarsi per legittimare un intervento militare. Per il leader russo il “cambio di regime” è anatema comunque e dovunque, perché la moda potrebbe estendersi al suo impero. Infine, uno sguardo alla carta geografica ci ricorda che siamo a due passi dal Caucaso: i jihadisti a Damasco come nuovo anello di una catena che destabilizza la Russia musulmana?
Pechino condivide i timori di Mosca. Alle Nazioni Unite si muove nella sua ombra, lasciando ai diplomatici di Putin il lavoro sporco. Di sicuro non vuole allargare il conflitto, con il rischio di incendiare una regione strategica per i propri rifornimenti energetici.
Il regime di al-Assad avrà dunque il tempo contato, ma non per questo cesseremo di contare i morti di un sisma di cui stiamo sperimentando solo le prime scosse.
RUBRICA IL PUNTO. L'attentato di ieri mina le fondamenta della dittatura di al-Assad, ma l'esito della guerra non è ancora scontato. Più delle armi, conta il denaro. Damasco è il terreno di scontro tra Arabia Saudita e Iran. Le scelte di Usa, Russia e Cina in un conflitto che ha una dimensione mondiale. [Articolo pubblicato su la Repubblica il 19/7/2012 con il titolo "L'ultima primavera"]
Per quanto i ribelli islamisti se ne attribuiscano il merito, il colpo in uno dei più protetti palazzi del potere di Damasco è venuto da dentro. Quanto meno, con la partecipazione straordinaria di qualcuno che avesse accesso alla cerchia intima di Bashar. Senza il supporto di elementi interni alla cricca che da oltre quarant’anni tiene in pugno il paese, l’attacco al cuore del regime non sarebbe stato concepibile. Dopo le recenti defezioni di alti dignitari diplomatici e militari, la strage di ieri mina le fondamenta della dittatura siriana.
Certo, l’esito della guerra civile resta indeterminato. Il massacro continua, anche se la disinformazione di tutte le parti in conflitto impedisce di coglierne le dimensioni effettive. Il presidente potrà restare per un tempo forse non breve sulla sua poltrona, o asserragliato in qualche bunker. Ma intorno a lui i veri detentori del potere - le élite militari e in specie dell’intelligence - stanno rifacendo i conti per adattarsi a uno scenario mobile.
Sul piano militare, nessuno può vincere. Da sole, le opposizioni armate non prevarranno. Nemmeno con i sostanziosi aiuti arabosauditi, qatarini e occidentali. Ma non potranno essere sradicate, a meno che i pretoriani di al-Assad non optino per la guerra di sterminio, mettendo mano financo alle armi chimiche.
In questa come in altre guerre civili le armi servono a manutenere il conflitto, non a risolverlo. Quando gli storici scriveranno la storia della crisi in Siria, scopriremo probabilmente che a deciderne le sorti sarà stato il denaro. Quello che scarseggia nelle casse del regime, mentre sovrabbonda nei conti dei petromonarchi della Penisola arabica. Ed è speso non solo per armare il raffazzonato Esercito siriano libero, ma soprattutto per convertire dirigenti e funzionari di Damasco alla causa dei rivoltosi.
Lo status quo ante non è ripristinabile. Allo stesso tempo, le divisioni fra i ribelli, sommate alle defezioni e ai riallineamenti delle élite damascene, prospettano una lunga fase di instabilità. Per un cambio di regime non basta la resa del sovrano uscente, o meglio di coloro che lo usano come scudo dei propri privilegi. Serve un nuovo sovrano. I pretendenti sono un po’ troppi, uniti solo dall’odio per l’assai minoritaria setta alauita che s’identifica con il potere e per la borghesia degli affari che vi è associata. Se mai vi sarà un vincitore della partita siriana, costui non sarà chi avrà fatto fuori al-Assad, ma chi fra coloro che l’avranno eliminato sarà riuscito a liquidare i suoi attuali alleati.
Qui conviene allargare il quadro. Sotto il profilo strategico, quella siriana è una guerra per procura. La mattanza interna si riflette infatti sulla partita regionale e sul braccio di ferro fra le maggiori potenze globali. E viceversa.
Quanto alla regione. In Siria si scontrano anzitutto Arabia Saudita e Iran. Chiunque succeda ad al-Assad, difficilmente potrà essere manovrato dai persiani. Vista da Teheran, la sconfitta dell’ambiguo alleato siriano significherebbe perdere il collegamento diretto con il Libano e quindi lo sbocco sul Mediterraneo. Già solo il prolungamento della crisi mette in questione l’influenza iraniana sul Levante e ne indebolisce la leva libanese, Hezbollah. Peraltro, il fronte arabo sunnita è tutt’altro che omogeneo. Il protagonismo del Qatar, che sostiene i “suoi” Fratelli musulmani contro gli islamisti più vicini a Riyadh, ha alterato gli equilibri del Golfo.
Qui interviene la dimensione mondiale del conflitto. Finché le “primavere” destabilizzano il Nordafrica o il Sahel, passi. Ma quando si avvicinano a Israele e alle ricchezze energetiche del Golfo Persico/ Arabico, suona l’allarme generale. Stati Uniti, Russia, Cina e residue subpotenze europee (Francia in testa) alzano le antenne e dispongono le carte sul tavolo del grande gioco geopolitico. Washington vorrebbe a Damasco un regime sunnita spacciabile per democratico, che completi l’accerchiamento dell’Iran senza troppo eccitare i timori israeliani. Ma Obama non vuole impegnarsi direttamente nella guerra, comunque non alla vigilia delle elezioni presidenziali.
Mosca preferisce il massacro infinito pur di non perdere l’ultima pedina in Medio Oriente. Putin ha mangiato la foglia libica. Sicché veta qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza da usarsi per legittimare un intervento militare. Per il leader russo il “cambio di regime” è anatema comunque e dovunque, perché la moda potrebbe estendersi al suo impero. Infine, uno sguardo alla carta geografica ci ricorda che siamo a due passi dal Caucaso: i jihadisti a Damasco come nuovo anello di una catena che destabilizza la Russia musulmana?
Pechino condivide i timori di Mosca. Alle Nazioni Unite si muove nella sua ombra, lasciando ai diplomatici di Putin il lavoro sporco. Di sicuro non vuole allargare il conflitto, con il rischio di incendiare una regione strategica per i propri rifornimenti energetici.
Il regime di al-Assad avrà dunque il tempo contato, ma non per questo cesseremo di contare i morti di un sisma di cui stiamo sperimentando solo le prime scosse.
