[O.T.] Donald Trump

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dostum
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3001 Messaggio da dostum »

Vi riportiamo l’articolo di un giornalista di Las Vegas , Victor Joecks, che è riuscito a votare 8 volte nella Clark County (la contea dove sorge la nota città dei divertimenti) tramite il voto postale, verificato solo con la firma. Vediamo cosa dice:

I funzionari della Contea di Clark hanno accettato la mia firma su otto buste di ritorno delle schede elettorali durante le elezioni generali. È un’ulteriore prova del fatto che la verifica della firma è una misura di sicurezza imperfetta. Per mesi, i funzionari elettorali hanno detto agli abitanti del Nevada di non preoccuparsi delle schede che si accumulavano nei bidoni della spazzatura degli appartamenti o che venivano inviate a indirizzi sbagliati.

“Le schede elettorali scartate non possono essere ritirate e votate da chiunque”, direbbe un foglio informativo del segretario di stato.

“Tutte le schede elettorali devono essere firmate sulla busta di ritorno della scheda”. Questa firma viene usata per autenticare l’elettore e confermare che è stato effettivamente l’elettore e non un’altra persona a restituire la scheda”.

Volevo testare questa affermazione simulando ciò che potrebbe accadere se qualcuno restituisse schede che non gli appartengono. Molte persone hanno avuto questa opportunità. Billy Geurin, un abitante di Las Vegas di 10 anni, ha trovato cinque schede gettate nel suo appartamento. Un lettore mi ha inviato per e-mail una foto di una pila di posta sul ciglio della strada, che includeva schede sciolte. Ci sono numerose foto di esempi simili sui social media.

Nove persone hanno partecipato a questo test. Ho scritto i loro nomi in corsivo usando la mia normale calligrafia. Hanno poi copiato la mia versione del loro nome sulla loro busta elettorale. Questo processo in due fasi è stato necessario per garantire che non venisse infranta alcuna legge.

Lunedì ho chiesto al cancelliere della contea di Clark, Joe Gloria, di questo scenario. Se le schede firmate da qualcun altro “fossero arrivate, avremmo ancora la capacità di valutare della firma su cui fare affidamento per l’identità”, ha detto. Alla domanda se era sicuro che la salvaguardia avrebbe identificato quelle schede, ha detto: “Sono sicuro che il processo ha funzionato durante tutto il processo”.

Si sbagliava. Otto delle nove schede sono state esaminate. In altre parole, la verifica delle firme ha avuto un tasso di insuccesso dell’89 per cento nella raccolta di firme non corrispondenti.

Questo potrebbe spiegare come una scheda “firmata” da Rosemarie Hartle, morta nel 2017, abbia superato la verifica delle firme, come riportato da 8 News Now. Potrebbe spiegare come a Jill Stokke, residente da tempo a Las Vegas, sia stato detto che la firma sulla sua scheda corrispondeva, anche se ha detto di non averla mai ricevuta.

Nessuna verifica dell’identità, voto postale pessimo, possibilità di votare per altri. questo è stato il voto negli USA: praticamente una caricatura di democrazia.

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dostum
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3002 Messaggio da dostum »

Usa, nuovo capo Pentagono a truppe: "E' tempo di tornare a casa"


"E' tempo di tornare a casa. Tutte le guerre devono finire": lo afferma il nuovo capo ad interim del Pentagono Christopher Miller nel suo primo messaggio alle forze armate, postato sul sito della Difesa Usa. Parole che lasciano intravedere, secondo i media statunitensi, una possibile accelerazione del ritiro delle truppe dall'Afghanistan e dall'Iraq, dove sono state dislocate dopo gli attacchi dell'11 settembre.
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Revolver_F
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3003 Messaggio da Revolver_F »

GeishaBalls ha scritto:
14/11/2020, 4:35
dostum ha scritto:
14/11/2020, 4:16
GeishaBalls ha scritto:
14/11/2020, 4:14
E l’articolo precedente postato da Dostum inizia con “non me ne intendo, non ci sono prove... ma i brogli ci sono stati, visto che le leggi elettorali sono ridicole e - clamoroso, e questo è provato - le leggi elettorali le hanno fatto i democratici”
A dimostrazione che quando si è forti di una convinzione non c’è bisogno della realtà. Bravi loro
Beh è meglio pensarci PRIMA che combini disastri no? In quanto all'altra contestazione non potevo pretendere che i democratici ammettessero i brogli no?
È un’altra prova! I democratici non ammettono nulla, quindi sono colpevoli! Prima hanno fatto le leggi, ed ora non ammettono i brogli: non può essere un caso, sono colpevoli

Vedremo se Biden sarà un pessimo presidente Trump intanto ha preso 6 milioni di voti in meno ed è uno dei pochi riusciti a farsi non rieleggere pur ereditando ad inizio mandato un’economia in piena espansione ed avendo aumentato in maniera enorme il deficit di bilancio. Eppure ci sono stati ancora 70 milioni di americani ad averlo votato

Bisogna essere dei totali rimbambiti, nel senso medico del termine, per poter credere che elezioni con più di 5 milioni di voti di differenza siano state truccate.

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Re: [O.T.] Donald Trump

#3004 Messaggio da SoTTO di nove »

Revolver_F ha scritto:
15/11/2020, 22:27
Bisogna essere dei totali rimbambiti, nel senso medico del termine, per poter credere che elezioni con più di 5 milioni di voti di differenza siano state truccate.
Truccate o meno prendere 5 milioni in più di voti in un sistema elettorale come quello americano non significa molto.
La partita si è giocata su 3-4 Stati. I 5 milioni di differenza escono praticamente tutti dalla California.

Biden è diventato presidente per aver vinto ad esempio il Wisconsin (per 20.000 voti) l'Arizona (per 10.000), la Georgia (per meno di 15.000).
Senza contare le polemiche sulla Pennsylvania.
Con questo non voglio avallare la tesi dei brogli (anche se reputo stupido e fallace il sistema elettorale per posta) ma è fuorviante concentrarsi sui 5 milioni di voti in più.

La Clinton le perse prendendo ben 3 milioni di voti in più. Addirittura prese meno grandi elettori di quelli che ha preso stavolta Trump.
Ma fino a che in California ci sarà questo scarto di voti a favore dei democratici sarà difficile per un repubblicano ritornare a prendere più voti in assoluto.
Dòni, sa tirìa e cul indrìa, la capela la'n va avantei / Donne, se tirate il culo indietro, la cappella non va avanti. BITLIS
Quando la fatica supera il gusto e ora di lasciar perdere la Patacca e attaccarsi al lambrusco. Giacobazzi

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GeishaBalls
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3005 Messaggio da GeishaBalls »

SoTTO di nove ha scritto:
15/11/2020, 23:23
Revolver_F ha scritto:
15/11/2020, 22:27
Bisogna essere dei totali rimbambiti, nel senso medico del termine, per poter credere che elezioni con più di 5 milioni di voti di differenza siano state truccate.
Truccate o meno prendere 5 milioni in più di voti in un sistema elettorale come quello americano non significa molto.
La partita si è giocata su 3-4 Stati. I 5 milioni di differenza escono praticamente tutti dalla California.

