Il grande poeta peruviano, fra i maggiori poeti ispano-americani di tutti i tempi.
Accanto a Neruda, Cèsar Vallejo rappresenta una delle voci più significative della poesia ispano-americana, nonostante la sua opera non sia molto conosciuta oltreoceano. àˆ considerato il maggiore poeta peruviano di sempre.
Nacque a Santiago de Chuco (Perù), il 16 marzo 1892, figlio di Francisco de Paula Vallejo y Maràa de los Santos Mendoza. Fin da bambino conobbe la miseria, ma anche il calore del focolare, lontano dal quale si sentiva irrimedibilmente orfano. Studió all’Università di Trujillo, città dove ricevette gli stimoli della boheme locale, formata da giornalisti, scrittori e dissidenti politici. Lì pubblicó le sue prime poesie, prima di giungere a Lima, alla fine del 1917. Nella capitale appare il suo primo libro “Gli araldi neri” (1918), uno dei più rappresentativi esempi del post-modernismo, sulle orme di Leopoldo Lugones y Julio Herrera y Reissig.
Nel 1920 torna in visita nel suo paese natale, nel quale si vede coinvolto in dei tumulti, che lo porteranno in carcere per circa tre mesi ; quest’esperienza avrà un’importanza cruciale nella sua vita e nella sua opera, e si riflette direttamente in molti poemi del suo secondo libro, « Trilce » (1922). Quest’opera è considerata un momento fondamentale nel rinnovamento del linguaggio poetico ispano-americano, poichè in essa vediamo Vallejo allontanarsi dai modelli tradizionali che aveva seguito fino ad allora, incorporando alcune novità dell’avanguardia e realizzando una angosciosa e sconcertante immersione in abissi della condizione umana che mai prima di allora erano stati esplorati.
L’anno seguente parte per Parigi, dove rimarrà (a parte alcuni viaggi in Unione Sovietica, Spagna e altri paesi europei), fino alla fine dei suoi giorni. Gli anni parigini furono anni di estrema povertà e intensa sofferenza fisica e morale. Con amici come Huidobro, Gerardo Diego, Juan Larrea y Juan Gris, partecipa ad attività dell’avanguardia,ma presto giunge a rinnegare il suo stesso “Trilce” e fino al 1927 appare fermamente impegnato con il marxismo e il suo attivismo intelletuale e politico.
Scrive articoli per giornali e riviste, piece teatrali, racconti e saggi di ispirazione propagandistica, come ”La Russia nel 1931. Riflessioni ai piedi del Cremlino” (1931). Iscritto al Partito Comunista di Spagna e nominato inviato, segue da vicino le azioni della Guerra Civile e scrive il suo poema più politico “Espaà±a, aparta de mà este cà¡liz”, che appare nel 1939, stampato da soldati dell’esercito repubblicano.
Scrive anche il romanzo proletario “Tungsten”o (1931) e i racconti di “Favola selvaggia” (Fabla salvaje, 1925).
Tutta l’opera poetica scritta a Parigi e che Vallejo pubblicó parzialmente in alcune riviste, apparve postuma con il titolo “Poemi umani” (1939). In questo lavoro è evidente il suo sforzo per superare il nichilismo e il vuoto di Trilce e per incorporare elementi storici nella realtà concreta, manifestando così una fede appassionata nella lotta degli uomini per la giustizia e la solidarietà sociale.
Muore a Parigi, nel 1938, in un giorno di pioggia, come aveva profetizzato in “Pietra bianca su una pietra nera”, una delle sue poesie più famose.
Vagai senza sorprese per la venata via
che ben so. Nessuna novità ,
davvero. E mi ancorai a cose così
e fui trascorso.
Svoltai la via che rare
volte si percorre con fortuna, uscita
eroica per la ferita di quella
cantonata viva, niente a metà .
Gli araldi neri
Ci sono colpi nella vita, così forti... Io non so!
Colpi come dell'odio di Dio, quasi dinanzi a loro
la risacca di quanto si è sofferto
facesse pozza nell'anima... Io non so!
Sono pochi, ma sono... Aprono solchi oscuri
sul volto più gagliardo, sulla schiena più forte.
Sono forse i corsieri di Attila barbarici
o i neri messaggeri che ci manda la Morte.
Son dei Cristi dell'anima le cadute profonde,
di una fede adorabile che il Destino bestemmia.
Quei colpi sanguinosi sono lo scoppiettio
di un pane che ci brucia sulla bocca del forno.
E l'uomo... Povero... povero! Gira i suoi occhi, come
quando sopra la spalla una mano ci chiama;
gira i suoi occhi folli e tutta la sua vita
fa pozza, come un fango di colpa, nello sguardo.
Ci sono colpi nella vita, così forti... Io non so!
In quell'angolo, ove dormimmo insieme
In quell'angolo, ove dormimmo insieme
tante notti, ora mi son seduto
a camminare. Il letto degli sposi defunti
è stato tolto, o che sarà successo.
Ti dedicasti presto ad altre cose,
non sei più qui. àˆ l'angolo
dove lessi una sera, accanto a te,
fra i tuoi teneri punti,
un racconto di Daudet. àˆ l'angolo
amato. Non confonderlo.
Mi sono messo a ricordare i giorni
d'estate morti, il tuo entrare ed uscire
misera stanca e pallida per le stanze.
In questa notte piovosa,
lungi ormai da ambedue, salto di colpo...
Son due porte che s'aprono e si chiudono,
due porte che al vento vanno e vengono
ombra a ombra.