I was having fish n chips with my dad this week. He had cod, I had plaice. He said: good cod! I said, space is the plaice! - Sun Ra
Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
Assad e' capace di tutto pure di fare fuori il cognato


"Gli italiani corrono sempre in aiuto del vincitore." Ennio Flaiano
“Cercava la rivoluzione e trovò l'agiatezza.” Leo Longanesi
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
si.....però ora come ora i tempi sono cambiati e non so quanta pressione possano fare gli usa e l'unione europea (per situazioni contingenti loro, i russi son riusciti ad incasinarsi coi georgiani....)...OSCAR VENEZIA ha scritto:Sono cose un po patetiche che si fanno quando non ti puoi permettere altro.nik978 ha scritto:non dimentichiamoci
ricordiamoci il "blitz" dell'esercito russo nei balcani per arrivare prima delle altre truppe ONU....
E' la vecchia guardia e i suoi interventi sul darkside sono imprescindibili, affronta il lato oscuro del sesso estremo con l'approccio dostojeschiano dell'uomo che soffre, mitizza e somatizza.UN DEMONE
Now I lay me down to sleep,Pray the lord my soul to keep.And if I die before I wake pray the lord my soul to take.
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
"Le chiave della Russia è la Siria"
Caterina II
P.S.
IMHO è l'Iran che deve impegnarsi ad Hormuz adesso
Caterina II
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IMHO è l'Iran che deve impegnarsi ad Hormuz adesso
MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
VE LA MERITATE GEGGIA
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
GLI ATTENTATI: PROVE DI GUERRA PER LA CRISI MONDIALE
di Piotr (Пётр) – Megachip
1. È necessario affiancare l'attentato a Damasco - che ha provocato la morte del Ministro della Difesa e altri maggiorenti - con quello immediatamente seguente in Bulgaria, in cui sono stati uccisi sei turisti israeliani. E soprattutto occorre affiancare le dichiarazioni di Hillary Clinton che hanno preceduto l'escalation in Siria e quelle di Benjamin Netanyahu che hanno seguito l'attentato bulgaro.
La guerrafondaia del Partito Democratico, che ci fa quasi rimpiangere il "falco" repubblicano Kissinger - cinico, amorale ma per lo meno legato a un'idea di Realpolitik -, aveva preannunciato " attacchi devastanti" in Siria. Dato che li organizza lei, sapeva benissimo di cosa stava parlando.
Dal canto suo il premier israeliano ha immediatamente incolpato l'Iran dell'attentato in Bulgaria. Ovviamente anche lui deve sapere molte cose di questa strage dato che non ha aspettato nemmeno un giorno di indagini per dire come il mondo deve interpretare questo attentato. Invece l'interpretazione da dare è molto diversa e abbastanza chiara: la Siria sembra ormai sufficientemente destabilizzata per riprendere il confronto con Teheran.
Nell'ambito di quale strategia?
2. Il fronte su cui agisce l'imperialismo statunitense è triplice:
a) L'Europa che deve essere riportata senza discussioni e fronde nell'alveo finanziario, economico, politico e militare della Nato, passando attraverso una de-tedeschizzazione della UE. Un'operazione basata sugli attacchi speculativi ai Paesi più deboli politicamente ed economicamente della compagine europea che hanno dato vita ad un club dove Obama dirige, preferibilmente fuori scena ma non sempre, e il cui gruppo di testa è formato da Cameron, Hollande e Monti.
b) Il Grande Medio Oriente, che deve essere inglobato in un impero formale, ovvero in una gerarchia di Stati a guida statunitense, col fine di controllare i flussi di combustibili fossili e i flussi finanziari che ruotano attorno ad essi, oltre che di installare dei fortini con cui circondare il centro del continente eurasiatico (grosso modo dai Balcani fino allo Xinjiang cinese, un’area in cui è molto forte l’influenza della Turchia che così riacquista un ruolo strategico nella Nato, appannato dopo la caduta del Muro di Berlino).
c) Il fronte dei BRICS e in particolare il contenimento dei tre giganti Cina, Russia e India (quest'ultima abbastanza allineata all’Occidente, ma pur sempre una enorme potenza per giunta atomica, da tenere sotto costante controllo).
3. Il duplice attentato in Siria e Bulgaria sembra dunque un forcing per spostare gli equilibri a sfavore dell’asse russo-cinese e in particolar modo della Russia (la Siria ne è alleata e la Bulgaria si affaccia sul “suo” Mar Nero). La fosca profezia dei militari russi, cioè essere costretti ad assistere impotenti entro il 2013 ad una guerra atomica ai propri confini (Iran), potrebbe così avverarsi.
Sarebbe l’inizio del secondo atto della III Guerra Mondiale, iniziata l’11 settembre del 2001.
In Europa e in particolar modo in Italia, il movimento pacifista o langue o è passato armi e bagagli (è il caso di dirlo) dalla parte degli aggressori. E così continuerà ad essere finché non si riusciranno a chiarire i collegamenti tra la crisi economico-finanziaria in corso e la parallela crisi militare. Sono questi connubi che fanno dell’attuale crisi una crisi sistemica e non una semplice crisi ciclica.
Se non lo si capisce si finirà volenti o nolenti per essere alla mercé della politica di questo o quel sovrano, dell’imperatore o del vassallo riottoso, totalmente incapaci di produrre persino una semplice strategia di sopravvivenza e resistenza.
http://www.megachip.info/tematiche/guer ... diale.html
di Piotr (Пётр) – Megachip
1. È necessario affiancare l'attentato a Damasco - che ha provocato la morte del Ministro della Difesa e altri maggiorenti - con quello immediatamente seguente in Bulgaria, in cui sono stati uccisi sei turisti israeliani. E soprattutto occorre affiancare le dichiarazioni di Hillary Clinton che hanno preceduto l'escalation in Siria e quelle di Benjamin Netanyahu che hanno seguito l'attentato bulgaro.
La guerrafondaia del Partito Democratico, che ci fa quasi rimpiangere il "falco" repubblicano Kissinger - cinico, amorale ma per lo meno legato a un'idea di Realpolitik -, aveva preannunciato " attacchi devastanti" in Siria. Dato che li organizza lei, sapeva benissimo di cosa stava parlando.