Biden è diventato presidente per aver vinto ad esempio il Wisconsin (per 20.000 voti) l'Arizona (per 10.000), la Georgia (per meno di 15.000).
Senza contare le polemiche sulla Pennsylvania.
Con questo non voglio avallare la tesi dei brogli (anche se reputo stupido e fallace il sistema elettorale per posta) ma è fuorviante concentrarsi sui 5 milioni di voti in più.

La Clinton le perse prendendo ben 3 milioni di voti in più. Addirittura prese meno grandi elettori di quelli che ha preso stavolta Trump.
Ma fino a che in California ci sarà questo scarto di voti a favore dei democratici sarà difficile per un repubblicano ritornare a prendere più voti in assoluto.
In effetti è una discussione sul nulla, tecnicamente è una inversione dell’onore della prova, come dire “dimostrami che Dio non esiste”

I 5 milioni di voti in più di Biden tuttalpiù dimostrano che la maggioranza degli americani lo preferisce a Trump non dimostrano certo che non ci siano stati brogli, che babbo Natale non esiste e che il corona virus non è stato creato appositamente in laboratorio. Non esistono grandi prove contro una credenza non dimostrata, nelle faccende di religione la razionalità non è uno strumento utile

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Gargarozzo
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3006 Messaggio da Gargarozzo »

https://www.valigiablu.it/elezioni-amer ... 5YVjYT3i9I
Elezioni USA, l’attacco alla democrazia di Trump e del partito repubblicano

Alcuni grandi network televisivi – ABC, CBS, NBC, MSNBC, CNBC – e la radio nazionale pubblica NPR, la scorsa settimana hanno deciso di interrompere la conferenza stampa del presidente Trump alla Casa Bianca, nel momento in cui Trump ha iniziato a lanciare false dichiarazioni sull'integrità delle elezioni.

Trump aveva pianificato il suo intervento in concomitanza con i notiziari della sera, che portano complessivamente la maggior audience televisiva per le TV di informazione. Ma i conduttori si sono visti costretti a intervenire per correggere alcune delle sue falsità, sottolineando che quelle accuse di brogli elettorali erano senza fondamento.

Sebbene CNN e Fox News abbiano continuato a trasmettere la conferenza (CNN con un banner che avvertiva i telespettatori che le cose sostenute da Trump erano prive di evidenze, mentre su Fox campeggiavano le parole di Trump: "Stanno cercando di rubare le elezioni", anche se subito dopo il corrispondente dalla Casa Bianca, John Roberts, ha sottolineato che non c'erano prove a sostegno di quelle accuse e così poi il conduttore da studio), la decisione degli altri canali ha deprivato Trump – come sottolinea il New York Times – di una audience significativamente più ampia per i suoi commenti, non filtrati e non verificati, sulle elezioni. I tre notiziari serali di ABC, CBS e NBC infatti sono seguiti da un pubblico molto più grande e ampio rispetto a quelli della stessa ora di CNN, MSNBC e Fox News.

MSNBC è stata la prima a fare questa scelta, poco dopo che Trump aveva iniziato a parlare. Il conduttore Brian Williams è intervenuto duramente: "Eccoci di nuovo nella posizione insolita non solo di interrompere il presidente degli Stati Uniti, ma anche di correggere il presidente degli Stati Uniti", ha detto Williams. "Non ci sono voti illegali di cui siamo a conoscenza, non c'è stata nessuna vittoria di Trump di cui siamo a conoscenza".

Una scelta estrema dovuta a una situazione senza precedenti. Ma a mio avviso del tutto condivisibile. Un conto è riportare cosa il presidente sostiene e nel contempo contrastare giornalisticamente le sue bugie, un altro offrire una piattaforma per diffondere e amplificare una propaganda malevola che mina le fondamenta della democrazia, lasciando campo libero a disinformazione e accuse false pericolose per la tenuta democratica di un paese. I media non sono tenuti a fare da piattaforma alle menzogne del presidente e non sono tenuti a garantire la propria audience per i suoi deliri eversivi, perché di questo stiamo parlando e non della libertà di parola del presidente.

La BBC ha verificato il discorso di Trump, smontando tutte le falsità sostenute dal presidente, così come ha fatto Daniel Dale per la CNN, che ha definito quello di Trump il discorso più disonesto di tutta la sua presidenza.

Da quel momento la macchina della disinformazione sul risultato elettorale da parte di Trump, dei suoi alleati e dei suoi sostenitori, che si ostinano a non riconoscere la vittoria di Joe Biden, non si è mai fermata.

Dai 14mila elettori che avrebbero votato con il nome di persone morte ai brogli elettorali in Michigan, alle elezioni rubate, al Wisconsin dove ci sarebbero più voti che elettori registrati, fino ai 300mila voti per Trump fatti sparire. Tutte false notizie puntualmente smentite. L'ultimo tentativo in ordine cronologico di inquinare la legittimità del voto e avvelenare il dibattito pubblico ha visto Trump diffondere affermazioni infondate sul sistema di voto della società Dominion, che avrebbe cancellato voti a favore di Trump.

Una falsità diffusa da un utente anonimo su un forum pro-Trump e da lì la catena di disinformazione che vede coinvolto l'ecosistema mediatico di estrema destra ha fatto il resto, a partire dal canale One America News. Una teoria del complotto sconfessata, insieme alle altre accuse di questi giorni, da un gruppo di funzionari (pubblici e privati) che si occupano delle elezioni che hanno pubblicato una dichiarazione congiunta nella quale si afferma che non ci sono prove che le elezioni 2020 siano state compromesse. Del gruppo fanno parte anche dipendenti del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale.

"Le elezioni del 3 novembre sono state le più sicure nella storia americana. In questo momento, in tutto il paese, i funzionari elettorali stanno rivedendo e ricontrollando l'intero processo elettorale prima di finalizzare il risultato", hanno detto le Commissioni governative che si occupano delle infrastrutture e del coordinamento delle elezioni. Il gruppo, che include dipendenti federali che lavorano nell'amministrazione Trump, ha aggiunto in grassetto nel documento originale: "Non ci sono prove che qualche sistema di voto abbia cancellato, perso o cambiato voti o che sia stato in qualche modo compromesso". Il comunicato, che invita gli americani ad avere fiducia nel sistema elettorale, è stato condiviso su Twitter anche dal capo della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, Chris Krebs, che tra l'altro in questi giorni è impegnato sui social a smontare tutte le false dichiarazioni di Trump e dei suoi alleati.

Il New York Times ha intervistato funzionari di decine di Stati che rappresentano entrambi i partiti politici e al momento non risultano evidenze di brogli elettorali. L'Ambasciatrice Urszula Gacek, capo del gruppo di monitoraggio delle elezioni internazionali dell'OSCE a Washington, conferma che non ci sono prove delle accuse lanciate dal presidente Trump.


Lo stesso team di osservatori internazionali invitati dall'amministrazione Trump ha pubblicato un rapporto preliminare che attribuisce un punteggio elevato allo svolgimento delle elezioni. E critica Trump per aver avanzato accuse infondate secondo cui il risultato sarebbe stato il risultato di una frode sistematica.


La strategia di Trump, che mira a compromettere la legittimità delle elezioni e della vittoria di Biden, oltre alla disinformazione, comprende anche una serie di denunce per frode. Diverse azioni legali intentate in Pennsylvania, Arizona, Michigan, Nevada, Georgia sono state respinte dai giudici, che hanno deciso di archiviare perché gli avvocati non sono riusciti a fornire prove sufficienti a sostegno delle loro accuse. In ogni caso diversi esperti non solo hanno fatto notare che sono denunce prive di valore, ma che anche se avessero successo, non sarebbero sufficienti per ribaltare i risultati delle elezioni. La campagna di Trump aveva annunciato prove scioccanti, ma poi in tribunale queste prove si sono rivelate deboli, irrilevanti e di certo non è riuscita a dimostrare una frode massiccia così come si vuol far credere. Proprio ieri, domenica 15 novembre, gli avvocati di Trump hanno ritirato una parte sostanziale delle accuse in Pennsylvania.

"Il livello di prove che hanno prodotto è in realtà scarsissimo", ha detto Kermit Roosevelt, professore di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università della Pennsylvania. “Si avvicinano molto a una sorta di teorie del complotto. Ci sono affermazioni estreme senza prove e prove che si sono rivelate irrilevanti ". Si tratta più che altro di affermazioni fatte da singoli elettori e osservatori di sondaggi in alcune sedi di voto sparse in tutto il paese. Nessuna delle prove presentate finora – scrive il NYT – ha l'ampiezza o la portata per invertire i voti a favore di Biden in nessuno dei principali Stati chiave.

La richiesta dei repubblicani di una indagine federale sul voto per frodi diffuse si è basata soprattutto sulla testimonianza di un impiegato delle Poste in Pennsylvania, che ha firmato una dichiarazione scritta in cui denuncia manomissioni delle schede elettorali da parte del suo supervisore. Richard Hopkins però, durante l'interrogatorio con agenti federali, ha ritrattato le sue accuse, dicendo di aver ascoltato frammenti di una conversazione tra altri colleghi ma che c'era tanto rumore e non poteva confermare le accuse fatte nell'affidavit.

Per capire il livello di disperazione dei repubblicani che annunciano prove clamorose senza in realtà averne, in Texas il vicegovernatore, repubblicano, Dan Patrick, come forma di sostegno alle accuse di Trump, ha offerto una ricompensa di un milione di dollari a chi avesse portato prove di frodi elettorali, esponendosi a inevitabili prese in giro. Al suo appello ha risposto il vicegovernatore, democratico, della Pennsylvania, John Fetterman, dicendo di avere il caso di un tizio che ha tentato di far votare la sua mamma morta per Trump ed essere perciò pronto a riscuotere la ricompensa.


Più che altro questi annunci roboanti di prove schiaccianti, che poi puntualmente non vengono presentate in tribunale, sembrano voler essere un tentativo di dominare la narrazione mediatica, far credere alla propria base elettorale che la battaglia non è finita, alimentando sfiducia nel sistema e screditando Biden come presidente eletto.



Nota a margine: i repubblicani hanno lanciato una campagna di raccolta fondi per coprire le spese di queste azioni legali, peccato che buona parte di questo denaro andrà a coprire i debiti della campagna di Trump.

Quello che Trump e i suoi alleati stanno facendo, scrive il giornalista del Washington Post, Greg Sargent, è creare una nuova mitologia tra gli elettori del partito repubblicano sulle elezioni che sono state rubate a Trump e che i repubblicani faranno finta che possa essere vero per anni. È il nuovo "birtherism"(la teoria del complotto diffusa durante la campagna per le presidenziali del 2008 e sostenuta anche da Trump, sulla nascita e sulla religione di Obama, secondo cui Obama non è nato in America, ma in Kenya e quindi per legge non avrebbe potuto ricoprire il ruolo di presidente degli USA).


Il procuratore generale, William Barr, ha autorizzato i procuratori federali a esaminare le accuse di irregolarità nelle elezioni, nonostante la mancanza di prove. Se la decisione è stata accolta dai sostenitori di Trump con entusiasmo, molti avvocati e funzionari elettorali guardano alla mossa con scetticismo. Il funzionario del dipartimento di giustizia che sovrintende alle indagini sulle frodi agli elettori, Richard Pilger, si è dimesso poche ore dopo in aperta polemica con Barr: "Una nuova importante decisione che abroga la quarantennale politica di non interferenza nelle indagini sulle frodi elettorali nel periodo antecedente alle certificazione dei risultati elettorali". Barr stesso, spesso criticato per aver politicizzato il Dipartimento di Giustizia, nella lettera in cui dà via libera ai procuratori di perseguire sostanziali irregolarità nel voto e nel conteggio prima che i risultati elettorali siano certificati nelle loro giurisdizioni, ammette che una simile interferenza nel bel mezzo delle elezioni è stata tradizionalmente disapprovata, visto che su eventuali brogli bisognerebbe indagare a certificazioni concluse. Ma Barr, fedelissimo di Trump che lo ha nominato nel 2019, respinge un simile approccio che trova passivo e tardivo. Barr è stato al centro di casi controversi che hanno messo in discussione la neutralità del suo dipartimento, nel tentativo di sostenere Trump nella sua delirante campagna per screditare le elezioni. In particolare - come ricorda il Guardian - ha mentito in televisione su un'incriminazione per un reato elettorale in Texas, che il suo dipartimento in seguito ha ammesso non essere mai stata intentata.