Dal canto suo il premier israeliano ha immediatamente incolpato l'Iran dell'attentato in Bulgaria. Ovviamente anche lui deve sapere molte cose di questa strage dato che non ha aspettato nemmeno un giorno di indagini per dire come il mondo deve interpretare questo attentato. Invece l'interpretazione da dare è molto diversa e abbastanza chiara: la Siria sembra ormai sufficientemente destabilizzata per riprendere il confronto con Teheran.
Nell'ambito di quale strategia?
2. Il fronte su cui agisce l'imperialismo statunitense è triplice:
a) L'Europa che deve essere riportata senza discussioni e fronde nell'alveo finanziario, economico, politico e militare della Nato, passando attraverso una de-tedeschizzazione della UE. Un'operazione basata sugli attacchi speculativi ai Paesi più deboli politicamente ed economicamente della compagine europea che hanno dato vita ad un club dove Obama dirige, preferibilmente fuori scena ma non sempre, e il cui gruppo di testa è formato da Cameron, Hollande e Monti.
b) Il Grande Medio Oriente, che deve essere inglobato in un impero formale, ovvero in una gerarchia di Stati a guida statunitense, col fine di controllare i flussi di combustibili fossili e i flussi finanziari che ruotano attorno ad essi, oltre che di installare dei fortini con cui circondare il centro del continente eurasiatico (grosso modo dai Balcani fino allo Xinjiang cinese, un’area in cui è molto forte l’influenza della Turchia che così riacquista un ruolo strategico nella Nato, appannato dopo la caduta del Muro di Berlino).
c) Il fronte dei BRICS e in particolare il contenimento dei tre giganti Cina, Russia e India (quest'ultima abbastanza allineata all’Occidente, ma pur sempre una enorme potenza per giunta atomica, da tenere sotto costante controllo).
3. Il duplice attentato in Siria e Bulgaria sembra dunque un forcing per spostare gli equilibri a sfavore dell’asse russo-cinese e in particolar modo della Russia (la Siria ne è alleata e la Bulgaria si affaccia sul “suo” Mar Nero). La fosca profezia dei militari russi, cioè essere costretti ad assistere impotenti entro il 2013 ad una guerra atomica ai propri confini (Iran), potrebbe così avverarsi.
Sarebbe l’inizio del secondo atto della III Guerra Mondiale, iniziata l’11 settembre del 2001.
In Europa e in particolar modo in Italia, il movimento pacifista o langue o è passato armi e bagagli (è il caso di dirlo) dalla parte degli aggressori. E così continuerà ad essere finché non si riusciranno a chiarire i collegamenti tra la crisi economico-finanziaria in corso e la parallela crisi militare. Sono questi connubi che fanno dell’attuale crisi una crisi sistemica e non una semplice crisi ciclica.
Se non lo si capisce si finirà volenti o nolenti per essere alla mercé della politica di questo o quel sovrano, dell’imperatore o del vassallo riottoso, totalmente incapaci di produrre persino una semplice strategia di sopravvivenza e resistenza.
http://www.megachip.info/tematiche/guer ... diale.html
- Drogato_ di_porno
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
Stavo pensando: l'attacco alla Libia è partito nelle ore successive allo tsunami in Giappone (con l'opinione pubblica distratta). Fu un colpo da maestro, una tempistica eccezionale.
nell'agosto 2008, in piene olimpiadi di Pechino, Saakashvili (alleato di Bush) attaccò in Ossezia: http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_ ... Sud_(2008)
Il comune dneominatore era l'opinione pubblica distratta.
Che durante le Olimpiadi di Londra succeda qualcosa in Siria?
nell'agosto 2008, in piene olimpiadi di Pechino, Saakashvili (alleato di Bush) attaccò in Ossezia: http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_ ... Sud_(2008)
Il comune dneominatore era l'opinione pubblica distratta.
Che durante le Olimpiadi di Londra succeda qualcosa in Siria?
"Non devo essere io ad insegnarvi che avete nemici ed in gran numero, che non sanno perché lo siano, ma che come cani bastardi di villaggio, si mettono ad abbaiare quando i loro simili lo fanno" (Shakespeare, Enrico VIII)
Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
Drugat temo che queste olimpiadi faranno coppia con quelle del 1972 il governo britannico si è lanciato in operazioni decisamente spericolate e la popolazione londinese potrebbe pagarne lo scotto.Drogato_ di_porno ha scritto:Stavo pensando: l'attacco alla Libia è partito nelle ore successive allo tsunami in Giappone (con l'opinione pubblica distratta). Fu un colpo da maestro, una tempistica eccezionale.
nell'agosto 2008, in piene olimpiadi di Pechino, Saakashvili (alleato di Bush) attaccò in Ossezia: http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_ ... Sud_(2008)
Il comune dneominatore era l'opinione pubblica distratta.
Che durante le Olimpiadi di Londra succeda qualcosa in Siria?
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
imamaniac ha scritto:hanno rovinato la libia....ora spero che i sostenitori caccino a suon di fucilate sti finti ribelli, finto progressisti
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Chi non ha mai posseduto un cane, non sa cosa significhi essere amato ( Arthur Schopenhauer )
" Ste sgallettate che non sanno fare un cazzo e non partoriscono un concetto nemmeno sotto tortura
sono sacchi a pelo per il cazzo " ( Cit. ZETA )
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Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
La Siria è inondata da terroristi di ogni genere. Al-Qaida ha commesso una serie di atti terroristici. Secondo l’ex comandante dell’Accademia Navale turca Ammiraglio Türker Erturk, essa ha il sostegno dagli Stati Uniti. Afferma che l’Occidente e i suoi alleati arabi hanno deciso di ripetere lo “scenario salvadoregno“, contando sui gruppi terroristici invece che sull’opposizione. Gli attentati suicidi a Damasco lo confermano.
Lasciatemi ricordare l’operazione volta a destabilizzare il Salvador con l’aiuto di attentatori suicidi, guidata da John Negroponte, che in seguito divenne ambasciatore USA in Iraq, e il futuro ambasciatore statunitense in Siria Robert Ford.
Peter Oborne, commentatore del Daily Telegraph, ha confermato che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno recentemente intensificato la cooperazione clandestina con al-Qaida, per riunire gli sforzi nella lotta contro il governo siriano. Nel suo articolo Syria’s Crisis is Leading Us to Unlikely Bedfellows, sottolinea che le azioni terroristiche a Damasco, commesse l’anno scorso, avevano tutti i segni distintivi di quelle commesse dall’organizzazione terroristica in Iraq. Secondo il giornalista britannico, i militanti di al-Qaida sono giunti in Siria dalla Libia attraverso il “corridoio turco”. Peter Oborne vede “la triplice alleanza Washington-Londra-al-Qaida” come una grave minaccia per il Regno Unito.