I più importanti rappresentanti repubblicani, incluso il leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, difendono il diritto di Trump di contestare il risultato delle elezioni. McConnell durante un intervento al Senato ha detto che Trump "ha diritto al 100% di esaminare le accuse di irregolarità e valutare le sue opzioni legali". Ma scrive l'analista ed editorialista del Washington Post, Eugene Robinson: "Non bisogna prestare ascolto ai repubblicani che mentono, come il senatore Mitch McConnell, che afferma che il presidente Trump 'ha tutto il diritto di esaminare le accuse' nel tentativo di ribaltare le elezioni. Questo non ha senso. Trump non ha il 'diritto' di intentare azioni legali vuote in malafede e di chiedere riconteggi che non hanno alcuna possibilità di cambiare il risultato. Non ha il 'diritto' di avanzare accuse assurde di frode senza presentare uno straccio di prove credibili".

Negli stessi giorni Trump, via tweet, ha licenziato il Segretario della Difesa, Mark Esper, aggravando i timori che la transizione presidenziale non sarebbe stata facile. Esper, che ha contraddetto Trump in diverse occasioni, è stato sostituito da Christopher C. Miller, direttore del National Counterterrorism Center. Esper si era rifiutato di dispiegare l'esercito contro le manifestazioni del movimento Black Lives Matter, l'estate scorsa. Subito dopo si è dimesso James Anderson, il più alto funzionario delle politiche di difesa del Pentagono.

Dopo aver licenziato Esper, Trump ha sostituito altri alti funzionari (alcuni si sono dimessi) con suoi fedelissimi in posizioni chiave. Tra questi, il controverso generale Anthony J. Tata, la cui nomina a sottosegretario alla difesa era stata ritirata questa estate per una opposizione bipartisan. Tata è noto per numerose frasi islamofobe, per aver promosso teorie cospirazioniste e per aver definito l’ex presidente Barack Obama un “leader terrorista”. Decisioni che fanno crescere l'allarme, si legge sulla CNN, sul comportamento dell'amministrazione Trump sempre più simile a una dittatura che a una democrazia.

Il Segretario di Stato, Mike Pompeo, che si è posizionato al fianco di Trump nell'attacco all'integrità delle elezioni, durante un incontro con la stampa ha detto che ci sarebbe stata una "transizione graduale verso una seconda amministrazione Trump". Il Dipartimento di Stato, inoltre, non sta comunicando con il team di Biden e a tutte le agenzie governative è stato detto di procedere come se Trump fosse stato rieletto.

Tutti tentativi, secondo alcuni osservatori, volti a ritardare le certificazioni dei voti. Entro l'8 dicembre i contenziosi legali e i riconteggi dovranno terminare. Se non si riuscirà a rientrare in questa data, Trump e i suoi potrebbero tentare la carta disperata di far nominare alle assemblee legislative statali, negli Stati dove i repubblicani sono al potere, grandi elettori repubblicani e non democratici per l'elezione del presidente (i 538 grandi elettori infatti si incontreranno nella capitale per dichiarare i risultati del voto nei 50 stati, eleggendo così il presidente), sentendosi liberi di non rispettare il voto popolare (che ricordiamo ha vinto Biden con 5 milioni di voti in più rispetto a Trump, conferendogli 306 grandi elettori) per la mancata certificazione dei voti. Ma questo è davvero uno scenario altamente improbabile.

Intanto la transizione verso l'amministrazione Biden è ostacolata burocraticamente dall'amministratrice del General Services Administration, Emily Murphy, nominata da Trump nel 2017. Lei dovrebbe riconoscere formalmente Biden come presidente e dare il via al passaggio di consegne, permettendo al team del presidente di accedere ai 6,3 milioni di dollari di fondi federali che servono per gestire questa fase fino all'insediamento del 20 gennaio. Ma Murphy si rifiuta di dare l'ok, sostenendo che ci sarebbe la possibilità di fare ricorsi sul risultato elettorale in alcuni Stati come Georgia e Pennsylvania e quindi per ora non riconosce la vittoria di Biden.

Queste mosse senza precedenti, scrive il Washington Post, rischiano di erodere ulteriormente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e hanno conseguenze potenzialmente pericolose. Durante il periodo di transizione, la nazione è nel suo stato più vulnerabile, secondo esperti di governance e amministrazione pubblica, che temono che l'amministrazione Trump stia minacciando la sicurezza nazionale negando a Biden l'accesso a risorse, intelligence e altre informazioni necessarie per portare avanti la transizione alla sua amministrazione.

"Viviamo in un mondo incredibilmente pericoloso che si muove molto velocemente, quindi avere un presidente veramente pronto a partire il primo giorno del suo insediamento è fondamentale per la nostra sicurezza", ha detto al Washington Post Max Stier, presidente della Partnership for Public Service. Ruth Ben-Ghiat, storica dei regimi autoritari e autrice del libro "Strongmen: Mussolini to the Present" ha così commentato: "L'obiettivo di non consentire a Biden di avviare la transizione è sabotare il più possibile la sua presidenza, e questo è tipico dei leader autoritari e dell'idea che se devono andarsene trascineranno l'intero edificio con loro".

Durante la sua presidenza, Trump ha cercato di condizionare gran parte dell'opinione pubblica americana a non credere a nessuno tranne che a lui, con evidente successo. Sebbene le prove dimostrino che non c'era una cospirazione diffusa per rubare le elezioni in più Stati, così come da lui sostenuto, almeno un sondaggio – come riporta il New York Times – ha mostrato che molti sostenitori credono alle sue affermazioni. Il 70% dei repubblicani intervistati da Politico e Morning Consult ha dichiarato di non credere che le elezioni siano state libere ed eque.

"Quello che abbiamo visto nell'ultima settimana dal presidente assomiglia più alle tattiche tipiche di leader autoritari", ha detto Michael J. Abramowitz, presidente di Freedom House, un'organizzazione senza scopo di lucro che monitora la democrazia nel mondo. "Non avrei mai immaginato di vedere qualcosa di simile in America".

Trump dunque non è solo in questa guerra contro la democrazia. Al suo fianco c'è il partito repubblicano, che ha deciso di agire in modo irresponsabile, è questa la critica senza mezzi termini di Paul Waldman sul Washington Post, e farà tutto ciò che è in suo potere per avvelenare la politica americana negli anni a venire. I repubblicani stanno diffondendo false affermazioni sul voto e sul risultato elettorale, con l'obiettivo di convincere la propria base elettorale che il legittimo vincitore delle elezioni è Trump. Sanno che la maggior parte degli americani non è persuasa dalle bugie e dalle teorie del complotto che stanno circolando, né lo sono i tribunali che uno dopo l'altro stanno respingendo le loro assurde cause legali. L'obiettivo sono gli elettori repubblicani e lo scopo è accendere un fuoco di rabbia che sperano possa bruciare per tutto il tempo della presidenza Biden. Al netto di poche eccezioni, tutto il partito repubblicano e l'ecosistema mediatico conservatore ha deciso di partecipare a questo inganno. "Per i media conservatori, creare e alimentare la rabbia è un modello di business che risale a decenni fa. Per i repubblicani al Congresso, la menzogna delle elezioni rubate servirà a giustificare i loro misfatti. Perché se Biden è un usurpatore illegittimo, allora qualsiasi metodo è giustificato per opporsi e ostacolarlo, non importa quanto moralmente ripugnante o dannoso per il paese. E questo non viene da una frangia minore estremista, o da poche voci sopra le righe, o solo da un presidente corrotto uscente. È il progetto dell'intero partito repubblicano e del movimento conservatore. Ed è a dir poco un attacco alla democrazia stessa".