Omar al-Bakri, un estremista religioso residente in Libano, ha confessato in un’intervista al Daily Telegraph che militanti di al-Qaida, sostenuti da al-Mustaqbal di Saad al-Hariri, si erano già infiltrati in Siria dal Libano. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Baghdad, il ministro degli esteri iracheno Hoshyar Zebari ha confermato il fatto che al-Qaida si infiltra in Siria attraverso il confine iracheno, al fine di commettere atti terroristici e trasportare armi.
The Guardian ha recentemente pubblicato un articolo intitolato Syria Would Be Disastrous for Its People. L’autore Sami Ramadani sottolinea il fatto che un’alleanza tra Stati Uniti e al-Qaida ha preso forma. Gli Stati Uniti e la Turchia vogliono intensamente destabilizzare la Siria, usando i fondi petroliferi forniti da Qatar e Arabia Saudita. Mentre Hillary Clinton sta cercando di convincere la comunità internazionale che l’intervento in Siria è un passo necessario, la CIA è coinvolta attivamente nel sostegno e nell’addestramento dei militanti. Come è noto, gli Stati Uniti e gli alleati della NATO hanno reclutato i capi delle organizzazioni terroristiche e criminali comuni provenienti da diversi paesi del mondo come mercenari, per infiltrarli tramite operazioni speciali nei campi di addestramento situati in Turchia e in Libano. Per esempio, mentre era a Homs, un membro della missione degli osservatore della della Lega Araba, che lavorava per i servizi speciali iracheni, restava molto sorpreso nel vedere mercenari pakistani, iracheni e afghani. Particolarmente impressionante è stato il fatto che alcuni di loro erano stati i suoi rapitori in Iraq. E’ importante notare che oltre un centinaio di mercenari provenienti dai paesi arabi e altri paesi, tra cui un numero significativo di legionari francesi, sono stati catturati dalle autorità siriane dopo aver liberato Homs.
Hala Jaber, un corrispondente del Sunday Times, è certo che estremisti religiosi e mercenari stranieri infiltrati in Siria dai paesi limitrofi, hanno contribuito all’esacerbazione delle violenze, per far porre fine alla missione degli osservatori internazionali. Hala Jaber ha sottolineato che gli appelli degli sceicchi sauditi ad attraversare la frontiera siriana, sono stati seguiti da decine di persone provenienti da Libano, Tunisia, Algeria, Arabia Saudita, Libia, Egitto, Giordania e Kuwait, fanatizzate dal desiderio di creare un califfato arabo in Siria e nella regione.
The British Times ha pubblicato un articolo, nel gennaio di quest’anno, che indicava che l’Arabia Saudita e il Qatar si erano legati con un accordo segreto per finanziare l’acquisizione di armi da parte dell’opposizione siriana per rovesciare il regime di Bashar Assad. Un accordo segreto tra i governi di Arabia Saudita e Qatar e l’opposizione siriana, era stato raggiunto dopo la riunione dei ministri degli esteri delle Nazioni della Lega araba a Cairo, nel mese di gennaio. Un rappresentante dell’opposizione siriana aveva detto al quotidiano britannico che l’Arabia Saudita ha offerto tutta l’assistenza. Aveva aggiunto che anche la Turchia ha preso parte attiva al sostegno dell’opposizione, fornendo armi attraverso il confine Siria-Turchia.
Mehmet Ali Ediboglu, un deputato della provincia di Hatay, ha detto al giornale National, organo degli Emirati Arabi Uniti, che c’erano grandi quantità di armi da fuoco turche in Siria. Ediboglu faceva parte della squadra del Partito popolare repubblicano turco che era giunta in Siria nel settembre 2011. I funzionari siriani hanno mostrato alla delegazione i camion carichi di armi scaricati nel deserto della zona cuscinetto tra i checkpoint di Siria e Turchia. Secondo un’intervista del deputato turco, le armi sono state consegnate dai Fratelli musulmani.
Il sito israeliano Debka, vicino all’intelligence israeliana Mossad, riportava nel lontano agosto 2011 che la NATO aveva consegnato sistemi di difesa aerea spallegiabili, armi anticarro, lanciagranate e mitragliatrici pesanti alle forze di opposizione, dal territorio della Turchia. “Ribelli siriani hanno ricevuto addestramento in Turchia“, aveva riferito Debka.NATO e Stati Uniti hanno organizzato una campagna per reclutare migliaia di volontari musulmani provenienti da diversi paesi, per aumentare la potenza dei “ribelli” siriani. L’esercito turco gli ha fornito addestramento e un sicuro passaggio attraverso il confine Siria-Turchia.
Secondo il Guardian, l’Arabia Saudita è pronta ad offrire assistenza finanziaria ai militanti dell’esercito libero siriano, incitando le defezioni di massa nei ranghi militari della Siria, e aumentando la pressione sul governo di Assad. Riyadh ha già discusso i piani di lunga durata con Washington e altri stati arabi. Come notano i media britannici, riferendosi a fonti anonime di tre capitali arabe, l’idea originaria non era dei sauditi, ma piuttosto dai loro alleati arabi disposti ad eliminare la sovranità siriana. L’incoraggiamento ai disertori siriani coincideva con le forniture di armi in Siria. The Guardian afferma che i colloqui con i funzionari dei paesi arabi chiarivano che le forniture di armi da Arabia Saudita e Qatar (compresi fucili automatici, lanciagranate e missili anticarro) erano iniziate a metà maggio. Gli interlocutori arabi del Guardian hanno detto che l’accordo finale per inviare le armi dai depositi in Turchia ai ribelli, era stato ottenuto con fatica, con Ankara che prima insisteva sulla copertura diplomatica dagli stati arabi e dagli Stati Uniti. Gli autori di questo articolo hanno detto che la Turchia ha anche permesso la creazione di un centro di comando a Istanbul, che sta coordinando le linee logistiche in consultazione con i leader dell’ELS in Siria. The Guardian ha assistito al trasferimento di armi ai primi di giugno, vicino alla frontiera turca.
Mentre l’autorevole New York Times ha riferito che la CIA ha già organizzato le forniture di armi e attrezzature all’opposizione. Secondo la fonte, esperti agenti della CIA stanno “lavorando” nella distribuzione illegale di fucili d’assalto, lanciarazzi anticarro e altre munizioni all’opposizione siriana. Armi e munizioni sono state portate in Siria, in particolare con l’aiuto della rete della Fratellanza musulmana siriana, dice Eric Schmitt, l’autore di questo articolo. Le spese per fucili, lanciagranate e sistemi anticarro vengono condivise da Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Gli agenti della CIA forniscono assistenza in loco, per la consegna della merce verso la destinazione desiderata. Gli operatori delle agenzie potrebbero aiutare i ribelli ad organizzare una rudimentale rete di intelligenza e controspionaggio per combattere Bashar Assad. Andrea Stone di Huffington Post conferma questa informazione.
Osserva che gli ufficiali dellaCentral Intelligence Agency hanno lavorato nella Turchia meridionale da marzo, consigliando ad Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti quali elementi dell’esercito libero siriano (ELS) avrebbero dovuto armare. Inoltre, il Vicepresidente del partito laburista turco, Bulent Aslanoglu, ha confermato che circa 6000 persone di nazionalità araba, afgana e turca sono state reclutate dalla Central Intelligence Agency degli Stati Uniti, per compiere attentati terroristici in Siria.
L’alleanza di Stati Uniti e al-Qaida non confonde Reuel Marc Gerecht, ex agente della CIA e senior fellow presso laFoundation for Defense of Democracies. Sulle pagine del Wall Street Journal sostiene la necessità di “un’operazione muscolare della CIA lanciata da Turchia, Giordania e persino dal Kurdistan iracheno“. Pensa che il limitato impegno della CIA contro Assad, venuto a conoscenza del pubblico grazie ai media occidentali, non porterà a nulla in termini concreti per coloro che cercano di rovesciare il regime al potere in Siria. Gerecht pone particolare importanza sul fatto che “Assad, che dipende dalla minoranza sciita alawita (circa il 10%-15% della popolazione) per la sua forza militare, non ha la forza per una contro-insurrezione su fronti multipli“. Lo studioso della Foundation for Defense of Democraciespensa che “un approccio coordinato, guidato dalla CIA, nel tentativo di inviare armi anticarro, antiaerei e anti-persona attraverso i vuoti nella sicurezza delle frontiere del regime, non sarebbe difficile. La mancanza di uomini del regime e la geografia della Siria, con basse montagne, steppe aride e deserti proibitivi, probabilmente la rendono vulnerabile all’opposizione, se l’opposizione ha abbastanza potenza di fuoco“. L’ex agente della CIA è sicuro che questa azione siriana non sarebbe un un’impresa enorme: “Anche quando la CIA ha potenziato il suo aiuto alle forze afgane antisovietiche nel 1986-87, i numeri coinvolti (all’estero e a Washington) erano piccoli, circa due dozzine. Un’operazione aggressiva in Siria probabilmente richiederà più manovalanza della CIA di quella, ma probabilmente meno di 50 ufficiali statunitensi lavorano con i servizi alleati“.
Secondo Gerecht, è soprattutto il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan che ha irreversibilmente rotto con Assad. La Giordania, il paese arabo che gode del rapporto più intimo con gli Stati Uniti, è anch’essa contraria a Damasco. Inoltre, il veterano della CIA assicura che il Kurdistan iracheno, sempre più gravido di funzionari statunitensi sul suo suolo, probabilmente darà alla CIA un considerevole margine di manovra, con Washington che ha promesso di sostenere i curdi in ogni controversia con Baghdad e Teheran.
É gradita la ripubblicazione viene con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Lasciatemi ricordare l’operazione volta a destabilizzare il Salvador con l’aiuto di attentatori suicidi, guidata da John Negroponte, che in seguito divenne ambasciatore USA in Iraq, e il futuro ambasciatore statunitense in Siria Robert Ford.
Peter Oborne, commentatore del Daily Telegraph, ha confermato che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno recentemente intensificato la cooperazione clandestina con al-Qaida, per riunire gli sforzi nella lotta contro il governo siriano. Nel suo articolo Syria’s Crisis is Leading Us to Unlikely Bedfellows, sottolinea che le azioni terroristiche a Damasco, commesse l’anno scorso, avevano tutti i segni distintivi di quelle commesse dall’organizzazione terroristica in Iraq. Secondo il giornalista britannico, i militanti di al-Qaida sono giunti in Siria dalla Libia attraverso il “corridoio turco”. Peter Oborne vede “la triplice alleanza Washington-Londra-al-Qaida” come una grave minaccia per il Regno Unito.
Omar al-Bakri, un estremista religioso residente in Libano, ha confessato in un’intervista al Daily Telegraph che militanti di al-Qaida, sostenuti da al-Mustaqbal di Saad al-Hariri, si erano già infiltrati in Siria dal Libano. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Baghdad, il ministro degli esteri iracheno Hoshyar Zebari ha confermato il fatto che al-Qaida si infiltra in Siria attraverso il confine iracheno, al fine di commettere atti terroristici e trasportare armi.
The Guardian ha recentemente pubblicato un articolo intitolato Syria Would Be Disastrous for Its People. L’autore Sami Ramadani sottolinea il fatto che un’alleanza tra Stati Uniti e al-Qaida ha preso forma. Gli Stati Uniti e la Turchia vogliono intensamente destabilizzare la Siria, usando i fondi petroliferi forniti da Qatar e Arabia Saudita. Mentre Hillary Clinton sta cercando di convincere la comunità internazionale che l’intervento in Siria è un passo necessario, la CIA è coinvolta attivamente nel sostegno e nell’addestramento dei militanti. Come è noto, gli Stati Uniti e gli alleati della NATO hanno reclutato i capi delle organizzazioni terroristiche e criminali comuni provenienti da diversi paesi del mondo come mercenari, per infiltrarli tramite operazioni speciali nei campi di addestramento situati in Turchia e in Libano. Per esempio, mentre era a Homs, un membro della missione degli osservatore della della Lega Araba, che lavorava per i servizi speciali iracheni, restava molto sorpreso nel vedere mercenari pakistani, iracheni e afghani. Particolarmente impressionante è stato il fatto che alcuni di loro erano stati i suoi rapitori in Iraq. E’ importante notare che oltre un centinaio di mercenari provenienti dai paesi arabi e altri paesi, tra cui un numero significativo di legionari francesi, sono stati catturati dalle autorità siriane dopo aver liberato Homs.