Ricapitolando: a più di 10 giorni dall'election day, il presidente uscente si rifiuta di riconoscere la vittoria del suo avversario, avvia una campagna di disinformazione sul risultato elettorale, intenta cause legali in sei Stati per sovvertire il voto, piazza suoi fedelissimi in posizioni chiave nel Dipartimento della Difesa e in altri ruoli legati alla sicurezza del governo, licenzia il Segretario della Difesa, sostituisce i capi dell'intelligence all'interno del Pentagono e secondo alcune fonti si appresterebbe a licenziare il direttore dell'FBI e quella della CIA. Il procuratore generale dà il via libera a indagini sul voto senza aspettare la certificazione del voto, la direttrice dell'agenzia che gestisce i fondi per la transizione presidenziale si rifiuta di riconoscere la vittoria di Biden bloccando di fatto la transizione stessa, l'ufficio che si occupa del bilancio ha ordinato ai dipendenti di preparare la proposta di bilancio dell'amministrazione Trump per il 2021.

Il Segretario di Stato dice che la transizione ci sarà ma verso una nuova amministrazione Trump, il partito repubblicano alimenta e fomenta caos e teorie del complotto e diversi leader invitano Trump a non concedere la vittoria a Biden (secondo alcuni osservatori il partito ha scelto questa linea anche perché ha bisogno dell'appoggio di Trump per vincere i ballottaggi che decideranno la maggioranza al Senato previsti a gennaio in Georgia). I sostenitori di Trump si rifiutano di accettare a loro volta il risultato delle elezioni e organizzano una manifestazione di protesta a Washington, la "Million Maga March" al grido "Stop the Steal" (in questi giorni è emerso essere una massiccia campagna di disinformazione orchestrata a partire dal 2016 da noti alleati di Trump tra cui Roger Stone e Steve Bannon), "Trump 2020: No more bullshit", "Trump 2020: Pro life, pro God, pro gun", "Four more years". L'ex presidente repubblicano della Camera, alleato di Trump, Newt Gingrich, su Fox News ha spinto la teoria complotto secondo cui il miliardario ebreo George Soros ha contribuito a finanziare e rubare le elezioni presidenziali del 2020 per Joe Biden. Se fosse successo in un altro paese si sa come avremmo definito tutto questo.


Timothy Snyder, professore di storia all'Università di Yale, specializzato in autoritarismi, su Twitter ha scritto chiaramente che "quello che Donald Trump sta tentando di fare ha un nome: colpo di Stato. Per quanto possa sembrare mal organizzato, non è destinato a fallire. Bisogna farlo fallire".

"Sappiamo bene dove ha portato nella storia, scrive Snyder sul Boston Globe, cercare di rimanere al potere, sostenendo di essere vittima di nemici interni" e non bisogna sottovalutarlo. "La democrazia può essere sepolta sotto una grande bugia. Naturalmente, la fine della democrazia in America assumerebbe una forma propriamente americana", scrive Snyder. Trump è perfettamente consapevole della strategia portata avanti dai repubblicani per decenni per vincere le elezioni, "più ti preoccupi [di vincere] sopprimendo voti, meno ti interessa cosa vogliono gli elettori, più ti avvicini all'autoritarismo. Trump ha compiuto il passo logico successivo: cercare di privare gli elettori del voto non solo prima ma dopo le elezioni".


La questione non è se Trump lascerà la Casa Bianca, ma i danni che farà alla democrazia e alla fiducia nelle istituzioni prima di andarsene.

"Il fatto che questo colpo di Stato probabilmente non funzionerà - che venga eseguito in modo farsesco, disorganizzato, inefficace - non significa – scrive Ezra Klein su Vox – che non stia accadendo o che non avrà conseguenze".

Non bisogna perdere di vista che Trump è stato votato da oltre 70 milioni di persone, 10 milioni in più rispetto alle elezioni del 2016. L'America che si riconosce in lui, che vede in lui il portavoce delle sue istanze, è lì per rimanere. Biden non è l'unico vincitore di queste elezioni, anche il trumpismo ha vinto. Anche se parlare di trumpismo può essere però fuorviante, quell'elettorato non è stato forgiato da Trump, ma intercettato, interpretato e alimentato da Trump. Dopo quattro anni di incompetenza, bugie sull'epidemia, dichiarazioni antiscientifiche, razzismo, sessismo, xenofobia, istigazione all'odio, supporto ai suprematisti bianchi, ai cospirazionisti e agli squadristi di estrema destra, attacchi alle agenzie di intelligence, ai media, alle istituzioni democratiche, dopo lo scandalo sulle tasse, non solo 10 milioni in più di americani hanno deciso di votarlo, ma il partito repubblicano ha deciso che il trumpismo funziona e lo ha abbracciato senza riserve.

I danni della reazione di Trump alla sconfitta elettorale potrebbero durare a lungo, il suo rifiuto di concedere la vittoria, secondo Ivan Krastev, esperto di Europa centrale e orientale presso l'Istituto per le scienze umane di Vienna, potrebbe costituire un modello per i populisti come lui in Europa e altrove.

Cosa succederà, si chiede Klein, quando il prossimo aspirante autocrate proverà questa strategia, messa in moto da Trump e dal partito repubblicano, ma in modo più strategico, più capace di questo?
Amicus Plato,
sed magis amica veritas.

gaston
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3007 Messaggio da gaston »

bellissimo il motto "Trump 2020 : pro life pro God pro gun sembra scritto da un cabarettista, io comunque rimango ottimista , quando trump avra' un salvacondotto per i suoi guai finanziari e giudiziari allora in 5 minuti gettera' la spugna e riconoscera' la sconfitta

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dostum
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3008 Messaggio da dostum »

Cosa ci porta una presidenza Biden/Harris? NATO first, Make NATO great again

di Luigi Ambrosi

Joe Biden e Kamala Harris si sono presentati insieme per la prima volta davanti alle telecamerePremesso che la partita elettorale negli USA non si è ancora conclusa considerate le denunce in corso per frodi elettorali, la nomina di Biden alla Presidenza è per ora solo una forzatura dell'apparato mediatico globalista, la reale e legale nomination avverrà non prima del 6 gennaio allo stato attuale delle cose; Biden per ora è solo un Presidente mediatico, anche se sta accelerando la formazione della nuova governance per cercare di imporre la sua presidenza come fatto compiuto.