Hala Jaber, un corrispondente del Sunday Times, è certo che estremisti religiosi e mercenari stranieri infiltrati in Siria dai paesi limitrofi, hanno contribuito all’esacerbazione delle violenze, per far porre fine alla missione degli osservatori internazionali. Hala Jaber ha sottolineato che gli appelli degli sceicchi sauditi ad attraversare la frontiera siriana, sono stati seguiti da decine di persone provenienti da Libano, Tunisia, Algeria, Arabia Saudita, Libia, Egitto, Giordania e Kuwait, fanatizzate dal desiderio di creare un califfato arabo in Siria e nella regione.
The British Times ha pubblicato un articolo, nel gennaio di quest’anno, che indicava che l’Arabia Saudita e il Qatar si erano legati con un accordo segreto per finanziare l’acquisizione di armi da parte dell’opposizione siriana per rovesciare il regime di Bashar Assad. Un accordo segreto tra i governi di Arabia Saudita e Qatar e l’opposizione siriana, era stato raggiunto dopo la riunione dei ministri degli esteri delle Nazioni della Lega araba a Cairo, nel mese di gennaio. Un rappresentante dell’opposizione siriana aveva detto al quotidiano britannico che l’Arabia Saudita ha offerto tutta l’assistenza. Aveva aggiunto che anche la Turchia ha preso parte attiva al sostegno dell’opposizione, fornendo armi attraverso il confine Siria-Turchia.
Mehmet Ali Ediboglu, un deputato della provincia di Hatay, ha detto al giornale National, organo degli Emirati Arabi Uniti, che c’erano grandi quantità di armi da fuoco turche in Siria. Ediboglu faceva parte della squadra del Partito popolare repubblicano turco che era giunta in Siria nel settembre 2011. I funzionari siriani hanno mostrato alla delegazione i camion carichi di armi scaricati nel deserto della zona cuscinetto tra i checkpoint di Siria e Turchia. Secondo un’intervista del deputato turco, le armi sono state consegnate dai Fratelli musulmani.
Il sito israeliano Debka, vicino all’intelligence israeliana Mossad, riportava nel lontano agosto 2011 che la NATO aveva consegnato sistemi di difesa aerea spallegiabili, armi anticarro, lanciagranate e mitragliatrici pesanti alle forze di opposizione, dal territorio della Turchia. “Ribelli siriani hanno ricevuto addestramento in Turchia“, aveva riferito Debka.NATO e Stati Uniti hanno organizzato una campagna per reclutare migliaia di volontari musulmani provenienti da diversi paesi, per aumentare la potenza dei “ribelli” siriani. L’esercito turco gli ha fornito addestramento e un sicuro passaggio attraverso il confine Siria-Turchia.
Secondo il Guardian, l’Arabia Saudita è pronta ad offrire assistenza finanziaria ai militanti dell’esercito libero siriano, incitando le defezioni di massa nei ranghi militari della Siria, e aumentando la pressione sul governo di Assad. Riyadh ha già discusso i piani di lunga durata con Washington e altri stati arabi. Come notano i media britannici, riferendosi a fonti anonime di tre capitali arabe, l’idea originaria non era dei sauditi, ma piuttosto dai loro alleati arabi disposti ad eliminare la sovranità siriana. L’incoraggiamento ai disertori siriani coincideva con le forniture di armi in Siria. The Guardian afferma che i colloqui con i funzionari dei paesi arabi chiarivano che le forniture di armi da Arabia Saudita e Qatar (compresi fucili automatici, lanciagranate e missili anticarro) erano iniziate a metà maggio. Gli interlocutori arabi del Guardian hanno detto che l’accordo finale per inviare le armi dai depositi in Turchia ai ribelli, era stato ottenuto con fatica, con Ankara che prima insisteva sulla copertura diplomatica dagli stati arabi e dagli Stati Uniti. Gli autori di questo articolo hanno detto che la Turchia ha anche permesso la creazione di un centro di comando a Istanbul, che sta coordinando le linee logistiche in consultazione con i leader dell’ELS in Siria. The Guardian ha assistito al trasferimento di armi ai primi di giugno, vicino alla frontiera turca.
Mentre l’autorevole New York Times ha riferito che la CIA ha già organizzato le forniture di armi e attrezzature all’opposizione. Secondo la fonte, esperti agenti della CIA stanno “lavorando” nella distribuzione illegale di fucili d’assalto, lanciarazzi anticarro e altre munizioni all’opposizione siriana. Armi e munizioni sono state portate in Siria, in particolare con l’aiuto della rete della Fratellanza musulmana siriana, dice Eric Schmitt, l’autore di questo articolo. Le spese per fucili, lanciagranate e sistemi anticarro vengono condivise da Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Gli agenti della CIA forniscono assistenza in loco, per la consegna della merce verso la destinazione desiderata. Gli operatori delle agenzie potrebbero aiutare i ribelli ad organizzare una rudimentale rete di intelligenza e controspionaggio per combattere Bashar Assad. Andrea Stone di Huffington Post conferma questa informazione.
Osserva che gli ufficiali dellaCentral Intelligence Agency hanno lavorato nella Turchia meridionale da marzo, consigliando ad Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti quali elementi dell’esercito libero siriano (ELS) avrebbero dovuto armare. Inoltre, il Vicepresidente del partito laburista turco, Bulent Aslanoglu, ha confermato che circa 6000 persone di nazionalità araba, afgana e turca sono state reclutate dalla Central Intelligence Agency degli Stati Uniti, per compiere attentati terroristici in Siria.
L’alleanza di Stati Uniti e al-Qaida non confonde Reuel Marc Gerecht, ex agente della CIA e senior fellow presso laFoundation for Defense of Democracies. Sulle pagine del Wall Street Journal sostiene la necessità di “un’operazione muscolare della CIA lanciata da Turchia, Giordania e persino dal Kurdistan iracheno“. Pensa che il limitato impegno della CIA contro Assad, venuto a conoscenza del pubblico grazie ai media occidentali, non porterà a nulla in termini concreti per coloro che cercano di rovesciare il regime al potere in Siria. Gerecht pone particolare importanza sul fatto che “Assad, che dipende dalla minoranza sciita alawita (circa il 10%-15% della popolazione) per la sua forza militare, non ha la forza per una contro-insurrezione su fronti multipli“. Lo studioso della Foundation for Defense of Democraciespensa che “un approccio coordinato, guidato dalla CIA, nel tentativo di inviare armi anticarro, antiaerei e anti-persona attraverso i vuoti nella sicurezza delle frontiere del regime, non sarebbe difficile. La mancanza di uomini del regime e la geografia della Siria, con basse montagne, steppe aride e deserti proibitivi, probabilmente la rendono vulnerabile all’opposizione, se l’opposizione ha abbastanza potenza di fuoco“. L’ex agente della CIA è sicuro che questa azione siriana non sarebbe un un’impresa enorme: “Anche quando la CIA ha potenziato il suo aiuto alle forze afgane antisovietiche nel 1986-87, i numeri coinvolti (all’estero e a Washington) erano piccoli, circa due dozzine. Un’operazione aggressiva in Siria probabilmente richiederà più manovalanza della CIA di quella, ma probabilmente meno di 50 ufficiali statunitensi lavorano con i servizi alleati“.