Biden Presidente è "altamente probabile" ma non ancora certo.

Se poi i Repubblicani conservassero il controllo del Senato (5 gennaio), la eventuale presidenza Biden sarà quella di una anatra zoppa; altrimenti se i Democratici riuscissero a conquistare anche il Senato, le forze globaliste avrebbero strada libera, ma dovrebbero pur sempre fare i conti con gli USA profondamente divisi. Di altamente certo è che la società americana è e resterà a lungo profondamente divisa, quindi più debole nella sua governance locale e mondiale, per la felicità dei popoli del mondo; per questo la prima insistenza di Biden è di presentarsi vanamente conciliante come il Presidente di tutti.

Occorre riconoscere la potenza di fuoco raggiunta dalle forze globaliste mondiali, intendendo le grandi multinazionali occidentali (e le loro Agenzie di controllo e di propaganda) che sono riuscite a condizionare e ribaltare gli esiti elettorali nella sede della principale potenza mondiale.

Google, Facebook, Twitter, la quasi totalità dei canali televisivi e delle testate giornalistiche hanno censurato Trump e sostenuto Biden, comprese clamorosamente le sue denunce di frode. Gli USA devono essere il Bullo da manovrare sul pianeta ovunque necessario.

E la censura più arrogante e totale diventa il nuovo paradigma dell'informazione in Occidente.

Anche nel 2016 la potenza di fuoco fu notevole (pensiamo ai 202 quotidiani Usa su 205 schierati con la Clinton) ma il voto di protesta a Trump nato dalle macerie della globalizzazione si affermò a sorpresa. Sorpresa che è stata affrontata con l'ostruzionismo più esteso:quattro anni di presidenza semi-paralizzata da tre anni di Russiagate, poi dal tentativo di impeachment e dai continui ricatti dei neo-conservatori presenti nel Partito Repubblicano (ed in sintonia coi clintoniani Democratici); esemplari i funerali del neo-con Mc Cain che nel testamento vietò la partecipazione di Trump ma non di Obama a fianco dei Bush, o la recente dichiarazione di Colin Power ed altri 130 alti funzionari Repubblicani a sostegno del voto a Biden (tra cui il famigerato Negroponte).

Si pensi a tutta la propaganda basata sulle identità, in particolare di etnia o di genere, rivolta contro Trump nonostante che il maggior numero di afroamericani uccisi dalla Polizia sia avvenuto sotto la Presidenza di Obama, anno 2016 (uccisi 275), e nonostante che il maggior scandalo di genere (Epstein) abbia riguardato un personaggio vicino ai Democratici (oltre al fatto che la condizione materiale anche femminile sia stata resa più debole e precaria proprio dalle politiche di globalizzazione sostenute particolarmente dai Democratici).

Una Presidenza, quella di Trump, che ha diviso l'alleanza della Nato e che non ha promosso alcuna guerra militare, a differenza della Presidenza Obama che, oltre a continuare la guerra in Afghanistan, ha promosso la distruzione della Libia, la semi-distruzione della Siria, il golpe in Ucraina , il tentato golpe contro Chavez in Venezuela (+ sanzioni), l'avvio della guerra in Yemen, il grande exploit dell'Isis in Irak, le numerose altre destabilizzazioni in centro.sud america (Honduras ecc.), il tentativo di accerchiamento della Cina e una politica fortemente ostile alla Russia.

Non è un caso che nei recenti dibattiti televisivi per le elezioni presidenziali siano state vietate le domande sulla politica estera. Trump è stato un cane che ha abbaiato molto ma morso ben poco (vedi Corea del Nord), a differenza dell'Amministrazione precedente con 7 guerre a carico.

Cosa ci può portare l' eventuale presidenza Biden?

Lo ha detto lui stesso in una conferenza stampa poche settimane prima del voto: "La prima cosa che farò sarà chiamare i leader europei e dire loro: gli Stati Uniti sono tornati tra voi!", ovvero l'alleanza politica e militare dell'Occidente si ricompone, finalmente si può riportare legge e ordine nel mondo, il Bullo è a disposizione per disintegrare le Sovranità nazionali che non lasciano spazio libero alle Multinazionali e per sostenere il neocolonialismo inglese e francese e le velleità espansionistiche tedesche verso l'est europa.



Da "America First" si ripassa a " NATO First", "Make NATO Great Again"

Ma credo che ormai sia troppo tardi: Russia e Cina insieme sono complessivamente piu forti degli Usa sia economicamente sia militarmente; se nel 2012 davanti all'attacco Nato alla Libia entrambe si ritirarono per una valutazione delle forze in campo e per prendere tempo, ora il tempo l'hanno preso.

Non dimentichiamo che Biden sostenne la decisione del presidente repubblicano Bush nel 2001 di attaccare e invadere l'Afghanistan, e nel 2002 promosse una risoluzione bipartisan di 77 senatori che autorizzavano il presidente Bush ad attaccare e invadere l'Iraq.

Non dimentichiamoci che la Clinton, nei dibattiti televisivi per la sua elezione, sostenne due punti di politica estera: portare gli stivali delle truppe americane in Siria in contrapposizione ai russi, e il diritto degli USA all'attacco nucleare preventivo. E sappiamo che la Clinton è la piu potente figura nel partito democratico, ben rappresentata oggi dalla sua alter ego e vice-presidente Kamala Harris, spietata ed ambiziosa quanto lei, sostenitrice di "Legge ed ordine" e pronta a sostituire Biden.

I principali candidati allo staff presidenziale sono tutti stati forti sostenitori della guerra alla Libia e alla Siria: Susan Rice come Segretaria di Stato, Michelle Flournoy alla Difesa e al Pentagono (disse: la guerra in futuro potrebbe avere molti gusti diversi), Michael Morell alla CIA, Blinken Consigliere alla Sicurezza Nazionale e la Clinton Ambasciatrice all' ONU.

RUSSIA RUSSIA RUSSIA. In politica estera possiamo prevedere una politica di scontro anche frontale con il principale avversario militare, la Russia: strategicamente piegare o rovesciare la Russia vuol dire completare l'accerchiamento della Cina.

In Europa orientale possiamo prevedere un nuovo tentativo dell'Ucraina di occupare il Donbass supportato da nuove armi "letali" fornite dagli USA, e il tentativo di rovesciamento del governo Bielorusso attraverso nuovi "interventi umanitari contro i dittatori" delle forze Nato;

Caucaso e Repubbliche centro-asiatiche continueranno ad essere nel mirino di "rivoluzioni colorate", nonostante la recente debacle in Armenia.

Sul fronte mediorientale si può prevedere la ricerca dello scontro con la Russia in Siria attraverso una maggiore e più attiva presenza militare Usa, una nuova rinascita dell'Isis nella mezzaluna e un orientamento maggiore dei curdi contro il governo di Damasco.

Il centro- sud america sarà sempre considerato dagli USA il proprio giardino di casa, anche se non sarà così semplice, dopo i cambiamenti in Bolivia, Argentina, Messico, la resistenza prolungata di Venezuela, Cuba e Nicaragua, e senza dimenticare la crescente presenza economica della Cina e la disponibilità all' aiuto militare della Russia.

CINA CINA CINA La Cina riassisterà alle politiche del Pivot in Asia sud orientale, ovvero l' accerchiamento economico e militare precedentemente promosse dall' Amministrazione Obama: una forte alleanza politico-militare anti-cinese di Australia, Giappone, Nuova Zelanda e India e un piu forte sostegno alle rivolte colorate ad Honk Kong, in Thailandia e ovunque si dispieghi la Nuova Via della Seta. La strategia Usa sarà diretta al sabotaggio della costruzione della Nuova Via della Seta sia nei mari sia in terraferma, ricorrendo nuovamente ai mercenari jadhisti, a rivoluzioni colorate, e in extremis all'intervento della Nato o degli stessi Usa. I Rohinga in Birmania, gli Uiguri e i Tibetani in Cina, il Belucistan pakistano potranno tornare alla ribalta. Ma anche qui l'impressione è che sia troppo tardi. La strategia cinese continuerà ad essere quella di offrire accordi economici reciprocamente vantaggiosi, finanziamenti ai progetti di costruzione delle infrastrutture, con sempre minor timore degli USA: ciò creerà notevoli divisioni di schieramento ovunque, Africa ed Europa comprese. Gli Stati Africani che più partecipano alla Via della Seta, come l'Etiopia, saranno nel mirino

Meno chiara per ora appare la futura relazione Usa/Nato con Iran , Turchia, Israele : per esempio sarà interessante vedere se la resistenza irakena riprenderà lo scontro per cacciare le truppe americane.

In un quadro di rafforzamento del ruolo della Nato nel mondo, la riproposizione del dominio occidentale sul pianeta dovrà comunque fare i conti con una società americana profondamente divisa, e queste sono le preoccupazioni recentemente espresse dalla Merkel e dagli alleati europei.

Oltre ad una politica estera fortemente ostile verso Russia e Cina, l'Amministrazione Biden cavalcherà i cavalli dell' epidemia di Covid e del cambiamento climatico.

L'epidemia covid ha da tempo acquisito una dimensione più politica ed economica che sanitaria: la dimensione politica è finalizzata al controllo più vasto e profondo delle popolazioni prima che la crisi economica precipiti, ed il salto in avanti nella digitalizzazione delle relazioni ne è un aspetto. Biden intende prolungare e rafforzare questa tendenza al controllo delle popolazioni e possiamo prevedere tentativi di imporre nel 2021 estesi lockdown negli Usa, con grande soddisfazione delle Multinazionali Hitech, Farmaceutiche ed Amazon. Scontato il rientro degli USA nell' OMS, il comitato d'affari delle multinazionali Farmaceutiche.

Con la motivazione del cambiamento climatico, (nonostante occorra ancora dimostrare scientificamente l'incidenza del fattore umano), Biden cercherà di rilanciare la green economy, ovvero l'uso di denaro pubblico per la ristrutturazione per crisi di sovraproduzione dell' industria automobilistica in particolare. Su questo potrà ottenere un largo consenso dai leader UE: green economy (a debito) vs la Nuova Via della Seta. (Da ricordare che per tutti gli anni '70 gli scienziati sostenevano l'arrivo di una nuova era di glaciazione, ora è finanziato solo chi sostiene il contrario).

E la sinistra occidentale con Biden? Negli Usa, finito il suo uso elettorale, verrà drasticamente emarginata e liquidata: Sanders, la Warren, la Ocasio non servono più. In occidente quella sinistra che da alcuni decenni ha abbracciato le politiche globaliste e neo-liberiste, guerre incluse, è destinata ad affondare con l'acuirsi della crisi materiale della globalizzazione.

Sarà drammaticamente interessante vedere fino a che punto ancora vi sarà l'adesione di questa sinistra alle nuove guerre "umanitarie" che questa nuova Amministrazione proporrà: quali "dittatori" e quali "criminali che gasano le popolazioni" saranno di turno da abbattere.



Biden e la crisi economica

Le ragioni della crisi economica del capitalismo occidentale permangono e sono destinate ad aggravarsi; il tentativo di Trump di re-industrializzare gli USA attraverso i dazi sembra sia fallito, il capitale continua a concentrarsi sempre più nelle mani di pochi. Le grandi multinazionali che hanno supportato Biden potranno continuare a ricercare il massimo profitto e per questo necessitano di avere mano libera in ogni Stato, senza interferenze delle governance locali (per questo Stati sovrani come Cina, Russia, Iran, Siria, Venezuela... sono i loro nemici), necessitano di continuare a delocalizzare e di avere mano d'opera abbondante, precaria, ricattabile, sottopagata, di non aver più obblighi fiscali e sociali, ma comunque di ricevere finanziamento pubblico (a debito delle popolazioni).

Le ragioni del passato voto di protesta a Trump e ai "populisti" permarranno e si accentueranno, e per questo la società Usa è destinata irrimedialmente a scontrarsi internamente; vale anche per l'Europa.

E' per questo che sta avvenendo l'accelerazione del controllo delle popolazioni. E' per questo che vengono e saranno incentivate e accentuate le massime divisioni (e distrazioni) culturali e quindi politiche delle popolazioni sul tema dell'identità: di etnia (es. Black live matters), di genere (es. Me too /LGBT), di generazione (es. Greta...) , e ora anche "sanitarie" (mascherine, non mascherine). Politiche di Identità contro politiche di classe. Identità che cercano di prevalere e sovrapporsi al peggioramento delle condizioni di vita. Ma poichè alla fine è la condizione materiale e la lotta di classe a prevalere, concludo con la domanda : chi guiderà e rappresenterà le nuove ondate di protesta? Ancora un altro Trump o populisti vari?