Secondo Gerecht, è soprattutto il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan che ha irreversibilmente rotto con Assad. La Giordania, il paese arabo che gode del rapporto più intimo con gli Stati Uniti, è anch’essa contraria a Damasco. Inoltre, il veterano della CIA assicura che il Kurdistan iracheno, sempre più gravido di funzionari statunitensi sul suo suolo, probabilmente darà alla CIA un considerevole margine di manovra, con Washington che ha promesso di sostenere i curdi in ogni controversia con Baghdad e Teheran.
É gradita la ripubblicazione viene con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
MEGLIO LICANTROPI CHE FILANTROPI
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
VE LA MERITATE GEGGIA
Baalkaan hai la machina targata Sassari?
VE LA MERITATE GEGGIA
Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
certo...vista da occidentefedericoweb ha scritto:imamaniac ha scritto:hanno rovinato la libia....ora spero che i sostenitori caccino a suon di fucilate sti finti ribelli, finto progressisti
resisti ASSAD!!!!
80 m0rti al giorno tra i civili......
sparan sulla folla
resisti sto cazzo, spazzatelo via
ad esempio però esistono anche queste fonti:
http://ilcorsivoquotidiano.net/2012/02/ ... ato-siria/
ognuno è libero di farsi la propria idea e sinceramente al buonismo occidentale ci credo molto poco....
I'm a rock'n'roll outlaw
Re: OT - I am an anti-Muhammad - Anarchy in Maghreb!
Siria, manipolazione e guerra
I lettori di questo blog [ndr: su Il Fatto Quotidiano] si saranno certo accorti che seguo con particolare attenzione gli sviluppi preparatori di alcune guerre, le prossime. Si tratta di Siria e Iran, due bersagli chiarissimi. Lo faccio perché sono certo che avranno effetti diretti sulle nostre vite e su quelle dei nostri figli.
Per questo uso le fonti migliori disponibili e, tra queste, proprio quelle di coloro che preparano la guerra. In genere sono bene informati.
L’ultima – che qui commento – viene dal New York Times del 21 luglio scorso. Lo includo tra i fautori della guerra a pieno merito perché questo giornale è stato da sempre una delle portaerei del “sistema americano”. E perché in questo caso ci descrive con abbondanza di particolari come un gruppo di criminali (il vertice degli Stati Uniti d’America) sta violando tutte le regole della convivenza internazionale.
Di questa informazione dovremmo essergli – e gliene siamo – grati. Dove invece ne denunciamo la più vergognosa delle connivenze è nel fatto che gli autori dell’articolo (Eric Shmitt e Helene Cooper), non meno del direttore di quel giornale, ci presentano l’azione criminale come se fosse normale, ineccepibile, inevitabile, accettabile dunque.
Andiamo con ordine con le distorsioni: “L’Amministrazione Obama ha per il momento abbandonato gli sforzi per un regolamento diplomatico del conflitto in Siria”. Notare le diverse finezze inscatolate in una sola riga. Il “per il momento” lascia pensare che, dopo, forse, ci ripenserà. Poi notate “gli sforzi” per un “regolamento diplomatico”. Cioè il lettore deve pensare che, fino ad ora, lo sforzo di Obama è stato per un “regolamento diplomatico” è che solo ora questa idea è stata “abbandonata”.
È, naturalmente, una palese falsità. E non lo dico io. Lo dice il New York Times nella riga successiva, comunicandoci che Obama “sta aumentando l’aiuto ai ribelli e raddoppiando gli sforzi (letteralmente, ndr) per costruire una coalizione di paesi concordi ad abbattere con la forza il governo del presidente Bashar al-Assad “.
Dunque se “sta aumentando” vuol dire che l’aiuto ai ribelli già c’era. Cioè che gli Stati Uniti stavano già violando la Carta dell’Onu e tentavano di sovvertire dall’esterno un paese sovrano. Adesso dice che “raddoppiano gli sforzi”. Cioè da oltre un anno gli USA stanno conducendo una guerra per interposta persona contro la Siria e l’ineffabile New York Times (con il codazzo di giornali e telegiornali italiani) ci spaccia che quello che è avvenuto fino ad ora era per un “regolamento diplomatico”.
Si trattava e si tratta, dunque, di un progetto di “abbattere con la forza” un governo. Prosegue il NYT (citando fonti dell’Amministrazione) con l’annuncio che ci sono stati “colloqui con la Turchia e Israele sul tema della gestione del collasso del governo siriano” e, anzi, si fa capire che potrebbe essere affidato proprio ad Israele il compito di “distruggere i depositi di munizioni”. Nel frattempo i tagliagole libici di Al Qaeda, portati in Turchia da aerei inglesi, americani e francesi, estendono la guerra, mentre i servizi segreti dei paesi di cui sopra mettono le bombe a Damasco facendo saltare in aria, uno ad uno, i generali di Bashar. Cioè organizzano il terrorismo.
L’Amministrazione – scrive pudico il NYT – non fornirà armi alle forze ribelli, anche perché lo stanno già facendo egregiamente tre campioni della democrazia occidentale come la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita. In compenso Washington “fornirà istruzione tecnica e equipaggiamento per le comunicazioni” per accrescere la capacità di combattimento delle opposizioni”. Si presume con corredo di detonatori e di esplosivi. Infatti è previsto anche “un supporto di intelligence”.
Come si vede tutto molto diplomatico.
Aggiungo una notazione che piacerà molto ai debunkers dell’11/9. “Noi stiamo puntando ad una demolizione controllata del regime di Assad”, ci rivela Andrei J. Tabler dell’Istituto per la politica del Vicino Oriente, di Washington. E poi aggiunge, prudentemente: “Ma, come in qualunque demolizione controllata, c’è sempre qualcosa che può andare storto”.