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GeishaBalls
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3009 Messaggio da GeishaBalls »

Dopo poche righe mi appare la dicitura “apparato mediatico globalista” che forza per assegnare le elezioni a Biden. Almeno chi scrive ha capito che la terra è un globo. Per il resto mi sembra confuso

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dostum
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3010 Messaggio da dostum »

Sulla "sinistra per Biden"

di Antonio Di Siena

Vorrei essere più diplomatico ma la sinistra per Biden è il più fulgido esempio di come questa parte politica (o sedicente tale) abbia definitivamente smarrito qualunque capacità di lettura critica della realtà. E sia tristemente ridotta ad un infantilismo capace di ragionare esclusivamente su un piano manicheo, improntato alla dicotomia bene/male, buono/cattivo. Un livello di elaborazione da bambini di terza elementare.

Quello che infatti i nostri amici democratici proprio non riescono a capire è che le categorie del politico sono definite esclusivamente dai contenuti. E non dai contenitori.

Partiamo da un presupposto difficilmente contestabile: l’amministrazione Trump ha portato la politica estera americana su posizioni isolazioniste che non si vedevano da prima della guerra fredda.

Facendo tornare il GOP politicamente indietro di quasi un secolo, a quando cioè era di “sinistra”. Al contrario di quello democratico che era notoriamente schiavista, liberista e, quindi, di destra (ma questa è un’altra storia e non voglio destabilizzarvi troppo).

Una scelta in netta discontinuità col recente passato che ha prodotto due risultati:

- ha spinto sempre più liberali democratici a considerare un pericolo nazionale la ritirata geopolitica portata avanti da Trump;

- ha allontanato gran parte della corrente ‘neocon’ dal partito repubblicano (da pezzi consistenti delle amministrazioni Bush, Colin Powell in testa, a uomini molto vicini a John McCain e Mitt Romney, passando per governatori e lobbisti).

Due anime teoricamente contrapposte che si sono ritrovate alleate nella ferma opposizione alla nascente “dottrina Trump” e nel tentativo di influenzarne la direzione. Talvolta anche riuscendoci (si pensi al mancato ritiro delle truppe dall'Afghanistan alla forte opposizione al piano di riduzione dei contingenti in Germania).

Un riavvicinamento che, in poco tempo, si è inevitabilmente tradotto nel tentativo di organizzarsi intorno ad una alternativa. Facendo così emergere una nuova coalizione orientata al ritorno di una politica estera fortemente interventista e belligerante, che ha finito per saldarsi attorno alla candidatura di Joe Biden. E creando un nuovo, influentissimo, centro di potere destinato ad acquisire sempre più consenso e in grado di determinare in massima parte le scelte di politica estera della nuova amministrazione.

Uno scenario che non deve affatto sorprendere, almeno quanti conoscono - seppure sommariamente - la politica statunitense. Perché la corrente neo-conservatrice non è mai rimasta circoscritta al partito repubblicano. Anzi.

Nati negli ambienti liberal e della sinistra americana (per certi versi anche trotzkista) i “neocon” sono diffusi anche fra i democratici americani. E fra essi godono di un certo consenso e influenza.

Il neo-conservatorismo, quindi, è un'ideologia assolutamente trasversale alla politica USA, che - ormai da decenni - promuove e fornisce appoggio ideologico alle campagne militari unilaterali di “esportazione della democrazia”.

Una prassi che, nonostante molti giovani attribuiscano erroneamente a G. W. Bush, è tornata in auge con Bill Clinton. Proseguendo indisturbata fino ad Obama.

Un imperialismo guerrafondaio e destabilizzante destinato a riprendere come se niente fosse sotto Biden. Trovando nuova linfa e vigore nella saldatura fra le ragioni di quei repubblicani che puntano a far tornare il paese protagonista belligerante per ragioni di sicurezza nazionale, e la retorica dei diritti civili oramai unico tratto distintivo dei democratici. I famosi diritti universali da estendere al mondo intero per combattere dispotismo e barbarie, vero paravento ideologico per le peggiori porcate belliche degli ultimi decenni necessarie a creare porzioni di mercato globale sempre più consistenti.

Perché al di là della critica assolutamente minoritaria al neoliberismo economico promossa dall’ala sinistra del partito democratico (Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Tulsi Gabbard), in tema di affari esteri i centri di potere che sostengono Biden hanno più volte manifestato la piena adesione alla storica agenda di Washington.

Che viene solamente declinata in maniera più “gentile” e – almeno apparentemente – mossa da motivazioni più nobili e meno “materiali” rispetto ai cercatori di petrolio repubblicani.

Una sorta di imperialismo liberale che non ha nulla di progressista e risulta assolutamente incompatibile sia con la necessaria cooperazione politica con la Russia di Putin, che con quei pezzi del mondo arabo in grado di porre un argine concreto al dilagante islamismo. E risulta potenzialmente molto più destabilizzante di qualunque scenario guidato da un partito repubblicano trumpista fortemente orientato ad un conservatorismo nazionale protezionista e quindi parzialmente anti-liberoscambista.

Per questo trovo assolutamente ridicole le manifestazioni di giubilo per la vittoria di Biden. Ma vallo a spiegare ai plaudenti democratici che, nei fatti, stanno più a destra di Trump.

Quella delle etichette politiche è una vecchia truffa troppo dura a morire. Per fortuna chi doveva capire ha capito

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Re: [O.T.] Donald Trump

#3011 Messaggio da Drogato_ di_porno »

Supreme Court rejects Trump campaign claim that Republicans lacked access to Philly vote count

https://www.inquirer.com/news/trump-pen ... 01117.html
sono un analfabeta funzionante

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dostum
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3012 Messaggio da dostum »

Berlusconi dilettante si contentava di 1 milione di posti lavorativi ..................................................................


Dieci milioni di nuovi posti di lavoro, un fisco più equo, lotta alle diseguaglianze economiche, eliminando il più possibile le discriminazioni di genere e razziali. Joe Biden tira dritto per la sua strada e, nonostante Donald Trump continui a non concedergli la vittoria ostacolando la transizione da un’amministrazione all’altra, presenta la sua Bidenomics. Un piano di lungo termine per il rilancio dell’economia americana devastata da un’emergenza sanitaria senza precedenti. Una strategia che punta a spazzare via ogni traccia del trumpismo e a forgiare una nuova idea di sviluppo fondata anche su un principio di giustizia sociale.
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3013 Messaggio da SoTTO di nove »

Passate le elezioni si può pure dargli ragione su qualcosa.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/1 ... o/6008839/
Dòni, sa tirìa e cul indrìa, la capela la'n va avantei / Donne, se tirate il culo indietro, la cappella non va avanti. BITLIS
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Re: [O.T.] Donald Trump

#3014 Messaggio da Johnny Ryall »

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Re: [O.T.] Donald Trump

#3015 Messaggio da dboon »

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