Appunto: qualcuno se ne accorge, com’è avvenuto con le tre “controlled demolitions” dell’11 Settembre 2001.
Peccato che Russia e Cina, i cattivi, non accettino di prendere parte a queste “iniziative diplomatiche”. Washington vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca. Abbattere e uccidere (certo, uccidere) Bashar, e avere un bel regime amico in Siria. E vorrebbe che tutti fossero d’accordo con il piano. Anche se poi, crollato Bashar, arriveranno al potere i tagliagole, com’è avvenuto in Libia.
Ora prepariamoci a vedere una parte dell’ex campo pacifista italiano applaudire l’ingresso a Damasco delle forze liberatrici arabo-saudite.
E pensare che c’è perfino qualche Pulitzer in erba italiano che continua a scrivere, imperterrito, che gli Stati Uniti sarebbero preoccupati per una eventuale caduta di Assad. Il compianto prof. Cipolla ci ha lasciato le sue leggi fondamentali della stupidità umana. La prima era questa, da tenere presente: “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi che ci circondano”.
Giulietto Chiesa
(25 luglio 2012)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ra/305470/
I lettori di questo blog [ndr: su Il Fatto Quotidiano] si saranno certo accorti che seguo con particolare attenzione gli sviluppi preparatori di alcune guerre, le prossime. Si tratta di Siria e Iran, due bersagli chiarissimi. Lo faccio perché sono certo che avranno effetti diretti sulle nostre vite e su quelle dei nostri figli.
Per questo uso le fonti migliori disponibili e, tra queste, proprio quelle di coloro che preparano la guerra. In genere sono bene informati.
L’ultima – che qui commento – viene dal New York Times del 21 luglio scorso. Lo includo tra i fautori della guerra a pieno merito perché questo giornale è stato da sempre una delle portaerei del “sistema americano”. E perché in questo caso ci descrive con abbondanza di particolari come un gruppo di criminali (il vertice degli Stati Uniti d’America) sta violando tutte le regole della convivenza internazionale.
Di questa informazione dovremmo essergli – e gliene siamo – grati. Dove invece ne denunciamo la più vergognosa delle connivenze è nel fatto che gli autori dell’articolo (Eric Shmitt e Helene Cooper), non meno del direttore di quel giornale, ci presentano l’azione criminale come se fosse normale, ineccepibile, inevitabile, accettabile dunque.
Andiamo con ordine con le distorsioni: “L’Amministrazione Obama ha per il momento abbandonato gli sforzi per un regolamento diplomatico del conflitto in Siria”. Notare le diverse finezze inscatolate in una sola riga. Il “per il momento” lascia pensare che, dopo, forse, ci ripenserà. Poi notate “gli sforzi” per un “regolamento diplomatico”. Cioè il lettore deve pensare che, fino ad ora, lo sforzo di Obama è stato per un “regolamento diplomatico” è che solo ora questa idea è stata “abbandonata”.
È, naturalmente, una palese falsità. E non lo dico io. Lo dice il New York Times nella riga successiva, comunicandoci che Obama “sta aumentando l’aiuto ai ribelli e raddoppiando gli sforzi (letteralmente, ndr) per costruire una coalizione di paesi concordi ad abbattere con la forza il governo del presidente Bashar al-Assad “.
Dunque se “sta aumentando” vuol dire che l’aiuto ai ribelli già c’era. Cioè che gli Stati Uniti stavano già violando la Carta dell’Onu e tentavano di sovvertire dall’esterno un paese sovrano. Adesso dice che “raddoppiano gli sforzi”. Cioè da oltre un anno gli USA stanno conducendo una guerra per interposta persona contro la Siria e l’ineffabile New York Times (con il codazzo di giornali e telegiornali italiani) ci spaccia che quello che è avvenuto fino ad ora era per un “regolamento diplomatico”.
Si trattava e si tratta, dunque, di un progetto di “abbattere con la forza” un governo. Prosegue il NYT (citando fonti dell’Amministrazione) con l’annuncio che ci sono stati “colloqui con la Turchia e Israele sul tema della gestione del collasso del governo siriano” e, anzi, si fa capire che potrebbe essere affidato proprio ad Israele il compito di “distruggere i depositi di munizioni”. Nel frattempo i tagliagole libici di Al Qaeda, portati in Turchia da aerei inglesi, americani e francesi, estendono la guerra, mentre i servizi segreti dei paesi di cui sopra mettono le bombe a Damasco facendo saltare in aria, uno ad uno, i generali di Bashar. Cioè organizzano il terrorismo.
L’Amministrazione – scrive pudico il NYT – non fornirà armi alle forze ribelli, anche perché lo stanno già facendo egregiamente tre campioni della democrazia occidentale come la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita. In compenso Washington “fornirà istruzione tecnica e equipaggiamento per le comunicazioni” per accrescere la capacità di combattimento delle opposizioni”. Si presume con corredo di detonatori e di esplosivi. Infatti è previsto anche “un supporto di intelligence”.
Come si vede tutto molto diplomatico.
Aggiungo una notazione che piacerà molto ai debunkers dell’11/9. “Noi stiamo puntando ad una demolizione controllata del regime di Assad”, ci rivela Andrei J. Tabler dell’Istituto per la politica del Vicino Oriente, di Washington. E poi aggiunge, prudentemente: “Ma, come in qualunque demolizione controllata, c’è sempre qualcosa che può andare storto”.
Appunto: qualcuno se ne accorge, com’è avvenuto con le tre “controlled demolitions” dell’11 Settembre 2001.
Peccato che Russia e Cina, i cattivi, non accettino di prendere parte a queste “iniziative diplomatiche”. Washington vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca. Abbattere e uccidere (certo, uccidere) Bashar, e avere un bel regime amico in Siria. E vorrebbe che tutti fossero d’accordo con il piano. Anche se poi, crollato Bashar, arriveranno al potere i tagliagole, com’è avvenuto in Libia.
Ora prepariamoci a vedere una parte dell’ex campo pacifista italiano applaudire l’ingresso a Damasco delle forze liberatrici arabo-saudite.
E pensare che c’è perfino qualche Pulitzer in erba italiano che continua a scrivere, imperterrito, che gli Stati Uniti sarebbero preoccupati per una eventuale caduta di Assad. Il compianto prof. Cipolla ci ha lasciato le sue leggi fondamentali della stupidità umana. La prima era questa, da tenere presente: “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi che ci circondano”.
Giulietto Chiesa
(25 luglio 2012)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ra/305470/